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Esclusiva: intervista a Stefano Meloccaro, giornalista di Sky Sport

– Essendo del ’64, ti sei avvicinato al tennis guardando all’opera diverse generazioni di campioni. Se ti parlassi delle tre rivalità storiche tra Borg e McEnroe, Sampras e Agassi, Federer e Nadal… quale di queste ti ha affascinato di più?

– Tutte e tre le rivalità sono state avvincenti e mi hanno lasciato qualcosa. Se non altro per la diversità di stile e di gioco dei protagonisti in campo. Inutile negarti che sia cresciuto guardando in tv le finali tra Borg e McEnroe, due giocatori diametralmente opposti nella tecnica e nel carattere: il ghiaccio contro il fuoco, la solidità contro l’imprevedibilità, la perseveranza contro il talento, la rotazione contro il colpo piatto, il passante contro il serve and volley. 
Sampras e Agassi hanno dato vita ad una rivalità interessante ma, secondo me, non all’altezza mediatica delle altre due.
Per quanto riguarda Federer e Nadal, che dire… stiamo parlando di due campioni da Guinnes dei primati. Vantano “solo” 39 Slam in due e non penso che, da qui a fine carriera, rinuncerebbero all’idea di vincere qualche altro Wimbledon o Roland Garros in più. Se nel ventunesimo secolo il tennis viene seguito e praticato da un numero di persone via via crescente, lo si deve anche alle loro sfide appassionanti che hanno riempito gli stadi di spettatori: la finale di Roma del 2006, di Wimbledon del 2008 e degli Australian Open del 2017, solo per ricordare le più lunghe e combattute. 

 

– La tua passione per il tennis è nata guardando tante partite e si è consolidata attraverso l’attività di Maestro, ancor prima di giornalista. Quali sono i tuoi ricordi più belli legati all’insegnamento? Che consigli daresti a un Istruttore che si avvicina per la prima volta a questo lavoro?

– Ricordo quanto fossero pignoli i Maestri Federali nel mettere in riga gli aspiranti Istruttori su come dovessero presentarsi e comportarsi al corso. Il rigore e la disciplina venivano prima di tutto. Quando feci l’esame di Istruttore negli anni ’90 ad un circolo dell’Eur di Roma, mi sembrava più di stare all’interno di una accademia militare che non dentro ad un’aula… Scherzi a parte, per poter insegnare il tennis devi avere a tua volta dei buoni insegnanti che sappiano trasmetterti la passione per ciò che andrai a fare. Infatti, è dal loro “modus operandi” che puoi imparare un metodo e farlo tuo, avendo come riferimento stili di insegnamento diversi che variano da Istruttore a Istruttore.
Consiglierei ai neofiti di approcciarsi con entusiasmo e impegno a questo lavoro. Un Maestro scoprirà che insegnare, spiegare, correggere un determinato fondamentale non sono gli unici requisiti da possedere. Entrare in sintonia con i propri allievi, soddisfare le loro richieste, mantenere vivo l’ascolto e l’interesse nei loro confronti, sono solo alcune delle prerogative di un buon insegnante. 

Stefano Meloccaro


– Chi oggi guarda il tennis in televisione, conosce Stefano Meloccaro in veste di giornalista di Sky Sport. Ma forse non tutti sanno delle varie attività che ha svolto e che tuttora svolge nel suo campo: è stato conduttore radiofonico di Edicola Fiore, in coppia con Rosario Fiorello, e di M2o; ancora oggi è inviato su Sky, commentatore in diretta, scrittore di libri e di articoli. 

Quanto conta, per un giornalista, essere poliedrico nel proprio mestiere?

– Per un giornalista può essere un vantaggio saper spaziare in diverse attività all’interno del proprio campo, ma non è sempre indispensabile. Ci sono giornalisti che si specializzano in determinati settori: chi conduce un telegiornale o un reportage, chi fa l’inviato, chi intervista gli ospiti in una conferenza stampa. Ma ci sono anche professionisti che si occupano di un lavoro dietro le quinte come, ad esempio, il redattore di un giornale cartaceo, il freelance online oppure il cronista che prepara un servizio di telegiornale da mandare poi in onda. 
Ciò non toglie che si possa apprendere più di una attività giornalistica e migliorare nel tempo, attraverso la pratica. Sicuramente, ci sono cose che riescono con naturalezza e altre per le quali si è meno portati. Quello che ho personalmente imparato sul campo, è che un giornalista può provare a cimentarsi in esperienze nuove, per poi consolidarle nelle sedi opportune (tv, radio, carta stampata ecc.), una volta apprese. Per esercitarsi si può simulare una telecronaca, togliendo l’audio con il telecomando, oppure riportare le notizie del giorno riprendendosi, da soli, con una videocamera. 

 

– Hai lavorato con Ivan Ljubicic, ex numero 3 del mondo nonché attuale coach di Roger Federer. Nella prefazione del tuo libro Studio Tennis, l’ex giocatore croato ha detto: “Il mio amico Stefano Meloccaro ha una enorme passione per il tennis. Di solito il giornalista specializzato o è un ex giocatore di alto livello, oppure ha un passato importante nello sport. Meloccaro è preparato, ma non rientra in alcuna delle due categorie. Invece ho scoperto che ne sa, più di molti tra quelli che hanno giocato sul serio. E questo può succedere solo se hai una passione sconfinata”.
Cosa può imparare un giornalista sportivo a lavorare in coppia con un ex tennista di alto livello?

– Ho incontrato Ivan negli studi di Sky Sport, in occasione dell’edizione di Wimbledon del 2012. Mi ha affiancato nella conduzione del programma sul Grande Slam. Da lì è nata una bella amicizia, oltre ad una sentita intesa tennistica. Ivan è un professionista serio, attento alle dinamiche tecnico-tattiche del tennis; conosce da vicino i top players e le trame nascoste del nostro sport.
Aver lavorato insieme a lui è stato un privilegio. Mi ha insegnato ad amare il tennis ancora di più di quanto non lo amassi, ad analizzarlo anche da un punto di vista introspettivo. E poi abbiamo entrambi una malattia virale che si chiama Roger Federer. Ivan, infatti, ne è rimasto talmente contagiato da diventare il suo coach. Mentre io, tutte le volte che riprendo in mano la racchetta, non posso fare a meno di riguardarmi gli slow motion dei colpi di Roger su YouTube.

 

– Sei autore di due libri: Braccio d’oro, il meraviglioso rovescio di Paolo Bertolucci, la biografia di uno dei nostri tennisti di punta degli anni ’70; e Studio Tennis, una raccolta dei tuoi articoli più originali.
So che stai scrivendo un terzo libro, da pubblicare prossimamente. Vuoi svelare qualche anticipazione ai nostri lettori? 

– È un libro sul tennis degli anni ’70. Descriverò i personaggi, le sfide indimenticabili, i racconti di un’epoca irripetibile, ricca di campioni unici nel loro stile di gioco e nel loro carattere. 

