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Torneo Internazionale al Circolo Antico Tiro a Volo di Roma

Si è conclusa, in data odierna, la dodicesima edizione dell’ATV Tennis Open, che si è tenuta nella cornice del Circolo romano Antico Tiro a Volo. Una edizione che ha ospitato tenniste, tra la numero 100 e la numero 900 del mondo, sotto la supervisione del Presidente del Circolo Giorgio Averni, il Direttore del Torneo Adriano Albanesi, il Comitato organizzativo Giuseppe Centro e tutto lo staff che ha reso possibile lo svolgimento dell’evento.
Tante le giocatrici italiane presenti in tabellone, dalle più esperte alle più giovani e fresche: veterane del circuito come Martina di Giuseppe, Federica di Sarra, Stefania Rubini e Anastasia Grymalska, ma anche alcune stelle nascenti come Anastasia Abbagnato, Federica Urgesi, Francesca Pace, Diletta Cherubini e Melania Delai. Tutte unite in un unico obiettivo: cercare di andare avanti nel torneo e regalare spettacolo al pubblico presente.
Tra i risultati di rilievo delle giocatrici azzurre, sono da menzionare: i quarti di finale raggiunti da Lucrezia Stefanini (attuale numero 179 del ranking WTA) e la serie di vittorie nel doppio di Camilla Rosatello (attuale numero 259) che, insieme alla francese Estelle Cascino, è arrivata in finale, sfiorando il successo, contro la coppia formata dalla colombiana Andrea Gámiz e l’olandese Eva Vedder.
Oltre alle nostre tenniste, il torneo ha visto l’incredibile cavalcata, a partire dalle qualificazioni, della sorpresa croata Tara Wurth che, da numero 357 del mondo e a soli diciannove anni, si è imposta, in finale, sulla testa di serie numero 1 del torneo Chloé Paquet, tennista francese classe ’94, vicina ad entrare nelle prime 100 del circuito e ad esordire nel main draw degli US Open.

L’Antico Tiro a Volo si rinnova ogni anno affidandosi alla qualità dell’evento ed organizza, dal 2010 ad oggi, il torneo ITF da 60.000 dollari di montepremi complessivo, un appuntamento irrinunciabile per le tenniste di tutto il mondo, nel periodo di luglio prima degli Internazionali Femminili di Palermo e del cambio di superficie sul cemento americano. Un evento adatto, non solo a tenniste di livello e già affermate, ma anche a giocatrici emergenti che vorrebbero, un giorno, potersi misurare con le migliori campionesse del circuito WTA.

Foto di: Stefano Tarallo

Federico Bazan © produzione riservata

La storia del tennista carioca Fernando Romboli: dagli albori all’amore per l’Italia

Titoli e momenti di felicità fanno parte della vita di un tennista. Per Fernando Romboli, l’attuale numero 92 della classifica ATP di doppio, non è diverso.

Fernando Romboli Cordoba Open 2020

Fernando Romboli in azione nel torneo ATP 250 di Córdoba in Argentina

Il carioca, nato a Rio De Janeiro nel 1989, sta vivendo, all’età di 31 anni, un periodo indimenticabile della propria carriera. Il tennista sudamericano, infatti, sta raccogliendo, a poco a poco, i frutti del lavoro e dei sacrifici sin qui fatti per giocare a tennis ad alti livelli. Dai primi tornei ITF disputati in giovanissima età, Romboli scopre oggi un mondo nuovo all’interno del circuito ATP: all’inizio del 2020 prende parte, prima della pandemia di Coronavirus, ai tornei 250 di Córdoba, Buenos Aires, Santiago del Cile e al 500 di Rio de Janeiro, sua città natale.
La voglia di crescere e di misurarsi con nuove realtà sono due prerogative essenziali di un tennista professionista. A queste si aggiunge, per Romboli, un rapporto speciale con l’Italia. La storia del giocatore sudamericano nel Bel Paese comincia nel 2016 quando, il carioca, partecipa ai Campionati degli Affiliati, con la speranza di guadagnare qualcosa in più rispetto ai tornei in Brasile e con la voglia di mettersi in gioco in un contesto lontano dalla propria terra d’origine.
È proprio a Messina, in Sicilia, che il tennista brasiliano ottiene il tesseramento come atleta straniero, nel suo primo Club in Italia, il Circolo del Tennis e Della Vela, restandovi per due anni. Durante questo periodo, Romboli fa la storia: nel primo anno, riesce a scongiurare la retrocessione in Serie B della squadra messinese, una responsabilità già molto difficile. L’anno dopo raggiunge una grande impresa, contribuendo alla promozione in Serie A del team: nella partita finale del Campionato a Squadre, infatti, Romboli vince l’ultimo e decisivo punto, regalando così l’accesso alla sua squadra nella Prima Divisione.
“È un’esperienza fantastica giocare Interclub”. Afferma il tennista carioca. “Mi piace veramente tanto. Un giocatore professionista normalmente non è abituato a questo. Siamo spesso soli in giro per il mondo e partecipare alle competizioni a squadre è sempre fantastico. Ci fornisce una buona base”.

