Gli appassionati di tennis sperano che i Fab Four (Federer, Nadal, Djokovic e Murray) – in particolare Federer e Nadal – continuino a giocare a livelli entusiasmanti per altri anni, in quanto, molti di loro, oltre ad una mera questione di tifo e di amore verso il tennis, non vedono all’orizzonte qualcuno, tra le giovani promesse, che abbia un tennis sufficientemente incisivo da potersi avvicinare alle imprese compiute dallo svizzero e dallo spagnolo in passato. Il circuito ATP andrebbe certamente avanti con l’assenza dei Fab Four, ma sarebbe inevitabile, per chi ama il tennis, nutrire un senso di nostalgia verso due leggende di questo sport come Federer e Nadal, che hanno segnato intere generazioni e che continuano a segnarle, malgrado siano ormai passati più di dieci anni dalle finali storiche di Roma e di Wimbledon, dove i due, giovanissimi, si trovavano nel fior fiore della loro avvincente rivalità sportiva.
Più tardi sarebbero emersi Novak Djokovic e Andy Murray, sebbene in misura minore rispetto a Federer e Nadal in termini di vittorie, record bissati e spettacolarità di gioco (specialmente lo scozzese, ancora molto lontano dai bottini espugnati dagli altri tre); Djokovic e Murray, dal 2011 al 2016, hanno espresso però un livello di tennis tale da accantonare in più occasioni lo strapotere dell’elvetico e del maiorchino, quelli che, fino a quel momento, erano i due più grandi dominatori del circuito ATP, il numero uno e il numero due del ranking a correnti alterne.
Con l’affermazione di Djokovic nel 2011 (sfiorato il Career Grande Slam con le vittorie degli Australian Open, Wimbledon e gli US Open) e la consacrazione successiva di Murray nel 2012 (vittoria agli US Open), veniva fuori appunto “il mito dei Fab Four”, nome che nasce in riferimento alla storica band dei Beatles e che successivamente è stato attribuito dai media ai quattro tennisti più forti dei tempi odierni o, se non ai più forti, senz’altro tra i più noti al pubblico, conoscitore e anche non conoscitore di tennis.
Sebbene attualmente vi siano dei fuoriclasse o dei futuri campioni (tra le Next Generation e non solo) ed è indubbio che vi siano, ad ogni modo, i tennisti delle nuove generazioni difficilmente potrebbero eguagliare o, addirittura, superare le imprese scalfite da un Federer o da un Nadal. I Fab Four, in fin dei conti, se oltre a Federer e Nadal aggiungessimo Djokovic e Murray dei tempi migliori, sono tra i pochi che hanno sempre dato una scossa all’opinione pubblica, proprio per i record realizzati e le sfide disputate uno contro l’altro nelle finali Slam. Come tutte le cose belle, però, anche Fedal terminerà, pur nell’amarezza dei tifosi del tennis. E a prendere il loro posto nel ranking chi ci sarà?
Un’ipotesi valida vede Alexander Zverev diventare prossimamente il nuovo numero 1 del mondo, non appena Federer e Nadal cederanno la corona alle nuove leve. Le possibilità per il giovane tennista di Amburgo di raggiungere la vetta della classifica ATP, sono quasi dietro l’angolo: basti pensare che, in una sola stagione, Zverev ha vinto due Masters 1000 come Roma, battendo in finale Djokovic, e Montreal, estromettendo in due set Federer, nell’atto conclusivo del torneo canadese.
Ad appena 20 anni, il tedesco è numero 4 del mondo, e questo fattore legato all’età, lascia intendere, già da ora, come Zverev possa essere uno dei protagonisti di spicco del circuito ATP negli anni a venire, sia perché ha il carattere per stare in vetta alla classifica (non sente la pressione di giocare contro i big del tennis e, come è già avvenuto, di batterli), sia perché ha il gioco per imporsi nei tornei importanti. E, in quel gioco, magari non spettacolare ma completo, oltre ad avere tutti i colpi ad altissimo livello, può contare molto sul rovescio, probabilmente uno dei migliori in circolazione tra quelli giocati a due mani.
Un altro nome che potrà ambire alla conquista di palcoscenici importanti, primo fra tutti il Roland Garros, è Dominic Thiem. L’austriaco ha mostrato un tennis stellare sulla terra battuta e, sebbene non sia una Next Gen, ha la stoffa per realizzare grandi imprese. Thiem dovrà però attendere la fine del dominio sul rosso di Rafael Nadal che, per il momento, rimane il vincitore indiscusso dello Slam parigino. L’austriaco – salvo l’ostacolo rappresentato proprio da Nadal che vanta due vittorie al Roland Garros, in due scontri diretti, sul tennista di Wiener Neustadt (il primo risale al secondo turno del RG 2014 quando il maiorchino vinse 6-2, 6-2, 6-3; il secondo è la semifinale del RG 2017, nella quale Nadal si impose per 6-3, 6-4, 6-0) – ha dato prova di esprimere un livello di tennis molto alto attraverso delle accelerazioni esplosive che lo rendono un giocatore ostico per chiunque. Il suo gioco rende paradossalmente meglio sul rosso perché Thiem resta abitualmente molto dietro alla linea di fondo campo e riesce a destreggiarsi bene sia in fase difensiva che quando lascia andare le sue poderose sventagliate.