 

– Passando a un discorso meramente tecnico del tennis, quali sono i motivi principali che, dal tuo punto di vista, hanno portato i tennisti odierni a omologarsi nello stile di gioco?

– I nuovi materiali in grafite e in carbonio permettono ai tennisti di accelerare i propri colpi ad una velocità superiore rispetto a quanto consentissero effettivamente i vecchi telai di legno che si usavano fino agli anni ’80. L’omologazione dello stile di gioco dei professionisti delle nuove generazioni deriva dalle continue rotazioni in top spin che il tennis odierno impone. Cercare oggi soluzioni di tocco o schemi, come il serve and volley e il chip and charge, non porta agli stessi risultati del tennis di 40 o 50 anni fa, dove la tecnica contava di più della preparazione atletica, dell’allenamento strutturato, della ripetizione quasi meccanica del gesto tecnico a cui oggi assistiamo.
Nel tennis attuale, presentarsi a rete sulla scia dei signori “del gioco educato” come Panatta, Nastase, McEnroe, Edberg e Becker equivale, nella maggior parte dei casi, a subire il passante, a meno che non si parli di una volée definitiva.
Le dinamiche tecnico-tattiche del tennis odierno si sviluppano, per un buon 80/90%, da fondo campo. Non è un caso che moltissimi giocatori ricorrano ad un gioco arrotato da dietro alla riga di fondo campo e all’apprendimento del rovescio bimane. La scuola svedese (Borg, Wilander, Carlsson ecc.) e, a seguire, quella spagnola (Bruguera, Berasategui, Moya ecc.), hanno rivoluzionato il gioco del tennis in modo piuttosto influente. 

 

– Cosa differenzia il tennis di oggi dal tennis della generazione nella quale sei cresciuto?

– Le differenze sono tante. Non è solo una questione di evoluzione dei materiali, di tecnica di gioco e di nuovi tornei disputabili, con formule viste e riviste. La tecnologia, per esempio, consente oggi ai giocatori di affidarsi “all’Occhio di Falco”, qualcosa di impensabile fino ai primi anni 2000. Se i giudici di sedia, durante una partita degli anni ’70, ’80 o ’90, avessero sbagliato la valutazione di una palla, la decisione sarebbe rimasta comunque la stessa, a danno di uno dei due tennisti e a vantaggio dell’altro. L’Hawk-Eye, così come, per esempio, la tecnologia del VAR nel calcio, possono rendere giustizia ai giocatori in campo, qualora le chiamate arbitrali non siano corrette. 
Un altro elemento che distingue il tennis odierno dal tennis dell’epoca è che, se prendessimo la stragrande maggioranza delle giovani promesse uscite fuori dalle migliori accademie, ci accorgeremmo come tantissime giocatrici e, una buona fetta di giocatori, dispongano di un bagaglio tecnico-tattico analogo. Il che, attenzione, non è una critica… ma una considerazione di quanto il tennis sia cambiato. L’omologazione delle tipologie di gioco è un elemento a cui stiamo assistendo in modo sempre più incisivo.
Il tennis con cui sono cresciuto io aveva Panatta che era Panatta, Borg che era Borg, McEnroe che era McEnroe, Connors che era Connors, Vilas che era Vilas: ognuno con il proprio stile inconfondibile. 

Oggi, a parte Federer, Nadal e pochi altri top players, la maggior parte dei professionisti ha una impostazione tecnica simile, improntata sulla spinta della palla, sulla rotazione e poco, pochissimo, sulle variazioni e sul tocco. Questo discorso è applicabile, soprattutto, nel tennis femminile, dove il gioco di grazia di una Navratilova, di una Graf o di una Evert si è del tutto estinto. 

 

– Hai incontrato e conosciuto tanti tennisti di spessore. Da Panatta, a Bertolucci e Volandri, passando per Ljubicic e Federer. Su quest’ultimo, sarebbe simpatico se raccontassi un aneddoto ai lettori de Il Mondo del Tennis, visto che è uno dei campioni a te più cari. 

– Ho incontrato Roger durante i preparativi di Wimbledon, edizione 2018. Ci tenevo ad intervistarlo. Ricordo di essermi emozionato alla prima domanda e di averla sbagliata. Lui aveva capito il mio errore e ci aveva riso su, scherzando. Un aneddoto su Federer? Non mi viene nulla di particolare su di lui. Quel che ti posso dire è che è una persona molto più semplice di quanto si pensi. Ed è anche simpatica e umile. Mi ritengo fortunato solo ad averci scambiato due battute insieme, perché non è quel tipo di tennista che si incontra in tutte le interviste, diciamo… 

Federico Bazan © produzione riservata

Video analisi: capire i propri errori per rendere il tennis più facile

Effettuare una video analisi su se stessi può essere molto utile per individuare eventuali difetti del proprio gioco che non si sapeva nemmeno di avere. Grazie ad una ripresa video ben fatta, infatti, scopriremmo cosa sia preferibile migliorare del nostro tennis. Riguardandoci e, nel fare caso a determinati movimenti, ci accorgeremmo di alcuni errori:

– di tipo tecnico: tra i più comuni vi è il trasferimento del peso del corpo non protratto bene in avanti. Spesso si preferisce aspettare quell’istante in più per giocare la palla mentre scende, anziché cercare di prenderla in anticipo mentre sale. Posticipando di qualche secondo l’impatto della palla con il piatto corde, capita di andare all’indietro con il busto per compensare il ritardo nell’esecuzione, perdendo gran parte dell’energia e dell’efficacia sul colpo prodotto.
Un’altra lacuna tipica dei tennisti amatoriali è: strappare il movimento eseguendo una torsione del tronco anticipatoria, con l’obiettivo di spingere la palla. Il risultato è spesso il contrario di quello desiderato: ruotare il tronco preventivamente impedisce una corretta estensione, dove estensione significa colpire “attraversando la palla in orizzontale”.
La rotazione e l’estensione del tronco sono due componenti favorite dalle impugnature:Facce del manico e impugnature sul fondamentale del dritto, ad esempio, impugnare eastern (il palmo della mano è disposto dietro il manico della racchetta, “a stretta di mano”) facilita la produzione di velocità lineare e il movimento orizzontale dell’attrezzo. Impugnare western (il palmo della mano è disposto sotto il manico della racchetta, sono visibili solo le nocche delle dita), al contrario, induce una torsione del tronco nata per compensare la mancanza di velocità lineare. Con una eastern, sarà più facile spingere verso l’avanti, mentre più difficile effettuare una buona rotazione; con una western, invece, sarà più agevole produrre un colpo in top spin ma più complicato generare una traiettoria lineare. Ogni giocatore ha il suo tipo di gioco e usa la propria impugnatura: non ne esiste una migliore di un’altra in modo assoluto.
La presa della mano sul manico incide sul movimento di preparazione e di accelerazione; di conseguenza, anche sul tipo di traiettoria che si produce (traiettoria piatta, in top spin e in back spin). Una continental e una eastern favoriscono la produzione di traiettorie in back spin e piatte, mentre grip più aperti, come una semi-western e una western, facilitano la produzione di rotazioni in top spin e parabole più alte sopra alla rete.
Un altro elemento abbastanza diffuso, tra gli appassionati di tennis, è l’impatto leggermente arretrato (tipico di chi si appoggia al colpo dell’avversario), un aspetto non necessariamente negativo, ma sicuramente, impattando la palla in posizione leggermente arretrata rispetto alla linea del baricentro, diventa difficile creare una buona accelerazione, in uscita, sul colpo giocato.
Ad alcuni giocatori, infine, capita di trovarsi la palla troppo addosso e di giocarla non disponendo di una distanza laterale adeguata tra il corpo e l’attrezzo; questo è un problema che nasce dal non riuscire a governare il proprio assetto braccio-racchetta e che limita, pertanto, la spinta sulla palla.