Circolo della Vela

La squadra del Circolo della Vela di Messina dove il tennista brasiliano è stato uno dei protagonisti

Nel periodo dei tornei Interclub e di vita in giro per l’Europa, Romboli ha chiesto la cittadinanza in Italia. Avendo avuto un bisnonno italiano, è stato più facile per lui domandare la documentazione necessaria. Dopo aver ottenuto il passaporto, ora è ufficialmente cittadino italiano. I primi incontri del Campionato a Squadre, infatti, li ha giocati come cittadino straniero. Ma oggi, grazie ai documenti regolari, Romboli gode di numerosi benefici che contribuiscono molto alla sua carriera nel tennis.
“Ottenere la cittadinanza italiana mi ha aiutato molto. Sicuramente per rendere più semplici i tornei Interclub, in quanto alcuni hanno delle regole sul numero di stranieri che possono partecipare. Ma anche sulla questione dei viaggi. Nell’ultimo anno, sono rimasto cinque mesi all’interno dell’Unione Europea. Con un passaporto brasiliano, invece, non sarebbe stato possibile. In alcuni Paesi, ho anche diritto ad ottenere un visto elettronico, diverso dal Brasile.”

Nel 2019, Romboli ha cambiato Club e città, giocando per il TC 2002 di Benevento. Ancora una volta, il tennista sudamericano è riuscito ad evolvere il suo livello di tennis, raggiungendo un’altra promozione. Nel derby regionale, in finale contro San Giorgio Del Sannio, ha nuovamente conquistato il punto decisivo.
Nell’agosto dello stesso anno, il carioca, in coppia con il connazionale Fabrício Neis (175 ATP in doppio), ha vinto il Challenger di Manerbio in Lombardia. Nella finale del torneo, la coppia brasiliana ha sconfitto i francesi Fabien Reboul e Sadio Doumbia per 6-4, 7-5. Questo successo nel Challenger bresciano, ha permesso a Romboli di guadagnare 80 punti all’interno della classifica ATP: “Per me è sempre un piacere giocare in Italia. Partecipo a molti tornei in giro per il Paese. È come sentirsi a casa“.

Challenger Manerbio Romboli

La vittoria di Fernando Romboli nel Challenger di Manerbio in coppia con il connazionale Fabrício Neis

La storia di Romboli è fatta di sacrifici, ma anche di conquiste e gioie personali: all’inizio, specialmente per un tennista che non parte con delle grandi possibilità nel proprio Paese, le insidie sono inevitabili ma, pian piano che si superano, la strada comincia ad essere in discesa. E, per il carioca, questo lungo viaggio non è di certo finito qui.

Fonti narrazione e foto: Agência Start, Brasile

Federico Bazan © produzione riservata

Il quadro dei tornei del Grande Slam nel 2020

Grande Slam

Se ci sono le condizioni per la ripresa del tennis nei circoli sportivi, non altrettanto si può dire, al momento, per i tornei di livello internazionale. L’assembramento del pubblico negli stadi, infatti, rappresenta, ancora oggi, un potenziale rischio di contagio e di diffusione del virus. Proprio per questo motivo, gli organizzatori delle prove del Grande Slam hanno ridimensionato il programma dei tradizionali appuntamenti stagionali, prendendo di fatto delle decisioni inedite nella storia del tennis: il Roland Garros, che si disputa ogni anno tra la metà di maggio e i primi di giugno, verrà posticipato, per la prima volta, dal 20 settembre al 4 ottobre 2020. L’intenzione degli organizzatori francesi sarebbe, momentaneamente, quella di inaugurare il torneo a porte aperte, subito dopo gli US Open che, invece, restano confermati dal 24 agosto al 13 settembre, come da tradizione.

Il mondo del tennis si trova, quindi, a dover affrontare una situazione straordinaria che, per la sua imprevedibilità, obbliga gli organizzatori dei grandi tornei a prendere delle decisioni di medio, lungo periodo. Decisioni, tuttavia, discutibili.
Pensiamo alla programmazione ordinaria del calendario, totalmente stravolta: decidendo di far giocare due Slam così ravvicinati e su superfici diverse, potrebbe verificarsi, per molti tennisti, un problema di adattamento alla superficie, dovuto al cambio repentino delle condizioni di gioco.
Tra la fine degli US Open (in data 13 settembre) e l’inizio del Roland Garros (in data 20 settembre), i tennisti professionisti hanno soltanto una settimana di allenamento sulla terra battuta. Questo limite di tempo andrebbe ad incidere negativamente sul rendimento delle giocatrici e dei giocatori, in quanto, gli stessi, non possono disputare nessuno dei tornei su terra in preparazione allo Slam parigino, oltre ad avere a disposizione solamente sette giorni per ambientarsi alla terra rossa europea, arrivando direttamente dal cemento americano.
L’altro elemento che apre un nuovo scenario, vede i tennisti, con buone probabilità, doversi spostare a Indian Wells per giocare gli US Open, a causa dell’ondata di contagi che ha colpito la città di New York e che potrebbe non esaurirsi del tutto, da qui all’estate. Oltretutto, l’USTA (la United States Tennis Association) sta avanzando l’ipotesi di presentare la manifestazione a porte chiuse, il che comporterebbe un taglio enorme degli introiti di un torneo così grande, proprio a causa dell’assenza degli spettatori paganti.
Ma la notizia più scottante, probabilmente, arriva da Londra: per la prima volta nella storia, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, viene annullato il torneo di Wimbledon, lo Slam più antico del tennis che si tiene, ogni anno, nella cornice dell’All England Tennis Club tra la fine di giugno e i primi di luglio.
A causa della propagazione del virus in Gran Bretagna, il governo inglese ha deciso, a tutela della salute dei cittadini, di rimandare lo Slam di casa direttamente al 2021. Cancellando Wimbledon dal calendario degli eventi sportivi, di conseguenza, viene meno anche tutta la stagione su erba, superficie dove i professionisti WTA e ATP, non giocheranno, presumibilmente, per tutto il 2020.

