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Esclusiva: intervista a Stefano Palmieri, Maestro del Circolo delle Muse

La mia foto con il Maestro Stefano Palmieri al Circolo delle Muse di Roma


– La famiglia Palmieri ha dato tanto al tennis italiano. Una tradizione che ha inizio dagli anni ’30 con i trionfi di Giovanni Palmieri, uno dei primi tennisti italiani ad
aver vinto gli Internazionali d’Italia, il torneo di Monte Carlo e i Campionati Italiani Assoluti.  
Nel tunnel che porta allo stadio Pietrangeli, compaiono il suo nome e la sua foto nell’albo dei vincitori del torneo capitolino. Che ricordi hai di tuo nonno uomo e di tuo nonno tennista?

– Giovannino è entrato con prepotenza nella mia modesta carriera tennistica. Lo vedevo come un mito e per me era un vanto averlo come nonno. Era così elegante da sembrare un nobile, pur essendo di umili origini. Elegante dentro al campo, con il suo gioco, e fuori, con la sua personalità. Un campione d’altri tempi, fonte di ispirazione per figli, nipoti e generazioni a venire.
Se la mia vita fin da piccolo è stata costellata da racchette e palle, lo devo anche alla grande dedizione che mio nonno aveva per il tennis e che mi ha trasmesso con le sue partite indimenticabili.


– Dopo le imprese di Giovannino, la storia dei Palmieri è andata avanti con il contributo importante che tuo zio, Sergio Palmieri, ha dato e continua a dare oggi al tennis italiano. Ex tennista, da anni Direttore Tecnico degli Internazionali BNL d’Italia, ricopre un ruolo ai vertici della FIT e nell’organizzazione degli appuntamenti principali: torneo di Roma, Coppa Davis e Fed Cup.
La tua passione per il tennis è nata anche grazie a tuo zio? Quali valori ti ha insegnato? 

– La passione per il tennis è sbocciata grazie alla mia famiglia. Ogni parente ha giocato un ruolo fondamentale in questo sport: il nonno è stato il primo Palmieri di successo con la racchetta. Dopo Giovannino, è arrivato mio padre che, pur non essendo stato un tennista, era comunque un grande appassionato di tennis, volenteroso di continuare la nostra tradizione di famiglia: ricordo ancora quando mi accompagnava tutti i pomeriggi al circolo, dopo la scuola. Ma, tra tutti, chi ha contribuito maggiormente alla mia crescita tecnica è stato lo zio Lillo, un Maestro eccezionale, ormai da anni impegnato nel coordinamento del settore agonistico al Tennis Club Cagliari.
Mio zio Sergio, invece, ancor prima di entrare a far parte della Federazione, ha avuto una carriera tennistica di tutto rispetto. Ha giocato, in singolare e in doppio, con alcune leggende del passato tra cui Stan Smith, Roy Emerson e Rod Laver. Ha raggiunto piazzamenti come il secondo turno al Roland Garros e il terzo turno a Wimbledon nel doppio misto. Tra le sue vittorie più importanti, c’è quella contro Jaroslav Drobný, vincitore di tre tornei dello Slam.
Per arrivare alla tua domanda, lo zio Sergio è sempre stato un esempio per me, soprattutto per la grande professionalità che ha sempre avuto e che tutt’ora ha nel suo lavoro. 

– Giovanni era del 1906, Sergio è del 1945 mentre Stefano nasce nel 1958. Arriviamo quindi al protagonista dell’intervista, il terzo in ordine cronologico.
Prima di diventare Maestro, giocavi in serie C1. Hai girato diversi circoli di Roma: il Parioli, il Pisana, il Tennis Formello e, attualmente, le Muse. Quali sono state le esperienze che ti hanno formato, prima come giocatore e poi come Maestro?

– Ho giocato per molto tempo in C1 al Parioli e al Pisana, prima di diventare Maestro alle Muse. Come giocatore, le esperienze sono state tante: senza dubbio tutti i tornei fatti, i campionati a squadre e i vari circoli di Roma che ho girato e ai quali mi sono affezionato. Come Maestro, l’aver avuto tante persone diverse alle quali insegnare il tennis: dai bambini, passando per i ragazzi, fino agli adulti. Con ognuno di loro ho sempre cercato di esprimere le mie conoscenze stringendo, allo stesso tempo, un rapporto amichevole basato sul piacere di giocare a tennis.

– Dal 1992 lavori al Circolo delle Muse. Tra le ragazze e i ragazzi che hai seguito negli anni, ce n’è qualcuno che ha intrapreso la strada del professionismo? 

In tanti anni di insegnamento non ho avuto giocatori professionisti ma molti che ho fatto innamorare al tennis. Penso che la massima aspirazione per un Maestro sia quella di seguire una bambina o un ragazzo promettenti e condurli verso la strada del professionismo. Ma, spesso, è molto bello e gratificante anche solamente far divertire i propri allievi e farli appassionare al tennis. Con l’auspicio che non smettano mai di giocare.