– di tipo motorio: primo fra tutti, l’assenza di un piegamento ideale degli arti inferiori, che può essere determinata dalla mancanza di decontrazione muscolare ma anche dalla pigrizia di abbassare il proprio baricentro per poi distendersi in direzione della palla. Piegare le gambe, in realtà, non è sempre essenziale per ogni soluzione tecnica. Si può anche imparare a far correre veloce il braccio rimanendo in posizione statica. Il fatto, però, è che bisogna avere molta facilità e direzionalità con il proprio arto dominante, altrimenti la palla non va avanti.
Anche gli spostamenti laterali e frontali possono non essere eseguiti correttamente. Arrivare sulla palla e rimandarla nel campo dell’avversario non significa necessariamente aver compiuto i passi nel modo migliore. Una frazione di secondo, in ritardo o in anticipo, rende il nostro colpo approssimativo e non performante. Inoltre, potrebbe essere utile eliminare movimenti improduttivi: per esempio, effettuare spostamenti in più del dovuto per ricercare la palla. Questi, oltre a costare un maggiore dispendio di energie, non aggiungono alcuna efficacia al colpo giocato.

di studio della palla: la valutazione del rimbalzo, della traiettoria e della rotazione è data dal contatto visivo sulla palla, nel lasso di tempo che precede la preparazione del colpo. A volte, però, una valutazione errata del rimbalzo non consente al tennista di organizzare al meglio l’apertura, il movimento lineare dell’attrezzo e il finale. Quello che ne consegue, è un impatto decentrato che determina un dritto o un rovescio mal eseguito.

Tenendo conto di questi possibili difetti, ho effettuato una video analisi sui miei colpi da fondo campo per capire cosa funzioni in modo naturale e cosa, invece, cercare di migliorare.
A seguire, potete visualizzare le riprese che ho fatto durante gli allenamenti. Nel primo video, palleggio a fondo campo con uno sparring per cercare, il più possibile, continuità, precisione e regolarità; nel secondo video mi alleno, sempre a fondo campo, con un maestro che sta a rete. Buon metodo per attivare, sulle sue volèe, gli arti inferiori e cercare di spingere la palla in una frazione di tempo breve tra un colpo e l’altro.


Fonti d’ispirazione dell’articolo: Manuale del Minitennis, fase di avviamento;
Fonti video: canale Youtube personale Il Mondo del Tennis.

Federico Bazan © produzione riservata

La storia del tennista carioca Fernando Romboli: dagli albori all’amore per l’Italia

Titoli e momenti di felicità fanno parte della vita di un tennista. Per Fernando Romboli, l’attuale numero 92 della classifica ATP di doppio, non è diverso.

Fernando Romboli Cordoba Open 2020

Fernando Romboli in azione nel torneo ATP 250 di Córdoba in Argentina

Il carioca, nato a Rio De Janeiro nel 1989, sta vivendo, all’età di 31 anni, un periodo indimenticabile della propria carriera. Il tennista sudamericano, infatti, sta raccogliendo, a poco a poco, i frutti del lavoro e dei sacrifici sin qui fatti per giocare a tennis ad alti livelli. Dai primi tornei ITF disputati in giovanissima età, Romboli scopre oggi un mondo nuovo all’interno del circuito ATP: all’inizio del 2020 prende parte, prima della pandemia di Coronavirus, ai tornei 250 di Córdoba, Buenos Aires, Santiago del Cile e al 500 di Rio de Janeiro, sua città natale.
La voglia di crescere e di misurarsi con nuove realtà sono due prerogative essenziali di un tennista professionista. A queste si aggiunge, per Romboli, un rapporto speciale con l’Italia. La storia del giocatore sudamericano nel Bel Paese comincia nel 2016 quando, il carioca, partecipa ai Campionati degli Affiliati, con la speranza di guadagnare qualcosa in più rispetto ai tornei in Brasile e con la voglia di mettersi in gioco in un contesto lontano dalla propria terra d’origine.
È proprio a Messina, in Sicilia, che il tennista brasiliano ottiene il tesseramento come atleta straniero, nel suo primo Club in Italia, il Circolo del Tennis e Della Vela, restandovi per due anni. Durante questo periodo, Romboli fa la storia: nel primo anno, riesce a scongiurare la retrocessione in Serie B della squadra messinese, una responsabilità già molto difficile. L’anno dopo raggiunge una grande impresa, contribuendo alla promozione in Serie A del team: nella partita finale del Campionato a Squadre, infatti, Romboli vince l’ultimo e decisivo punto, regalando così l’accesso alla sua squadra nella Prima Divisione.
“È un’esperienza fantastica giocare Interclub”. Afferma il tennista carioca. “Mi piace veramente tanto. Un giocatore professionista normalmente non è abituato a questo. Siamo spesso soli in giro per il mondo e partecipare alle competizioni a squadre è sempre fantastico. Ci fornisce una buona base”.

Circolo della Vela

La squadra del Circolo della Vela di Messina dove il tennista brasiliano è stato uno dei protagonisti

Nel periodo dei tornei Interclub e di vita in giro per l’Europa, Romboli ha chiesto la cittadinanza in Italia. Avendo avuto un bisnonno italiano, è stato più facile per lui domandare la documentazione necessaria. Dopo aver ottenuto il passaporto, ora è ufficialmente cittadino italiano. I primi incontri del Campionato a Squadre, infatti, li ha giocati come cittadino straniero. Ma oggi, grazie ai documenti regolari, Romboli gode di numerosi benefici che contribuiscono molto alla sua carriera nel tennis.
“Ottenere la cittadinanza italiana mi ha aiutato molto. Sicuramente per rendere più semplici i tornei Interclub, in quanto alcuni hanno delle regole sul numero di stranieri che possono partecipare. Ma anche sulla questione dei viaggi. Nell’ultimo anno, sono rimasto cinque mesi all’interno dell’Unione Europea. Con un passaporto brasiliano, invece, non sarebbe stato possibile. In alcuni Paesi, ho anche diritto ad ottenere un visto elettronico, diverso dal Brasile.”