Una programmazione nella quale Wimbledon salta e dove il Roland Garros e gli US Open sono uno a ridosso dell’altro, rischia di compromettere in modo drastico la spettacolarità degli appuntamenti più importanti del tennis.
Se da un lato viene privilegiata una linea conservativa per preservare le persone dall’eventualità del contagio, dall’altro lato a pagare il prezzo di questa situazione sono i tennisti professionisti, impossibilitati ad avere un recupero adeguato tra uno Slam e l’altro, e i rispettivi staff che ne seguono il rendimento. Così come, delusi, sono anche tutti gli spettatori che avevano comprato in anticipo il biglietto ma che non potranno guardare da vicino i propri beniamini.

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Non c’è due senza tre: arriva l’impresa di Matteo Berrettini a Gstaad dopo quelle di Fognini e Cecchinato

Dopo le vittorie, nella domenica del 22 luglio, di Fabio Fognini a Bastad e di Marco Cecchinato a Umag, arriva la grande settimana e una domenica da incorniciare anche per Matteo Berrettini, in data 29 luglio 2018.
Berrettini GstaadIl tennista romano, nato e cresciuto al Circolo Canottieri Aniene di Roma, si ritrova, nel giro di un anno, dal disputare tornei Futures e Challenger, a prendere parte al circuito maggiore: quel tanto atteso exploit su cui il tennis italiano puntava, si è avverato nel migliore dei modi, grazie al primo successo ATP in carriera di Berrettini a Gstaad, dove il tennista nostrano si è imposto, nell’ultimo atto del torneo svizzero, per 7-6, 6-4 contro lo spagnolo Roberto Bautista Agut, numero 17 del ranking. Finalmente, dopo diversi infortuni patiti in passato, Berrettini avrà la possibilità di affermarsi nel circuito ATP ed essere, insieme a Fognini e Cecchinato, il terzo grande protagonista del tennis italiano, anche in chiave Coppa Davis.
Berrettini, durante tutto il torneo, ha dato prova di poter competere contro i primi 50 tennisti del mondo, liquidando tre delle teste di serie presenti in tabellone: Andrey Rublev (testa di serie numero 4), Feliciano Lopez (testa di serie numero 8) e Roberto Bautista Agut (testa di serie numero 2). Numeri e dati incoraggianti se si pensa a come Berrettini non abbia mai perso il servizio in tutto il torneo e non abbia mai concesso nemmeno un set agli avversari; aspetti legati ai passi in avanti compiuti dal tennistaBerrettini 2 romano, il quale dispone di un servizio molto potente che raggiunge e supera punte di 200 km/h, un fondamentale con il quale Berrettini mette a referto tanti ace a partita; oltre a quello, il tennista romano ha un dritto a chiudere efficace, colpo con cui ottiene punti importanti, sia nei turni di servizio, sia in risposta; non male, inoltre, il gioco di volo, che Berrettini, ogni tanto, ha messo efficacemente in mostra nella finale contro il tennista iberico.

La crescita tecnico-tattica e di gestione della gara di Berrettini si sono materializzate torneo dopo torneo, punto dopo punto; negli highlights della finale, possiamo notare come il tennista azzurro abbia vinto i punti cruciali dell’incontro, sebbene regnasse un perfetto equilibrio, nei turni di servizio, tra i due contendenti per il titolo (l’unico break in tutto il match lo ha ottenuto Berrettini nel secondo set quando Bautista Agut si trovava a servire sotto 4-5, ed è stato proprio il break che ha consentito a Berrettini di chiudere il match in due set).

Malgrado i punti vinti giocando un tennis variegato, sulla scia delle soluzioni di Fognini e di Cecchinato, Berrettini si differenzia tecnicamente, e non poco, dal gioco dei due suoi connazionali. La chiave del suo tennis, infatti, si basa prevalentemente sul servizio e sul dritto, grazie anche alla mole e all’altezza, due elementi che si adattano paradossalmente meglio alle superfici rapide, un po’ come tutti i professionisti alti sopra al metro e novanta di statura.
Se queste qualità sostengono Berrettini in molteplici aspetti del gioco portandogli spesso punti diretti, in altre situazioni, però, tendono a penalizzarlo per quanto riguarda il timing sulla palla e gli spostamenti brevi, non ancora ottimali per diventare un top player.
I miglioramenti, in ogni caso, vi sono stati e i frutti del lavoro svolto con il coach Vincenzo Santopadre sono maturati passo dopo passo. Ma, come ha dichiarato lo stesso allenatore di Berrettini ai microfoni di Supertennis Tv, è bene, per il tennista romano, rimanere con i piedi per terra, continuare a lavorare ed evitare quindi di “sedersi” dopo aver vinto un torneo; segnali incoraggianti che il maestro manda all’allievo, con l’auspicio che la vittoria a Gstaad rappresenti solo il preludio di una lunga e fruttuosa carriera.

