Si è conclusa, in data odierna, la dodicesima edizione dell’ATV Tennis Open, che si è tenuta nella cornice del Circolo romano Antico Tiro a Volo. Una edizione che ha ospitato tenniste, tra la numero 100 e la numero 900 del mondo, sotto la supervisione del Presidente del Circolo Giorgio Averni, il Direttore del Torneo Adriano Albanesi, il Comitato organizzativo Giuseppe Centro e tutto lo staff che ha reso possibile lo svolgimento dell’evento. Tante le giocatrici italiane presenti in tabellone, dalle più esperte alle più giovani e fresche: veterane del circuito come Martina di Giuseppe, Federica di Sarra, Stefania Rubini e Anastasia Grymalska, ma anche alcune stelle nascenti come Anastasia Abbagnato, Federica Urgesi, Francesca Pace, Diletta Cherubini e Melania Delai. Tutte unite in un unico obiettivo: cercare di andare avanti nel torneo e regalare spettacolo al pubblico presente. Tra i risultati di rilievo delle giocatrici azzurre, sono da menzionare: i quarti di finale raggiunti da Lucrezia Stefanini (attuale numero 179 del ranking WTA) e la serie di vittorie nel doppio di Camilla Rosatello (attuale numero 259) che, insieme alla francese Estelle Cascino, è arrivata in finale, sfiorando il successo, contro la coppia formata dalla colombiana Andrea Gámiz e l’olandese Eva Vedder. Oltre alle nostre tenniste, il torneo ha visto l’incredibile cavalcata, a partire dalle qualificazioni, della sorpresa croata Tara Wurth che, da numero 357 del mondo e a soli diciannove anni, si è imposta, in finale, sulla testa di serie numero 1 del torneo Chloé Paquet, tennista francese classe ’94, vicina ad entrare nelle prime 100 del circuito e ad esordire nel main draw degli US Open.
L’Antico Tiro a Volo si rinnova ogni anno affidandosi alla qualità dell’evento ed organizza, dal 2010 ad oggi, il torneo ITF da 60.000 dollari di montepremi complessivo, un appuntamento irrinunciabile per le tenniste di tutto il mondo, nel periodo di luglio prima degli Internazionali Femminili di Palermo e del cambio di superficie sul cemento americano. Un evento adatto, non solo a tenniste di livello e già affermate, ma anche a giocatrici emergenti che vorrebbero, un giorno, potersi misurare con le migliori campionesse del circuito WTA.
Matteo Berrettini, punta di diamante del tennis italiano, nonché attuale numero 7 del ranking ATP, sceglie una scarpa all’altezza delle sue aspettative: la ASICS Gel Resolution 8, pronta a donare al tennista romano tutti i comfort di cui ha bisogno in campo. Il numero 1 del tennis italiano diventa, così, uno dei nuovi testimonial del brand, che indosserà a partire dalla stagione 2022, in occasione degli Australian Open. Berrettini dichiara: “ASICS è riconosciuta in tutto il mondo per le sue scarpe da tennis. Sono entusiasta di rappresentare un brand come questo con oltre 70 anni di storia e con una profonda attenzione nel supportare gli atleti. Mi sento molto fiducioso sapendo che giocherò in campo indossando ASICS nel 2022 e nei prossimi anni.”
Matteo Berrettini è uno dei nuovi ambassador di ASICS: in foto indossa ai piedi le Gel Resolution 8
La scarpa Gel Resolution 8 nasce da un progetto dell’ASICS Institute of Sport Science a Kobe, in Giappone. Lanciata sul mercato per la prima volta nel 2020, questa scarpa risulta, ad oggi, una delle calzature preferite, sia dai tennisti amatoriali, sia dagli agonisti, fino ad arrivare a top players del calibro di Novak Djokovic, Gael Monfils, David Goffin e dello stesso Matteo Berrettini, che ne portano la firma. I giocatori sono positivamente colpiti dalla capacità di supportare e proteggere il piede, pur non dovendo rinunciare alla flessibilità. L’insieme di questi elementi, non a caso, contribuisce in meglio alla loro riuscita nelle prestazioni in campo. Berrettini aggiunge: “ASICS è l’unica azienda che conosco che progetta le sue scarpe da tennis in base allo stile di gioco. Nel mio caso, ho bisogno di maggiore stabilità e supporto essendo prevalentemente un giocatore da fondo campo. Ho avuto modo di testare la Gel Resolution 8 e sono riuscito a trovare la scarpa perfetta per raggiungere livelli più alti. Non vedo l’ora di cominciare a giocare la prossima stagione”.