Nel 2019, Romboli ha cambiato Club e città, giocando per il TC 2002 di Benevento. Ancora una volta, il tennista sudamericano è riuscito ad evolvere il suo livello di tennis, raggiungendo un’altra promozione. Nel derby regionale, in finale contro San Giorgio Del Sannio, ha nuovamente conquistato il punto decisivo.
Nell’agosto dello stesso anno, il carioca, in coppia con il connazionale Fabrício Neis (175 ATP in doppio), ha vinto il Challenger di Manerbio in Lombardia. Nella finale del torneo, la coppia brasiliana ha sconfitto i francesi Fabien Reboul e Sadio Doumbia per 6-4, 7-5. Questo successo nel Challenger bresciano, ha permesso a Romboli di guadagnare 80 punti all’interno della classifica ATP: “Per me è sempre un piacere giocare in Italia. Partecipo a molti tornei in giro per il Paese. È come sentirsi a casa“.

Challenger Manerbio Romboli

La vittoria di Fernando Romboli nel Challenger di Manerbio in coppia con il connazionale Fabrício Neis

La storia di Romboli è fatta di sacrifici, ma anche di conquiste e gioie personali: all’inizio, specialmente per un tennista che non parte con delle grandi possibilità nel proprio Paese, le insidie sono inevitabili ma, pian piano che si superano, la strada comincia ad essere in discesa. E, per il carioca, questo lungo viaggio non è di certo finito qui.

Fonti narrazione e foto: Agência Start, Brasile

Federico Bazan © produzione riservata

Laura Golarsa lancia un appello a nome dei Maestri: “Riapriamo la didattica del tennis”

In questo periodo storico, molti Maestri di tennis non percepiscono uno stipendio perché impossibilitati ad esercitare la propria attività. Trattandosi di liberi professionisti, ovvero di persone che guadagnano in base alla domanda di lavoro (tramite lezioni, scuole tennis e centri estivi), lo Stato non può assicurare loro un sostentamento economico: per i più fortunati, che hanno dei soldi da parte, in qualche modo si tira avanti; ma per tutti coloro che non hanno altro di che vivere se non di tennis, si fa fatica ad arrivare alla fine del mese.
Laura GolarsaIn un quadro economico complicato, dove si estende prepotentemente una disoccupazione forzata a causa della pandemia, a metterci la faccia per chiedere la riapertura del mondo didattico del tennis, è Laura Golarsa, ex numero 39 della classifica mondiale WTA, nonché attuale Direttrice dell’Accademia che porta il suo nome: la Golarsa Tennis Academy, con sede a Milano.
In un video, postato sulla propria pagina Facebook, l’attuale commentatrice di Sky Sport scende in campo per denunciare una situazione di precarietà che incide negativamente sulla vita economica dei Maestri di tennis, oltre a penalizzare intere figure professionali legate al mondo dello sport: i fisioterapisti dei giocatori, gli staff tecnici e le stesse Società Sportive che, da marzo a questa parte, non ricevono più introiti per mancanza di iscrizioni o “congelamento” degli abbonamenti dei soci. Intere macchine economiche ferme e abbandonate a se stesse.
Laura Golarsa afferma: “Abbiamo 700 metri di campo per far giocare quattro bambini della scuola. Il Maestro fa lezione a due sul campo, allora io non vedo perché il tennis non debba riaprire, soprattutto con delle regole, con delle responsabilità che ci dobbiamo assumere noi gestori, insegnanti e i clienti che vogliono venire a giocare”.
Il suo appello non è solo una questione di diritto, ma nasce dall’esigenza di avere delle risposte da parte del Governo, circa la riapertura delle attività sportive. In un primo momento, il 18 maggio era la data preannunciata per la ripresa del tennis nei circoli sportivi di tutta Italia, o almeno così sembrava. Ma, stando alle fonti della Federazione Italiana Tennis, il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora, avrebbe posticipato l’apertura dei centri sportivi al 25 maggio o, nella migliore delle ipotesi, entro quella data. Non è tuttavia ancora chiaro in quali Regioni si possa riprendere, in quali no. E, intanto, i Maestri di tennis sono ancora senza lavoro.

L’ex tennista italiana continua il suo appello, dicendo: “Ci dovete dare la possibilità di riaprire perché il mondo dello sport è il mondo del lavoro. Noi dovevamo aprire 15 giorni fa, non abbiamo aperto e adesso sembra che non apriamo neanche lunedì. Io chiedo: questi Maestri cosa fanno? Non mangiano? Le strutture cosa fanno? Falliscono perché i corsi sono finiti? Tutto questo sarebbe evitabile con una gestione organizzata per settori”.

Le considerazioni di Laura Golarsa sono, in realtà, le parole di molti istruttori in difficoltà economica. E la Direttrice dell’Accademia se ne fa portavoce, dando l’idea di credere fortemente in una giusta causa, a tutela del mondo del tennis. Bisognerebbe, quanto meno, riconoscerne l’impegno durante il momento storico che stiamo vivendo.
Come sostiene la nostra ex giocatrice azzurra, il Coronavirus segna un immobilismo dell’economia indiscutibile, ma non si può rimanere immobili per sempre.

Fonti di foto e video: pagina Facebook di Laura Golarsa.

Federico Bazan © produzione riservata

Il quadro dei tornei del Grande Slam nel 2020

Grande Slam

Se ci sono le condizioni per la ripresa del tennis nei circoli sportivi, non altrettanto si può dire, al momento, per i tornei di livello internazionale. L’assembramento del pubblico negli stadi, infatti, rappresenta, ancora oggi, un potenziale rischio di contagio e di diffusione del virus. Proprio per questo motivo, gli organizzatori delle prove del Grande Slam hanno ridimensionato il programma dei tradizionali appuntamenti stagionali, prendendo di fatto delle decisioni inedite nella storia del tennis: il Roland Garros, che si disputa ogni anno tra la metà di maggio e i primi di giugno, verrà posticipato, per la prima volta, dal 20 settembre al 4 ottobre 2020. L’intenzione degli organizzatori francesi sarebbe, momentaneamente, quella di inaugurare il torneo a porte aperte, subito dopo gli US Open che, invece, restano confermati dal 24 agosto al 13 settembre, come da tradizione.