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Doppio trionfo azzurro: Fabio Fognini vince l’ATP 250 di Bastad, Marco Cecchinato l’ATP 250 di Umag

Giornata storica per il tennis italiano al maschile. Fabio Fognini e Marco Cecchinato hanno vinto, per parte, un torneo ATP 250 nello stesso giorno, il 22 luglio 2018: lo Swedish Open, a Bastad, conquistato da Fognini; il Croatia Open, a Umag, vinto da Cecchinato.
FogniEntrambi teste di serie numero tre del proprio tabellone, Fognini e Cecchinato hanno espresso un livello di gioco che ha consentito loro di imporsi in finale contro avversari non facili da superare. Il tennista di Arma di Taggia ha incontrato Fernando Verdasco e Richard Gasquet, rispettivamente nella semifinale e nella finale del torneo svedese; due ex top ten, il cui best ranking è stato per entrambi di numero 7 e che, stando alle statistiche, vantano un bilancio positivo nei tornei 250 vinti: Verdasco ha conquistato 6 tornei ATP 250 su 7; Gasquet, su 15 tornei ATP 250, li ha vinti tutti e 15. Dati che rafforzano l’impresa compiuta da Fognini contro due avversari esperti, un successo che permette al numero uno del tennis italiano di:
– vincere il settimo titolo in carriera (5 su 7 vinti sulla terra nel mese di luglio, a cavallo tra la stagione su erba e quella su cemento, in quello che sembra essere un rituale per Fognini);
– avvicinarsi sempre di più al proprio best ranking di 13 (con la vittoria a Bastad, Fognini diventa numero 14 del mondo);
– migliorare la propria posizione nella “Race To London” al numero 12.

Similmente si può dire di Marco Cecchinato che, dopo l’exploit sorprendente al RolandCecchi Garros, ha vinto il Croatia Open di Umago, liquidando un avversario ostico nell’ultimo atto del torneo: l’argentino Guido Pella, giocatore mancino, dotato di accelerazioni insidiose e di una buona mano nei pressi della rete.
Il tennista palermitano, con la vittoria ad Umag, aggiunge nuovi tasselli alla bacheca personale:
vincendo il secondo torneo ATP 250 in carriera;
bissando il suo miglior ranking (da 27 a 22, proprio grazie alla vittoria ad Umago);
– entrando per la prima volta nella “Race To London” al numero 10, appena due piazze sopra al collega e connazionale Fognini.

Numeri confortanti per il tennis italiano, dettati – non solo dal periodo positivo che il movimento sta attraversando, grazie all’ingresso nei tabelloni principali di più tennisti azzurri (nel solo torneo di Bastad, gli italiani in tabellone erano Fognini, Bolelli, Berrettini e Sonego) – ma anche dalle migliorie attuate dai singoli giocatori. Fognini è probabilmente progredito nella gestione della partita, nell’avvicinarsi maggiormente alla riga di fondo campo per guadagnare più terreno e lavorare meglio ai fianchi l’avversario; Cecchinato è cresciuto con la prima di servizio che spesso raggiunge e supera i 190 km/h, con la rapidità delle accelerazioni da fondo campo (soprattutto con il dritto a sventaglio per chiudere gli scambi), alternando valide variazioni di tocco, come la palla corta.

Quando si trova al comando degli scambi, Fognini posiziona i piedi vicino alla riga di fondo campo. Rispetto al passato, il tennista ligure adotta un gioco più aggressivo e meno remissivo. Lo si può vedere negli highlights della finale contro Gasquet, dove Fognini tende ad avvicinare i piedi alla riga per imporre il proprio gioco:

Cecchinato alterna vincenti con accelerazioni poderose, a pregevoli giocate di tocco come la smorzata. Possiamo notare i progressi del tennista palermitano nella finale contro Pella:

Il tennis italiano maschile sta dunque emergendo in quantità e qualità. Fognini e Cecchinato tengono alto l’orgoglio azzurro, con le loro vittorie e le loro scalate, ma non bisogna dimenticarsi dei più giovani come Berrettini e Sonego che migliorano nel tempo ma a cui ancora manca l’exploit decisivo.