Un terzo nome, non meno importante, è quello di David Goffin, che nel finale del 2017, ha tirato fuori un tennis da top five. Non è riuscito a vincere le Finals di Londra (perse nell’ultimo atto contro Grigor Dimitrov) e la finale di Coppa Davis in Francia, ma i trionfi su Nadal e Federer alla O2 Arena e i due punti portati al Belgio in Coppa Davis, a Lille, hanno evidenziato il salto di qualità del belga, classe ’90; salto di qualità esploso in una seconda fase della sua carriera, che potremmo definire della maturità.
Se il tennista di Rocourt continuerà ad esprimere quel livello di tennis propositivo che lo ha portato a liquidare Nadal, Federer e Tsonga nel giro di due settimane e ad arrivare in finale a Londra, potrà puntare a traguardi ancora più soddisfacenti, primo fra tutti la conquista di uno Slam che ancora manca nella sua bacheca. Volendo azzardare un accostamento pugilistico sul belga, potremmo definirlo un peso leggero con dei colpi da pesi massimi. È infatti un giocatore dal fisico mingherlino che fa leva sulla rapidità dei piedi negli spostamenti, che arriva bene sulla palla ed ha al contempo, dalla sua, un tennis offensivo, fatto di vincenti e discese a rete. Anche Goffin, come Zverev, ha nel rovescio il suo marchio di fabbrica.
La vera sorpresa che potrebbe, tra gli altri, raggiungere la vetta della classifica ATP, si chiama Grigor Dimitrov. Il bulgaro, attuale numero 3 del mondo (fin’ora suo best ranking), ha chiuso il 2017 vincendo il Master 1000 di Cincinnati e le Finals di Londra, tra lo stupore generale del pubblico, a seguito di annate tutt’altro che esaltanti (si pensi al 2015 e al 2016 dove il bulgaro non ha collezionato alcun trofeo, nemmeno tra gli ATP 250). Il tennista di Haskovo ha il talento per stare nei primi cinque del mondo; bisogna però capire se riuscirà a dare continuità al suo gioco, oppure se vivrà altre stagioni sotto tono, come quelle degli anni passati (2015 e 2016).
Per finire, tra le Next Generation, spicca il nome di Andrej Rublëv, più indietro degli appena citati in termini di punti e classifica, ma con il gioco adatto a sfondare. Se il russo trovasse sempre, con le sue accelerazioni devastanti, l’incrocio delle righe, diventerebbe semplicemente ingiocabile per tutti. Il problema più grande di Rublëv, però, è che ha un
tennis rischioso e con pochissime variazioni. Questo vuol dire che, forzando tutte le palle, ha più possibilità di errore rispetto agli altri giocatori. In questo aspetto, assomiglia molto al connazionale Karen Chačanov per il tipo di soluzioni tecniche. Se aggiungesse qualche variazione al suo gioco, il russo potrebbe ridurre i rischi nelle scelte tattiche e, di conseguenza, trovare più regolarità nel gioco.
Ci sarebbero poi altri candidati alla top five, naturalmente. Non è da escludere un ritorno scoppiettante di Juan Martin Del Potro che, seppur attualmente non si trovi ai suoi massimi storici, può però tornare a competere ad armi pari con i top players del circuito. Magari non da numero uno del mondo per un tempo ininterrotto, però tra i primi cinque della classifica è probabile. Dipenderà tutto dalla sua condizione fisica, lontano da ulteriori infortuni, che in passato lo hanno destabilizzato in modo determinante; a scanso di inconvenienti, infatti, Del Potro ha il gioco e lo spirito di sacrificio per valere tra i primi al mondo.

Quanto agli infortunati del 2017, come Djokovic, Murray, Wawrinka, Nishikori e Raonic, per loro si apre una nuova fase. E in questi casi, o è una fase esaltante, tale per cui ognuno di loro ritroverà il suo miglior tennis, oppure, al contrario, risulterà al di sotto delle aspettative. Specialmente per i primi tre che ormai hanno superato i 30 anni, il 2018 sarà l’anno delle conferme, forse quello decisivo nell’economia della loro carriera per capire se potranno stare ancora dietro a Federer e a Nadal in classifica o, al contrario, se allenteranno definitivamente la presa.
Federico Bazan © produzione riservata