Il mondo del tennis si trova, quindi, a dover affrontare una situazione straordinaria che, per la sua imprevedibilità, obbliga gli organizzatori dei grandi tornei a prendere delle decisioni di medio, lungo periodo. Decisioni, tuttavia, discutibili.
Pensiamo alla programmazione ordinaria del calendario, totalmente stravolta: decidendo di far giocare due Slam così ravvicinati e su superfici diverse, potrebbe verificarsi, per molti tennisti, un problema di adattamento alla superficie, dovuto al cambio repentino delle condizioni di gioco.
Tra la fine degli US Open (in data 13 settembre) e l’inizio del Roland Garros (in data 20 settembre), i tennisti professionisti hanno soltanto una settimana di allenamento sulla terra battuta. Questo limite di tempo andrebbe ad incidere negativamente sul rendimento delle giocatrici e dei giocatori, in quanto, gli stessi, non possono disputare nessuno dei tornei su terra in preparazione allo Slam parigino, oltre ad avere a disposizione solamente sette giorni per ambientarsi alla terra rossa europea, arrivando direttamente dal cemento americano.
L’altro elemento che apre un nuovo scenario, vede i tennisti, con buone probabilità, doversi spostare a Indian Wells per giocare gli US Open, a causa dell’ondata di contagi che ha colpito la città di New York e che potrebbe non esaurirsi del tutto, da qui all’estate. Oltretutto, l’USTA (la United States Tennis Association) sta avanzando l’ipotesi di presentare la manifestazione a porte chiuse, il che comporterebbe un taglio enorme degli introiti di un torneo così grande, proprio a causa dell’assenza degli spettatori paganti.
Ma la notizia più scottante, probabilmente, arriva da Londra: per la prima volta nella storia, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, viene annullato il torneo di Wimbledon, lo Slam più antico del tennis che si tiene, ogni anno, nella cornice dell’All England Tennis Club tra la fine di giugno e i primi di luglio.
A causa della propagazione del virus in Gran Bretagna, il governo inglese ha deciso, a tutela della salute dei cittadini, di rimandare lo Slam di casa direttamente al 2021. Cancellando Wimbledon dal calendario degli eventi sportivi, di conseguenza, viene meno anche tutta la stagione su erba, superficie dove i professionisti WTA e ATP, non giocheranno, presumibilmente, per tutto il 2020.

Una programmazione nella quale Wimbledon salta e dove il Roland Garros e gli US Open sono uno a ridosso dell’altro, rischia di compromettere in modo drastico la spettacolarità degli appuntamenti più importanti del tennis.
Se da un lato viene privilegiata una linea conservativa per preservare le persone dall’eventualità del contagio, dall’altro lato a pagare il prezzo di questa situazione sono i tennisti professionisti, impossibilitati ad avere un recupero adeguato tra uno Slam e l’altro, e i rispettivi staff che ne seguono il rendimento. Così come, delusi, sono anche tutti gli spettatori che avevano comprato in anticipo il biglietto ma che non potranno guardare da vicino i propri beniamini.

Federico Bazan © produzione riservata

 

Come trattare gli infortuni ricorrenti del tennista: risponde il Dott. Scacco, Osteopata

Non è raro trovare tennisti amatoriali e agonisti che, parlando del proprio vissuto sportivo, raccontino di aver smesso di giocare a tennis, a causa di problemi fisici. E magari di aver ripreso dopo tanti anni.
In effetti, alla domanda: “Da quanti anni giochi a tennis?”, capita spesso di ascoltare risposte diverse da quelle abituali. Tra le più comuni: “Ho iniziato quando ero piccolo, ho fatto la scuola tennis e i tornei, ma crescendo ho smesso, per poi riprendere in mano la racchetta a 40/50 anni”, per esempio. Oppure: “Ho giocato per anni a calcio, poi ho scoperto il tennis, ma il pallone mi ha logorato le articolazioni, quindi a tennis non riesco a giocare quanto vorrei”.
Altri racconti abbastanza diffusi sono: “Ho una infiammazione che non mi consente di allenarmi bene”. “Il problema fisso che mi impedisce di giocare e con cui devo fare i conti è l’epicondilite”.
Ogni storia, quindi, appare diversa l’una dall’altra, ma tutte quante sono caratterizzate da uno stesso comune denominatore: gli infortuni.
La domanda che sorge spontanea è: come prevenire le problematiche di natura fisica? E cosa fare per trattarle, fino a debellarle?
Risponde, a Il Mondo del Tennis, il Dott. Emanuele Scacco, laureato in Scienze Motorie all’Università degli Studi di Roma Foro Italico, di professione Osteopata.

Chi è e di cosa si occupa il Dott. Emanuele Scacco?

emanuele scacco

    Dott. Emanuele Scacco, Osteopata

Ciao Federico, è un piacere poter rispondere alle tue domande e fare chiarezza su quello che è poi il centro della vita dell’uomo, ovvero la salute. Ho iniziato la mia formazione laureandomi in Scienze Motorie presso lo Iusm di Roma e ricordo di essermi appassionato all’Osteopatia in quegli anni, decidendo così di intraprendere un lungo viaggio personale che mi ha condotto dove sono ora.

 

– Cosa è l’Osteopatia e a cosa serve? 

L’Osteopatia è una terapia che mira, attraverso trattamenti manuali, a ripristinare il meccanismo di autoregolazione insito in ogni essere vivente. Le competenze riguardanti l’anatomia, la biomeccanica, la fisiologia, acquisite in sei lunghi anni e la tanta pratica, permettono ad una mano esperta e capace di trovare le disfunzioni (traumatiche e non), correggerle e consentire al sistema corporeo di tornare al suo equilibrio. Il trattamento osteopatico si avvale di tecniche strutturali, viscerali, fasciali, cranio sacrali al fine di operare su un paziente considerandolo nella sua globalità e non solo nella zona sintomatica.


Vi sono determinati problemi fisici ai quali diversi atleti, amatori e agonisti, possono andare incontro. Quali sono le cause principali che provocano, in linea di massima, un infortunio?

Uno sportivo, specie se si tratta di un professionista di una determinata disciplina, è sicuramente influenzato da un importante carico di lavoro muscolare, quindi, qualora l’atleta non sia seguito e valutato costantemente, potrebbe incappare in problemi fisici di varia natura, derivanti da uno schema corporeo non sufficientemente integro. “Il classico colpo della strega” è un chiaro esempio di una disfunzione acuta improvvisa che si può manifestare per moltissime cause: strutturali, viscerali, circolatorie, posturali. Questo è per farvi capire che, per noi osteopati, è fondamentale sentire con le mani prima di poter fare una diagnosi del problema.

 

Non è raro assistere, nei circoli sportivi, a giocatori di tennis amatoriale che entrano in campo e iniziano a colpire la palla compiendo movimenti a freddo. Quanto conta, nella prevenzione degli infortuni, attuare un riscaldamento preparatorio alla pratica sportiva?

– È una cosa molto comune vedere sportivi, soprattutto a livello amatoriale, non effettuare un riscaldamento adeguato prima di un allenamento. Questo fa sì che, aldilà di limitare la nostra performance, il nostro corpo sarà totalmente impreparato a iniziare uno sforzo. L’ossigenazione ai muscoli è il motore del movimento, pertanto attuare un sano riscaldamento avrà dei numerosi benefici, sia a livello prestazionale, ma soprattutto a livello fisico, perché è assolutamente prioritario per la prevenzione.