Federico Bazan © produzione riservata

La rinascita di Novak Djokovic: il tennista serbo ritrova le trame del suo miglior tennis

Da quando Novak Djokovic completò il Career Grande Slam nel 2016 – conquistando il Roland Garros, l’unico Slam che mancava alla sua collezione di trofei – ebbe inizio una parabola discendente di risultati per il tennista serbo: Nole perse le motivazioni e il tennis per continuare a volare alto. Furono tante le uscite di scena ai primi turni dei diversi tornei, contro giocatori, per il suo livello reale di gioco, non irresistibili.
Nel 2017, l’infortunio al gomito, lo stop forzato, l’interruzione del sodalizio con il suo team, l’uscita dalla top ten. Nel 2018, la riconciliazione con il coach Marian Vajda e la lenta rinascita.
Come un motore pronto a carburare, il tennista di Belgrado – a seguito delle criticità incontrate nel tempo e dei lunghi digiuni negli Slam – ad oggi ritrova le impronte dei suoi massimi storici, datati 2011 e 2015. Non stiamo ancora assistendo al Djokovic in versione “robot” di quegli anni, ma il serbo, dalla stagione sul rosso alla conquista odierna di Wimbledon, sta racimolando risultati in crescendo, che lasciano sperare, ai suoi sostenitori, un ritorno alle origini: semifinale a Roma, quarti di finale al Roland Garros, finale al Queen’s, fino ad arrivare alla vittoria dello Slam londinese. E la stagione non è ancora alle porte per l’ex numero 1 del mondo…

Djokovic led by two sets to one when play was halted on Friday evening and the Serb returned under the Centre Court roof to win the second longest men's semi-final in Wimbledon history at five hours and 14 minutes.(Photo: 2018)

Dal punto di vista tecnico, si è visto come Djokovic stia recuperando le sue soluzioni di gioco migliori: la vittoria contro Nadal, in semifinale a Londra, non è solo stata una mera lotta di nervi dove ha regnato l’equilibrio, ma è stata una partita nella quale Djokovic ha dimostrato di essere quasi inscalfibile sulla diagonale del rovescio. Rovescio che il serbo sa giocare, non solo per tenere lo scambio e per contenere le accelerazioni avversarie, ma anche per impattare con grande anticipo e tirare un buon numero di vincenti a partita; un’arma letale, che Nadal, nei match persi contro il serbo, ha spesso accusato, proprio sulla diagonale e sul lungo linea.
Per quanto riguarda la finale, Djokovic ha prevalso sulla sorpresa del torneo londinese, il sudafricano Kevin Anderson, giocatore molto insidioso sulle superfici veloci, per tutti, compresi i top players; ma anche in questo caso, il serbo ha dato prova di una grande maturità: avanti di due set a zero, Djokovic è rimasto sempre attaccato al suo avversario nel punteggio, anche quando avrebbe potuto concedere qualcosa ad Anderson. E invece non ha concesso nulla, proprio perchè Djokovic, quando era numero 1 del mondo, riusciva a mantenere costante il livello di concentrazione durante tutto l’arco della gara e a vincere partite complesse, senza mai disunirsi. E questi dettagli li si notano dal tempo che si prende tra un punto e l’altro, dall’attenzione meticolosa in risposta, da una serie di azioni abitudinarie in campo che Djokovic non può trascurare.

Grazie al successo di Wimbledon, il serbo tornerà nei primi dieci giocatori del ranking ATP e, da che partiva numero 21 prima dell’inizio dello Slam su erba, diventerà il nuovo numero 10 del mondo; un numero il 21, in classifica, impensabile per uno come Djokovic, abituato a difendere tanti punti in top ten e a rimanerci per anni.
Ora bisognerà attendere come emergerà il rendimento di Djokovic nei prossimi appuntamenti, tra cui i Masters 1000 su cemento e gli US Open, per capire se la vittoria a Wimbledon di oggi sia figlia di un periodo particolarmente favorevole per il serbo, o se questa rappresenti il punto di svolta di un campione che gli appassionati hanno avuto modo di vedere e apprezzare in passato e che vorrebbero rivedere tornare in auge.

Fonti: foto di https://www.deccanchronicle.com/sports/tennis/140718/wimbledon-2018-novak-djokovic-rafael-nadal-kevin-anderson-john-isner.html

Federico Bazan © produzione riservata

Si ferma in semifinale l’impresa storica di Marco Cecchinato: il tennista azzurro esce di scena a testa alta tra gli applausi del pubblico parigino

Ha dato il possibile, e forse qualcosa in più, Marco Cecchinato, dall’inizio alla fine del torneo, in quella che è e rimarrà una cavalcata memorabile al Roland Garros per il tennista palermitano, il suo staff e il movimento del tennis italiano.
Per la prima volta, “Ceck” ha alzato ad un livello, fino a poco tempo fa impensabile, la qualità e la varietà del suo gioco, ma ciò non è bastato a superare un’impresa ancora più grande: battere un ispirato e solido Dominic Thiem, numero 8 del mondo, per arrivare a giocare la finale al Philippe Chatrier, contro tutti i pronostici del caso; un’ipotesi auspicata da tanti appassionati italiani che hanno seguito con grande trasporto questa edizione del Roland Garros e che hanno sperato, dopo la vittoria contro Novak Djokovic ai quarti di finale, che il tennista italiano potesse vincere il Roland Garros sulle ali dell’entusiasmo, a distanza di 42 anni dall’ultima volta che vi riuscì Adriano Panatta. La fame di conquista, in effetti, era tanta, visto il lungo digiuno nel tennis maschile per quanto riguarda la vittoria di un Grande Slam. Quel che ha fatto, però, un Cecchinato superlativo, è stato eguagliare Corrado Barazzutti, che fu l’ultimo tennista italiano a raggiungere la semifinale del torneo parigino nel 1978.