– E, per concludere, i ricordi più belli che hai vissuto con tuo zio.

– Ce ne sono diversi. Se dovessi sceglierne uno, direi il Masters negli Stati Uniti nel 1985. Ricordo che andai insieme a mio zio e alcuni suoi amici tennisti. Vidi tanto bel tennis in un’epoca di grandi campioni: Connors, McEnroe, Edberg, Becker, Lendl, Wilander, Leconte e molti altri. Ebbi l’opportunità di conoscere più da vicino uno di questi, ovvero il mitico John McEnroe, in quanto Sergio era stato manager per un periodo della carriera dell’americano. Contrariamente a come veniva comunemente descritto per le sue arrabbiature e i suoi sfoghi, McEnroe era una persona molto simpatica e socievole al di fuori del campo. Indicativo del fatto che il tennis non sempre riveli interamente il carattere di una persona.
L’esperienza del Masters mi ha fatto scoprire un lato del tennis differente, ancora più avvincente, più entusiasmante. E da lì ho capito il perché mio zio sia partito da zero e arrivato dove è oggi. Perché ha coltivato una grandissima passione per questo sport e l’ha custodita nel tempo. Ancora oggi, superati i 70 anni di età, è una persona a cui piace viaggiare, conoscere nuovi stadi, guardare i tornei dal vivo ed entrare in contatto con i tennisti. 

Federico Bazan © produzione riservata

 

Le pagelle dei tennisti italiani agli Internazionali Bnl d’Italia 2018

internazionali tennis


Tennis maschile, i nomi che hanno raggiunto i risultati migliori nel torneo:

Fabio Fognini: al primo turno impartisce una lezione di tennis gratis a Gaël Monfils per 6-3, 6-1; infiamma il Centrale due giorni dopo liquidando il numero otto del mondo Dominic Thiem, testa di serie numero sei del torneo capitolino, considerato attualmente tra i migliori tennisti sul rosso; batte per la prima volta in carriera Peter Gojowczyk, tennista tedesco, numero 64 del mondo, ma avversario ostico da affrontare sulla terra battuta; arriva ai quarti di finale dove perde dal vincitore del torneo, Rafael Nadal, strappandogli il primo set.
Ha il tennis adatto per battere i primi dieci del mondo: lo dimostra contro Thiem ed è l’unico, insieme a Zverev, a vincere un set a Nadal in tutto il torneo.
Gli manca qualcosa nella gestione della gara che gli consenta di entrare in top ten, dei miglioramenti in termini di tenuta mentale che possano dargli un voto di 10 su 10.
Voto: 9.5

Marco Cecchinato: vince il torneo di Budapest battendo in semifinale Andreas Seppi. A Monaco ha la meglio sul numero uno del tennis italiano, Fabio Fognini. Arriva a Roma liquidando al primo turno Pablo Cuevas, terraiolo puro, ex top 20. Strappa il primo set a David Goffin, numero nove del mondo, pur perdendo alla distanza. Solido da fondo campo. Più maturo nella gestione della partita. Concede poco ai suoi avversari.
Voto: 8.5

Matteo Berrettini: batte in due set quella che avrebbe dovuto essere una delle promesse del tennis statunitense, Frances Tiafoe; nel turno successivo, gioca alla pari con Alexander Zverev per tutto il primo set, deciso su pochi punti e conclusosi per 7-5 in favore del vincitore degli Internazionali dello scorso anno.
Durante il match contro il tedesco, rischia di farsi seriamente male alla caviglia. Cade ma si rialza e continua a giocare con onore. Riceve i complimenti a fine partita da parte dello stesso Zverev che afferma come Berrettini sia un giocatore in crescita.
Premiato per la grinta e i miglioramenti tecnici, grazie anche al lavoro svolto con il suo coach Vincenzo Santopadre.
Voto: 8

Filippo Baldi: si fa notare agli Internazionali lottando e battendo al terzo set Marton Fucsovics e Guillermo García López, rispettivamente teste di serie numero sei e numero dieci del girone di qualificazioni. Entra per la prima volta nel tabellone principale. Lotta di nuovo al terzo parziale ma perde contro Nikoloz Basilashvili. Ha 22 anni, molto tempo per crescere e migliorarsi. I risultati ottenuti a Roma sono comunque di buon auspicio per l’avvenire.
Voto: 8


Tennis femminile, tanti i nomi delle partecipanti ma tutte fuori al primo turno o alle qualificazioni:

Roberta Vinci: il primo turno contro la serba Aleksandra Krunić è la sua ultima partita nel circuito WTA. Standing ovation al Pietrangeli solo per lei. Emozionanti le parole a fine match. Ma, come rendimento nell’ultima partita della carriera, non proprio esaltante. Vince il primo set giocando il suo tennis, fatto di back e discese a rete. Poi il vuoto. Tanti errori gratuiti, tanta fretta di chiudere. Nel terzo set, gioca a caso dando l’idea che sia già con la testa fuori dal tennis.
Il momento toccante dopo il match, malgrado la partita persa, la rivaluta nell’insieme per quel che riguarda la partecipazione al torneo.
Voto: 7