 

Entriamo nel merito. In uno sport come il tennis, ci sono vari tipi di acciacchi più o meno noti. Il più conosciuto, ma non certamente l’unico, è l’epicondilite, detto anche “gomito del tennista”. Come si può trattare una problematica di questo tipo? 

Cercherò di renderlo più semplice possibile. Dal punto di vista anatomico, il gomito è formato da tre ossa: l’omero, il radio e l’ulna.
Sono i muscoli a permettere il movimento dell’articolazione e, questi, sono connessi alle ossa grazie ai tendini. Le sporgenze ossee, nella parte inferiore dell’omero, si chiamano epicondili (sporgenza esterna) e epitroclea (sporgenza interna). I tendini di alcuni muscoli che muovono il polso e la mano, si connettono all’omero proprio all’altezza di queste sporgenze. L’Epicondilite, o gomito del tennista, è un’infiammazione dei tendini che si fissano sull’epicondilo. Questi muscoli, estensori dell’avambraccio, consentono il sollevamento della mano e del polso e il piegamento all’indietro delle dita. Il movimento del tennista coinvolge tutto l’arto superiore, costantemente impegnato in un movimento prono-supinazione e flesso-estensione; questo fa sì che, se le strutture a cui si legano i muscoli non svolgono i loro movimenti fisiologici poiché in disfunzione, i muscoli saranno maggiormente sollecitati. L’osteopata va alla ricerca palpatoria del preciso muscolo interessato nell’evento infiammatorio. Essendo presente un pacchetto di più muscoli con inserzione in quel punto, bisogna essere molto accurati nel determinare esattamente quale sia quello coinvolto, se uno o più muscoli.
Una volta individuato, si valuta la qualità articolare, sia a livello prossimale che a livello inserzionale. Questo perché, molto spesso, la sofferenza e il mal funzionamento del muscolo scaturiscono da una limitazione della mobilità delle articolazioni. Le articolazioni si muovono meno, il muscolo lavora più del dovuto e si affatica. Eliminando la causa di sofferenza di quel muscolo, se ne ottimizza l’efficacia. A questo punto si effettua un lavoro manuale di rilascio delle fibre muscolari e del connettivo circostante, così da riequilibrarne le tensioni e, se necessario, si consigliano esercizi di rinforzo.

 

Prima di servire è buona abitudine ripetere l’azione dello “sciogli spalla”, non solo per abituarsi al movimento del servizio, ma anche per prevenire eventuali disturbi, quali la “Sindrome da conflitto”, che colpisce la cuffia dei rotatori.
Cosa va a limitare, nel tennista, la Sindrome da conflitto? Come si può debellare? 

La Sindrome da conflitto della cuffia dei rotatori è un problema che riguarda un po’ tutti gli sportivi. La spalla, di per sé, lavora in stretta sinergia con la scapola e questo lavoro è mediato da un gruppo di muscoli: sovraspinoso, piccolo rotondo e sottospinoso. Il sovraspinoso è quasi sempre il muscolo più sollecitato e quasi sempre il primo a perdere la sua integrità. Il dolore alla spalla dipende, in realtà, da disfunzioni meccaniche della stessa, cioè dal fatto che la spalla non si muova nella maniera corretta e le parti interne presentino incongruenze funzionali. Questa situazione porta, tra l’altro, anche ad una lacerazione dei tendini che avviene progressivamente nel corso del tempo.
La maggior parte dei pazienti, con lesioni alla cuffia dei rotatori, riferisce di non aver mai svolto attività particolarmente gravose, né di aver mai effettuato particolari movimenti traumatici. Questo tipo di lesione avviene in maniera progressiva in seguito ad un malfunzionamento dell’articolazione.
A scopo preventivo, un buon riscaldamento è fondamentale per l’afflusso di sangue ai muscoli, nessuno escluso, quindi dare elasticità al tessuto attraverso, per esempio, delle sedute di stretching funzionali, sarebbe ottimale. Naturalmente, per risolvere del tutto il problema, l’osteopata può aiutare sul recupero funzionale e meccanico dell’articolazione.

 

Abbiamo parlato degli infortuni più comuni che riguardano gli arti superiori. Passando invece agli arti inferiori, esiste, fortunatamente in rari casi, una problematica fisiologica per quei tennisti che, facendo costantemente leva sull’anca per eseguire determinati movimenti, sono maggiormente esposti a traumi del tessuto osseo in quell’area.
Lleyton Hewitt e Andy Murray, due ex top ten del ranking ATP, si sono dovuti operare per risolvere questo tipo di infortunio molto delicato. Ci puoi spiegare nel dettaglio di cosa si tratta?

– Il tennis è un sport dove l’anca è al centro del movimento. La forza del colpo parte sempre dall’arto inferiore seguendo la catena cinetica, piede-anca e bacino-arto superiore. L’esecuzione di ogni colpo impone una sollecitazione continua, non indifferente, della componente rotatoria; sull’anca, inoltre, si inserisce uno dei muscoli posturali più importanti del corpo, ovvero l’ileopsoas. Contratture di quest’ultimo sono la causa di molte lombalgie e dolori all’anca. Micro traumi, ripetuti negli anni, inducono anche una fibrotizzazione della componente legamentosa che abbraccia la capsula articolare della testa del femore. Nei casi di dolore cronico localizzato in quell’area, potrebbe essere necessario operarsi.


Dott. Emanuele Scacco

Osteopata
Contatti: emanuelescacco91@hotmail.com 

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Petizione per la ripresa del tennis nei circoli ai tempi del Covid-19: firma anche tu

Petizione

Un appassionato di tennis lancia una nuova petizione online per la riapertura dei campi da tennis e la ripresa dell’attività dei circoli, nel periodo del Coronavirus, indirizzandola al Presidente del Coni, Giovanni Malagò. E da questa petizione nasce un passaparola tra i tennisti amatoriali per il raggiungimento delle firme necessarie.
L’idea della votazione collettiva è frutto di un pensiero logico che non può impedire ai praticanti, agonisti e non, di appendere la racchetta al chiodo per tutto il 2020. Il tennis è uno sport che si gioca all’aria aperta, in spazi ampi: non trattandosi di uno sport di contatto o di una disciplina praticata in luoghi chiusi e affollati (come avviene per almeno il 90% dei circoli in Italia che sono all’aperto), è importante, per chi ami questo sport, ricominciare a giocare, a divertirsi e ad allenarsi. Naturalmente un ritorno sui campi nel rispetto delle norme, da parte di tutti.
Nella petizione, che non è solo una questione di diritto, si stabiliscono delle condizioni necessarie per evitare ogni eventualità di contagio: si gioca solo in singolo, non si fa uso degli spogliatoi, non ci si dà la mano a fine match, al cambio campo ci si alterna alle panchine ecc.
L’obiettivo della petizione è dare la possibilità, basata su considerazioni logiche, a tutti i praticanti e gli amanti di questo sport, di tornare a calcare i campi da tennis, consapevoli di dover attenersi a delle regole indispensabili.
Rimandare il tennis al 2021, facendo passare un anno, senza più toccare racchetta, sarebbe un delitto laddove ci siano le condizioni per tornare tutti insieme a giocare. E le condizioni ci sono, perché i campi hanno dimensioni di 23,77 m di lunghezza con una barriera fisica tra i due singolaristi, rappresentata dalla rete.