Il giocatore azzurro, da numero 100 del mondo ad inizio 2018, ha giocato alla pari e ha superato tennisti tra i primi 15 del ranking, fino a spingersi in semifinale in un Grande Slam; una semifinale dove ha perso non poi così nettamente, malgrado quanto riporti il punteggio finale di 7-5, 7-6, 6-1. Andando ad analizzare l’andatura dell’incontro, infatti, Cecchinato ha avuto la possibilità di servire al tie break del secondo set per pareggiare i conti e portarsi un set pari; ma Thiem ha dato prova di essere un rullo compressore dall’inizio alla fine dell’incontro, sfruttando al meglio tutte le occasioni. E lì poi si vede la differenza tra un buon giocatore e un top player, ovvero che, nei momenti cruciali, il grande campione alza il livello di gioco e riesce a convertire in proprio favore le palle del game o del set.
L’austriaco ha poi continuato a martellare con le sue accelerazioni pesanti e arrotate, a recuperare ogni palla corta di Cecchinato. Ha dato sempre l’idea di esserci e di non dare nulla per scontato. Pur giocando lontano dalla riga di fondo campo, Thiem si muoveva con scioltezza, mostrando forse una maggiore freschezza del suo avversario.
Cecchinato ha avuto le sue chance nel secondo parziale, una palla set con servizio a disposizione, che, se avesse convertito, probabilmente avrebbe girato la partita in un altro modo, come poi ha affermato lo stesso Thiem nell’intervista a fine match. Ma, tra i due, ha prevalso la palla più pesante dell’austriaco che, a parte qualche sbavatura a rete, ha sempre mosso meglio il gioco.

Bene comunque per Cecchinato che, oltre a quanto di buono fatto nel corso della manifestazione, guadagnerà una ventina di posizioni nel ranking (da attuale 47 del mondo, entrerà nei primi 30), un montepremi inedito per la sua vita e la sua carriera, pari a 560.000 euro, e otterrà, oltre al riconoscimento degli appassionati di tennis e dei colleghi del circuito, anche una considerazione importante per una eventuale convocazione in Coppa Davis: il Capitano Corrado Barazzutti, infatti, potrà schierarlo titolare nei prossimi appuntamenti avvalendosi di una soluzione estremamente valida per tutta la formazione, in singolare e in doppio, al fianco dell’attuale numero 1 del tennis italiano, Fabio Fognini.

L’augurio del mondo del tennis è che, per Cecchinato, questa cavalcata di vittorie al Roland Garros, possa rappresentare l’inizio e la continuazione di una nuova carriera, all’insegna del successo. Che è poi la parola chiave di cui tutto il tennis italiano ha bisogno.

Federico Bazan © produzione riservata

Marco Cecchinato da sogno a realtà: il tennista palermitano è in semifinale al Roland Garros

Adriano Panatta vince il RG 1976Non accadeva dal 1978 che un tennista italiano arrivasse in semifinale al Roland Garros: l’ultimo a riuscirci fu Corrado Barazzutti. Mentre, a vincerlo, vi furono solamente Nicola Pietrangeli nel 1959 e 1960 e Adriano Panatta nel 1976.
Oggi, in un’epoca successiva a Pietrangeli, Panatta e Barazzutti, esce fuori il nome di Marco Cecchinato, che, a distanza di 40 anni dal traguardo raggiunto proprio da Barazzutti, torna a far rivivere momenti toccanti al movimento del tennis italiano e a tutti i suoi appassionati, entrando nel tabellone principale del Roland Garros e spingendosi avanti, lungo tutto l’arco del torneo, con grande personalità.
Una personalità che nasce probabilmente dalla maturità, raggiunta dal tennista azzurro, sotto diversi punti di vista: prima di tutto mentale, per quanto riguarda la gestione delle situazioni delicate durante il match e l’importanza dei punti chiave: Cecchinato, in un evento di grande portata come uno Slam, non ha avuto “il braccino” quando c’era da servire per il match, ma ha spesso tirato fuori il meglio di sé andando a conquistarsi la vittoria contro dei top players che non hanno “tenuto botta” al suo gioco; ma anche una maturità tecnico-tattica: si è visto un Cecchinato in fiducia con tutti i fondamentali e, contrariamente a quanto si vedeva qualche anno fa, un rovescio nettamente più efficace, tanto da sentire sicuro il vincente lungo linea con questo colpo. Sappiamo, probabilmente, che il dritto e il servizio sono i colpi che fanno da padrone nel tennis del palermitano, se guardassimo i punti diretti ottenuti dal tennista azzurro nell’arco del torneo; ma il rovescio non si è dimostrato da meno.
Inoltre, Cecchinato, può vantare “un piano b” nel suo bagaglio: gli abbiamo visto giocare spesso delle palle corte vincenti o soluzioni alternative alle accelerazioni da fondo campo come i colpi stretti e gli schiaffi di dritto al volo. Lo ha dimostrato soprattutto nel quarto di finale contro Novak Djokovic, dove Cecchinato è venuto spesso avanti a prendersi il punto.