Francesca Schiavone: una delle tenniste più anziane del circuito. Trova al primo turno Dominika Cibulkova. Strappa alla slovacca il secondo set, ma non può nulla contro una giocatrice più giovane e con colpi più pesanti.
Raggiunge la sufficienza per la grinta e la voglia di continuare a giocare, malgrado l’età.
Voto: 6

Camila Giorgi: ad inizio anno, nel torneo di Sydney, aveva sconfitto nettamente delle top ten come Petra Kvitová, Sloane Stephens e Agnieszka Radwańska, in partite a senso unico, dominate dalla tennista italo-argentina. A Roma, vince il derby contro Deborah Chiesa ma perde, al secondo turno delle qualificazioni, in due set contro l’americana Danielle Collins, giocatrice in crescita da quest’anno, ma comunque alla portata della Giorgi, che può vantare una maggiore esperienza rispetto alla statunitense nel circuito WTA.
Le condizioni di gioco tra Sydney e Roma sono completamente diverse, ma qualcosa non torna nel tennis della Giorgi: belle vittorie contro giocatrici forti, alternate però a sconfitte piuttosto inaspettate.
Voto: 5

Sara Errani: fa il suo esordio al Pietrangeli contro Timea Babos. Nel secondo set, sul punteggio di 5-3, non riesce a portare l’avversaria al terzo. Si fa rimontare e perde in due set. Per quanto abbia vinto il torneo di doppio in passato con la Vinci, e sia arrivata in finale nell’ormai lontano 2014, quando esprimeva il suo più alto e probabilmente irripetibile livello di gioco – da un po’ di anni a questa parte esce sempre al primo turno, dando la sensazione che Roma non sia proprio il suo torneo.
Voto: 4

Federico Bazan © produzione riservata

 

Il ritiro commovente di Roberta Vinci: la tarantina lascia il tennis davanti ad uno stadio Pietrangeli gremito

Solo applausi e lacrime di commozione per il ritiro di Roberta Vinci nell’ultimo match della carriera, disputato volutamente dalla tennista di Taranto agli Internazionali Bnl d’Italia, davanti ad uno stadio Pietrangeli stracolmo di spettatori. La ex numero 7 del mondo comunica il ritiro ufficiale dal circuito WTA, al termine di una carriera strepitosa per una tennista del suo spessore e per tutto il movimento tennis italiano. La Vinci, infatti, verrà ricordata per le vittorie straordinarie in Fed Cup, competizione vinta in quattro occasioni dalla tarantina, in squadra con le migliori giocatrici italiane degli anni 2000: Francesca Schiavone, Flavia Pennetta e Sara Errani; per i tornei vinti in doppio con Sara Errani (di cui tutte le prove del Grande Slam) e per la finale indimenticabile raggiunta agli US Open 2015 contro Flavia Pennetta, ex collega del circuito, nonché amica e corregionale, dopo aver battuto, nel penultimo atto del torneo, la padrona di casa ed ex numero 1 del mondo Serena Williams.
Successi che tutti, più o meno, conoscono, di una ragazza cresciuta al Tennis Club Taranto e fortificatasi a metà tra il Tennis Club Parioli di Roma e il Country Time Club di Palermo, sotto la supervisione del suo storico coach Francesco Cinà.

3730927_RZZ_4407 Nel match di addio al tennis, giocato contro la tennista serba Aleksandra Krunić, la Vinci ha espresso il suo gioco gentile e garbato, quel tennis a cui ci ha sempre abituati e che mancherà a tutti gli appassionati: un rovescio in back delizioso, quasi impossibile da trovare in circolazione tra le giocatrici odierne; un gioco di volo e una padronanza nel tocco uniche, che solo la Vinci e poche altre elette vantano nel circuito WTA; una delle pochissime, se non la sola, ad andare serve and volley; insomma, un tennis di grazia, adattabile tanto al singolare, quanto al doppio. E i risultati ottenuti in carriera ne sono la prova.
Quel che mancherà di Roberta, oltre al lato meramente tecnico e professionale, è il lato umano, in particolare la sua spontaneità e la sua semplicità.
A fine match, il tributo del Pietrangeli, del suo angolo (familiari e parenti), del Presidente della Federazione Italiana Tennis Angelo Binaghi e di tutto il mondo del tennis, consapevoli della bontà di una giocatrice che ha portato tanto al tennis italiano e che finisce di scrivere in modo emozionante l’ultima pagina di una lunga carriera sportiva.

Fonti: foto de Il Messaggero di Rizzo/Toiati

Federico Bazan © produzione riservata