Se pensi che questa petizione sia una giusta causa, clicca su questo sito e firma anche tu.

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Nasce Tennis Agenda, il nuovo portale delle classifiche e dei tornei per i tennisti amatoriali di tutta Italia

Il tennis si evolve negli anni: cambiano gli stili di gioco, i materiali (racchette, palline, superfici) e, con essi, la possibilità per i tennisti, rispetto al passato, di usufruire di maggiori benefici sui colpi giocati, grazie alle corde attuali che permettono di conferire rotazioni e velocità di palla impensabili rispetto alle racchette di legno dell’epoca. Parallelamente a questa evoluzione, assistiamo oggi al progresso del mondo digitale.
Il Web è infatti diventato il motore di ricerca per eccellenza dove gli appassionati di tennis ricevono aggiornamenti, più o meno frequenti, grazie all’accessibilità e alla facile reperibilità delle notizie: – i tornei dei circuiti ATP e WTA, il materiale adatto alle esigenze dei tennisti (racchette, scarpe, accessori), i consigli sulla tecnica di gioco, le classifiche e i tornei in programma in giro per l’Italia – sono solo alcune delle tematiche più ricercate su Internet da parte degli amanti del tennis.
Proprio in merito ai tornei e alle classifiche regionali, è nata una nuova Progressive Web App: si tratta di Tennis Agenda, un ibrido tra una normale App per smartphone/android e un sito Web (funziona sia come App, sia come sito Web).

Tennis Agenda
Tennis Agenda, scaricabile da Google Play sul proprio smartphone o android, offre molteplici funzionalità che semplificano la vita dei tennisti. Essi potranno infatti ricercare i risultati di tutti i giocatori tesserati e il calendario di tutti i tornei FIT in programma, nelle varie province italiane.
Il portale è strutturato in modo da consentire agli utenti una navigazione in base alle proprie curiosità, attraverso alcune “finestre” su cui poter cliccare ed accedere (guarda foto a sinistra).

La prima finestra è quella relativa alle tenniste e ai tennisti. Tennis Agenda nasce per cercare il ranking di tutte le giocatrici e i giocatori tesserati FIT, con classifica di quarta, terza e seconda categoria. Cliccando su ognuno di loro, è possibile visualizzare le partite disputate durante l’anno in corso, i risultati ottenuti (vittorie, sconfitte, partite nulle) e lo storico del ranking.

Tennis Agenda, similmente alle piattaforme precedenti, cura alcuni dettagli. Nella schermata iniziale di ogni giocatore, compaiono una serie di dati che descrivono il “curriculum del tennista”: cognome e nome, foto, circolo di appartenenza, classifica, età (NOF, NOR, under, over), rendimento annuale e storico, classifica simulata (ovvero quella che verrà aggiornata l’anno successivo in base ai punti guadagnati o persi), i punti necessari alla promozione e quelli che occorrono per non retrocedere.

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Uno degli aspetti più innovativi, che questo nuovo portale mette a disposizione, si basa sulle statistiche dei giocatori, attraverso alcuni numerithumbnail_4 relativi agli incontri (vedi foto a destra):
– Set vinti/persi;
– Tie-Break vinti/persi;
– Partite vinte/perse;
– Tornei vinti/persi;
– Finali vinte/perse;
– Partite al terzo set vinte/perse.

Un sistema simile, per certi versi, alla classifica ATP, dove è possibile osservare tutti i dati, per capire al meglio il rendimento di un determinato giocatore o il bilancio numerico nelle diverse situazioni di gioco dello stesso. Ci sono, per esempio, giocatori che vantano un bilancio positivo nei primi set o nei tie-break ed, altri, che vincono più facilmente in rimonta. Le statistiche possono quindi tornare utili per soddisfare delle curiosità o per sapere, prima di giocare contro un determinato avversario, quali siano tendenzialmente i suoi punti di forza o di debolezza all’interno dello stesso match.

 

Tennis Agenda

 

La seconda finestra è quella dedicata ai tornei.
La grande novità, rappresentata da questa nuova Progressive Web App, è la possibilità di cercare, in modo semplice ed efficace, i tornei che si disputano in tutta Italia (guarda foto a sinistra).
Questa sezione, che riguarda il calendario, permette di filtrare per:
– Categoria classifica (seconda, terza e quarta);
– Periodo (questa settimana, questo mese, tutto l’anno);
– Categoria età (Open, giovanili, veterani);
– Genere (M – F);
– Provincia.
Nella fattispecie, l’utente che naviga su Tennis Agenda, potrà scegliere, tramite un elenco delle province italiane, i tornei presenti nella propria città o nel proprio comune di residenza ed individuare i vari circoli dove i tornei stessi si svolgeranno, attraverso un collegamento immediato con Google Maps che funzionerà da geo localizzatore.
In altre parole, basterà un semplice clic o un touch per trovare il torneo desiderato e recarsi al circolo dove esso si svolgerà, cosa impossibile prima della nascita del portale.

Tennis Agenda è dunque un’innovazione che rappresenta il presente ed il futuro: la tecnologia cammina alla velocità degli scambi del tennis odierno e questa nuova Progressive Web App è pronta, dal 2018, a soddisfare le esigenze dei tennisti con semplicità ed efficacia.

Link utili:
https://tennisagenda.it/
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.usk.tennisagenda&hl=en_US

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Non c’è due senza tre: arriva l’impresa di Matteo Berrettini a Gstaad dopo quelle di Fognini e Cecchinato

Dopo le vittorie, nella domenica del 22 luglio, di Fabio Fognini a Bastad e di Marco Cecchinato a Umag, arriva la grande settimana e una domenica da incorniciare anche per Matteo Berrettini, in data 29 luglio 2018.
Berrettini GstaadIl tennista romano, nato e cresciuto al Circolo Canottieri Aniene di Roma, si ritrova, nel giro di un anno, dal disputare tornei Futures e Challenger, a prendere parte al circuito maggiore: quel tanto atteso exploit su cui il tennis italiano puntava, si è avverato nel migliore dei modi, grazie al primo successo ATP in carriera di Berrettini a Gstaad, dove il tennista nostrano si è imposto, nell’ultimo atto del torneo svizzero, per 7-6, 6-4 contro lo spagnolo Roberto Bautista Agut, numero 17 del ranking. Finalmente, dopo diversi infortuni patiti in passato, Berrettini avrà la possibilità di affermarsi nel circuito ATP ed essere, insieme a Fognini e Cecchinato, il terzo grande protagonista del tennis italiano, anche in chiave Coppa Davis.
Berrettini, durante tutto il torneo, ha dato prova di poter competere contro i primi 50 tennisti del mondo, liquidando tre delle teste di serie presenti in tabellone: Andrey Rublev (testa di serie numero 4), Feliciano Lopez (testa di serie numero 8) e Roberto Bautista Agut (testa di serie numero 2). Numeri e dati incoraggianti se si pensa a come Berrettini non abbia mai perso il servizio in tutto il torneo e non abbia mai concesso nemmeno un set agli avversari; aspetti legati ai passi in avanti compiuti dal tennistaBerrettini 2 romano, il quale dispone di un servizio molto potente che raggiunge e supera punte di 200 km/h, un fondamentale con il quale Berrettini mette a referto tanti ace a partita; oltre a quello, il tennista romano ha un dritto a chiudere efficace, colpo con cui ottiene punti importanti, sia nei turni di servizio, sia in risposta; non male, inoltre, il gioco di volo, che Berrettini, ogni tanto, ha messo efficacemente in mostra nella finale contro il tennista iberico.