Dal punto di vista dei risultati ottenuti, Cecchinato ha realizzato, in un solo anno, quello che potremmo definire “un passo da gigante”: partiva dal circuito Challenger fino al 2017, per poi allenarsi duramente e diventare, sulla scena internazionale, uno dei primi 50 giocatori al mondo e, probabilmente, con il livello di tennis che sta esprimendo attualmente, uno dei più temibili sulla terra battuta. Il palermitano, infatti, nel solo 2018, ha vinto il suo primo torneo ATP 250 a Budapest, liquidando, tra gli altri, in semifinale, il connazionale e idolo di infanzia, Andreas Seppi; ha ottenuto una vittoria abbastanza significativa contro Fabio Fognini al primo turno del 250 di Monaco di Baviera; ha fatto partita alla pari, agli Internazionali d’Italia, contro la testa di serie numero 9 del torneo David Goffin, pur perdendo in tre set.
Ma la grande rivelazione arriva proprio al Roland Garros, tra lo stupore generale del pubblico: Cecchinato vince una partita complicatissima contro Marius Copil, da 2 set sotto di svantaggio; supera l’argentino Marco Trungelliti al secondo turno; liquida successivamente Pablo Carreño Busta (numero 11 del mondo e testa di serie numero 10 del torneo); si riprende lo scalpo di David Goffin dopo la sconfitta a Roma (numero 9 del mondo e testa di serie numero 8 del torneo); e, ai quarti di finale, ha la meglio sull’ex numero 1 del mondo Novak Djokovic, vincitore del Roland Garros nel 2016.
Risultati, figli del fatto che, oltre a Fabio Fognini, il tennis italiano sta aprendo le porte ad un nuovo protagonista molto interessante, anche in ottica Coppa Davis. 

Marco Cecchinato vince i quarti al RG
La favola per il tennista palermitano continua. Troverà Dominic Thiem in semifinale. Gli appassionati del tennis italiano e tutto il movimento sperano in un’altra grande impresa, firmata Marco Cecchinato. Sognare non costa, ma se l’attuale numero due del tennis italiano ha liquidato con pieno merito tre dei top players presenti in tabellone, vuol dire che potrà farlo anche con i prossimi due, Rafael Nadal permettendo.

Fonti:
statistiche di Panatta nel ranking history
foto di Cecchinato del Coni

Federico Bazan © produzione riservata

Il ritiro commovente di Roberta Vinci: la tarantina lascia il tennis davanti ad uno stadio Pietrangeli gremito

Solo applausi e lacrime di commozione per il ritiro di Roberta Vinci nell’ultimo match della carriera, disputato volutamente dalla tennista di Taranto agli Internazionali Bnl d’Italia, davanti ad uno stadio Pietrangeli stracolmo di spettatori. La ex numero 7 del mondo comunica il ritiro ufficiale dal circuito WTA, al termine di una carriera strepitosa per una tennista del suo spessore e per tutto il movimento tennis italiano. La Vinci, infatti, verrà ricordata per le vittorie straordinarie in Fed Cup, competizione vinta in quattro occasioni dalla tarantina, in squadra con le migliori giocatrici italiane degli anni 2000: Francesca Schiavone, Flavia Pennetta e Sara Errani; per i tornei vinti in doppio con Sara Errani (di cui tutte le prove del Grande Slam) e per la finale indimenticabile raggiunta agli US Open 2015 contro Flavia Pennetta, ex collega del circuito, nonché amica e corregionale, dopo aver battuto, nel penultimo atto del torneo, la padrona di casa ed ex numero 1 del mondo Serena Williams.
Successi che tutti, più o meno, conoscono, di una ragazza cresciuta al Tennis Club Taranto e fortificatasi a metà tra il Tennis Club Parioli di Roma e il Country Time Club di Palermo, sotto la supervisione del suo storico coach Francesco Cinà.

3730927_RZZ_4407 Nel match di addio al tennis, giocato contro la tennista serba Aleksandra Krunić, la Vinci ha espresso il suo gioco gentile e garbato, quel tennis a cui ci ha sempre abituati e che mancherà a tutti gli appassionati: un rovescio in back delizioso, quasi impossibile da trovare in circolazione tra le giocatrici odierne; un gioco di volo e una padronanza nel tocco uniche, che solo la Vinci e poche altre elette vantano nel circuito WTA; una delle pochissime, se non la sola, ad andare serve and volley; insomma, un tennis di grazia, adattabile tanto al singolare, quanto al doppio. E i risultati ottenuti in carriera ne sono la prova.
Quel che mancherà di Roberta, oltre al lato meramente tecnico e professionale, è il lato umano, in particolare la sua spontaneità e la sua semplicità.
A fine match, il tributo del Pietrangeli, del suo angolo (familiari e parenti), del Presidente della Federazione Italiana Tennis Angelo Binaghi e di tutto il mondo del tennis, consapevoli della bontà di una giocatrice che ha portato tanto al tennis italiano e che finisce di scrivere in modo emozionante l’ultima pagina di una lunga carriera sportiva.