La crescita tecnico-tattica e di gestione della gara di Berrettini si sono materializzate torneo dopo torneo, punto dopo punto; negli highlights della finale, possiamo notare come il tennista azzurro abbia vinto i punti cruciali dell’incontro, sebbene regnasse un perfetto equilibrio, nei turni di servizio, tra i due contendenti per il titolo (l’unico break in tutto il match lo ha ottenuto Berrettini nel secondo set quando Bautista Agut si trovava a servire sotto 4-5, ed è stato proprio il break che ha consentito a Berrettini di chiudere il match in due set).

Malgrado i punti vinti giocando un tennis variegato, sulla scia delle soluzioni di Fognini e di Cecchinato, Berrettini si differenzia tecnicamente, e non poco, dal gioco dei due suoi connazionali. La chiave del suo tennis, infatti, si basa prevalentemente sul servizio e sul dritto, grazie anche alla mole e all’altezza, due elementi che si adattano paradossalmente meglio alle superfici rapide, un po’ come tutti i professionisti alti sopra al metro e novanta di statura.
Se queste qualità sostengono Berrettini in molteplici aspetti del gioco portandogli spesso punti diretti, in altre situazioni, però, tendono a penalizzarlo per quanto riguarda il timing sulla palla e gli spostamenti brevi, non ancora ottimali per diventare un top player.
I miglioramenti, in ogni caso, vi sono stati e i frutti del lavoro svolto con il coach Vincenzo Santopadre sono maturati passo dopo passo. Ma, come ha dichiarato lo stesso allenatore di Berrettini ai microfoni di Supertennis Tv, è bene, per il tennista romano, rimanere con i piedi per terra, continuare a lavorare ed evitare quindi di “sedersi” dopo aver vinto un torneo; segnali incoraggianti che il maestro manda all’allievo, con l’auspicio che la vittoria a Gstaad rappresenti solo il preludio di una lunga e fruttuosa carriera.

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Doppio trionfo azzurro: Fabio Fognini vince l’ATP 250 di Bastad, Marco Cecchinato l’ATP 250 di Umag

Giornata storica per il tennis italiano al maschile. Fabio Fognini e Marco Cecchinato hanno vinto, per parte, un torneo ATP 250 nello stesso giorno, il 22 luglio 2018: lo Swedish Open, a Bastad, conquistato da Fognini; il Croatia Open, a Umag, vinto da Cecchinato.
FogniEntrambi teste di serie numero tre del proprio tabellone, Fognini e Cecchinato hanno espresso un livello di gioco che ha consentito loro di imporsi in finale contro avversari non facili da superare. Il tennista di Arma di Taggia ha incontrato Fernando Verdasco e Richard Gasquet, rispettivamente nella semifinale e nella finale del torneo svedese; due ex top ten, il cui best ranking è stato per entrambi di numero 7 e che, stando alle statistiche, vantano un bilancio positivo nei tornei 250 vinti: Verdasco ha conquistato 6 tornei ATP 250 su 7; Gasquet, su 15 tornei ATP 250, li ha vinti tutti e 15. Dati che rafforzano l’impresa compiuta da Fognini contro due avversari esperti, un successo che permette al numero uno del tennis italiano di:
– vincere il settimo titolo in carriera (5 su 7 vinti sulla terra nel mese di luglio, a cavallo tra la stagione su erba e quella su cemento, in quello che sembra essere un rituale per Fognini);
– avvicinarsi sempre di più al proprio best ranking di 13 (con la vittoria a Bastad, Fognini diventa numero 14 del mondo);
– migliorare la propria posizione nella “Race To London” al numero 12.

Similmente si può dire di Marco Cecchinato che, dopo l’exploit sorprendente al RolandCecchi Garros, ha vinto il Croatia Open di Umago, liquidando un avversario ostico nell’ultimo atto del torneo: l’argentino Guido Pella, giocatore mancino, dotato di accelerazioni insidiose e di una buona mano nei pressi della rete.
Il tennista palermitano, con la vittoria ad Umag, aggiunge nuovi tasselli alla bacheca personale:
vincendo il secondo torneo ATP 250 in carriera;
bissando il suo miglior ranking (da 27 a 22, proprio grazie alla vittoria ad Umago);
– entrando per la prima volta nella “Race To London” al numero 10, appena due piazze sopra al collega e connazionale Fognini.

Numeri confortanti per il tennis italiano, dettati – non solo dal periodo positivo che il movimento sta attraversando, grazie all’ingresso nei tabelloni principali di più tennisti azzurri (nel solo torneo di Bastad, gli italiani in tabellone erano Fognini, Bolelli, Berrettini e Sonego) – ma anche dalle migliorie attuate dai singoli giocatori. Fognini è probabilmente progredito nella gestione della partita, nell’avvicinarsi maggiormente alla riga di fondo campo per guadagnare più terreno e lavorare meglio ai fianchi l’avversario; Cecchinato è cresciuto con la prima di servizio che spesso raggiunge e supera i 190 km/h, con la rapidità delle accelerazioni da fondo campo (soprattutto con il dritto a sventaglio per chiudere gli scambi), alternando valide variazioni di tocco, come la palla corta.

Quando si trova al comando degli scambi, Fognini posiziona i piedi vicino alla riga di fondo campo. Rispetto al passato, il tennista ligure adotta un gioco più aggressivo e meno remissivo. Lo si può vedere negli highlights della finale contro Gasquet, dove Fognini tende ad avvicinare i piedi alla riga per imporre il proprio gioco:

Cecchinato alterna vincenti con accelerazioni poderose, a pregevoli giocate di tocco come la smorzata. Possiamo notare i progressi del tennista palermitano nella finale contro Pella:

Il tennis italiano maschile sta dunque emergendo in quantità e qualità. Fognini e Cecchinato tengono alto l’orgoglio azzurro, con le loro vittorie e le loro scalate, ma non bisogna dimenticarsi dei più giovani come Berrettini e Sonego che migliorano nel tempo ma a cui ancora manca l’exploit decisivo.

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