Fonti: foto de Il Messaggero di Rizzo/Toiati

Federico Bazan © produzione riservata

Tommy Haas si ritira dal circuito ATP: il tedesco chiude la sua lunga carriera a quarant’anni

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Tra i giocatori più longevi nella storia del tennis, possiamo ricordare alcuni grandi nomi, tre dei quali vissuti tra la prima e la seconda metà del 1900, ovvero: Bill Tilden (nato nel 1893 e ritiratosi dal tennis giocato nel 1946, all’età di 53 anni), Pancho Segura (nato nel 1921 e lasciato il circuito nel 1968, all’età di 47 anni) e Ricardo Alonso González (nato nel 1928 e ritiratosi nel 1974, all’età di 46 anni). Erano altri tempi e il mondo del tennis non aveva ancora dato vita ad un circuito professionistico che fosse gestito direttamente dalle federazioni internazionali sul modello delle odierne ATP e WTA, ma si limitava semplicemente al dilettantismo. I tennisti avevano più intervalli di riposo tra un torneo e l’altro e potevano scegliere destinazioni non lontane dal proprio Paese di origine, come spesso accadeva. Inoltre, le sollecitazioni fisiche dovute al gioco, all’intensità degli scambi e delle partite, erano minimali, se rapportate a quelle del tennis di oggi. La longevità che caratterizzava le carriere dei giocatori era dunque un elemento piuttosto comune all’epoca, sebbene resti comunque una notizia il fatto che ci fossero grandi campioni, come Bill Tilden, che, a 50 anni, ancora prendevano parte a tornei ufficiali, giocando un livello di tennis eccelso per l’epoca.
Altri tennisti famosi, dalla carriera intensa e duratura – pensiamo a Nicola Pietrangeli, Ken Rosewall e Jimmy Connors – continuarono a giocare fino a 40 anni; arrivando poi agli odierni Roger Federer, tornato numero 1 del mondo, un caso unico per la facilità con la quale sta continuando a vincere a 36 anni, per come il fisico stia rispondendo positivamente alle sollecitazioni che il tennis di oggi impone; e, a seguire, “i vecchietti” David Ferrer, Paolo Lorenzi, Julien Benneteau, Feliciano Lopez e Ivo Karlovic che, malgrado abbiano superato i 35 anni di età, si trovano ancora stabilmente nei primi 100 del ranking ATP.
C’è chi continua a giocare perché fisicamente in buona salute e perché si diverte, con la speranza magari di racimolare vittorie nei turni dei diversi tornei, sebbene possa anche smettere in virtù dei successi del passato; chi, invece, decide di voltare pagina perché giunto al momento di ritirarsi. Tra quelli che hanno chiuso la carriera professionistica ma che, comunque, sono stati un esempio di tenacia e di longevità per tutto il tempo trascorso nel circuito, vi è proprio Tommy Haas, tennista tedesco classe ’78, giunto alla soglia degli “anta”, il quale ha annunciato il ritiro durante il torneo Masters 1000 di Indian Wells 2018.

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Con il ritiro del giocatore di Amburgo, il circuito ATP lascia un altro grande protagonista dei primi anni 2000, vincitore di 15 tornei ATP, finalista ai Giochi Olimpici di Sydney, vicino più volte a conquistare un torneo del Grande Slam, ma fermatosi sempre in semifinale (agli Australian Open e a Wimbledon); un tennista Haas, dal gesto tecnico elegante e producente al tempo stesso.
Nel video qui sotto, possiamo osservare tutta la classe e l’efficacia dei colpi dell’ormai ex tennista tedesco, che, grazie ad un ottimo timing sulla palla, giocava delle grandi accelerazioni con entrambi i fondamentali, di dritto e di rovescio.
Il teutonico era solito accompagnare il movimento del dritto verso l’alto per imprimere maggiore top spin alla palla, mentre il rovescio, probabilmente il suo colpo più incisivo, viaggiava a velocità considerevoli. Abile nel tocco, Haas vantava un buon gioco anche nei pressi della rete, come dimostrano diversi punti con Federer, Ferrer e Djokovic.

Dopo l’addio al tennis, Thomas Haas diventa il direttore ufficiale del torneo di Indian Wells, in virtù anche del legame speciale con gli Stati Uniti. Il tedesco, infatti, è cresciuto a livello tennistico presso l’Accademia di Nick Bollettieri, a Bradenton, in Florida, dove attualmente risiede con la famiglia; ha vinto, inoltre, un totale di otto tornei nella tournèe statunitense, agguantando proprio negli USA (Paese di residenza) e in Germania (Paese nativo) i maggiori successi in carriera.

Quel che mancherà di un tennista come Haas è probabilmente il portamento elegante nei colpi, la voglia di lottare su ogni palla e anche un rispetto delle regole non così comune a tanti altri professionisti. Il tedesco, malgrado i numerosi infortuni patiti in carriera, ha sempre trovato la forza di rinascere dai periodi di maggiore criticità e ha continuato la sua vita nel circuito, ad un’età ormai avanzata, mostrando un amore per il tennis superiore ad ogni avversità.

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