La nuova partnership tra ASICS e Berrettini promette dunque scintille: il tennista azzurro è pienamente soddisfatto del prodotto testato in campo, così come il CEO di ASICS, Motoi Oyama, esprime la sua contentezza per aver accolto il numero 7 del mondo tra i nuovi testimonial del brand: “ASICS è felice di annunciare l’ingresso di Matteo Berrettini nella nostra famiglia di tennisti. Grande volontà, mentalità positiva e una carriera in continua crescita sono elementi importanti per la nostra partnership. La sua energia e la spinta a migliorarsi sono alcune tra le qualità più apprezzate da tutta la nostra organizzazione. Speriamo di coinvolgerlo da subito nello sviluppo del prodotto per applicare la sua esperienza alle competenze del nostro team di innovazione e ingegneria in Giappone. Siamo orgogliosi di supportare Matteo durante il suo percorso dentro e fuori dal campo, e ci auguriamo una collaborazione positiva e di successo.” Del resto un tennista di qualità non può che selezionare un abbigliamento tecnico di qualità. Ed ASICS non delude mai i suoi consumatori.
Fonti delle dichiarazioni e della foto: Comunicato ufficiale ASICS del 12/01/2022
Ex tennista professionista (best ranking 115 del mondo), commentatore televisivo su Sky Sport e SuperTennis, Titolare della Galimberti Tennis Academy, Testimonial di ASICS e sicuramente dimentico qualcosa. Sei una risorsa a tutto tondo nel mondo del tennis… ma partiamo dalle fondamenta.
– Com’è nata la tua passione per il tennis? A che età hai impugnato la prima racchetta?
– La passione per il tennis nasce da una tradizione di famiglia. Non a caso a Lissone, mio Paese di origine in provincia di Monza e Brianza, mio padre costruì un campo da tennis più di 50 anni fa, proprio per la passione legata a questo sport. Vien da sé che la racchetta la presi in mano da appena nato. Questo non vuol dire niente, perché ho due fratelli che, nonostante anche loro avessero il campo in casa, non sono diventati giocatori professionisti; però il contesto nel quale mi sono trovato mi ha sicuramente aiutato e indotto a giocare a tennis con regolarità.
– Il tennis è uno sport con classifiche specifiche in base al livello di gioco dei tennisti e prevede un calendario annuale di eventi come i tornei e i campionati a squadre. Man mano che si cresce nella seconda categoria e ci si avvicina alla prima, si prendono dei punti per poter accedere ai tornei Futures e Challenger. A tal proposito, vorrei chiederti quali step hai seguito per diventare un tennista professionista e che cosa comporta il passaggio dal circuito Challenger al circuito ATP.
– Ho seguito tutti i passaggi sin dall’attività giovanile: under 12 e under 14. Negli under 14 sono entrato nei primi 8, ho fatto i quarti di finale ai Campionati Italiani ma non ero parte della squadra di Coppa del Sol che erano i Mondiali under 14. Ho iniziato a farmi vedere negli under 16 quando, in una trasferta americana in Florida, vinsi due tornei: Permbroke Pines e Porto Rico. Da lì tornai, sicuramente consapevole di un buon livello, e la Federazione mi prese nella Nazionale; quindi partecipai alla Winter Cup dove vincemmo in Germania, a Saarbrücken, e da quel momento iniziai a giocare molto bene a tennis. Negli under 16 io e Daniele Ceraudo eravamo i primi due d’Italia. Poi ci fu l’anno dei 17, quando passai under 18. In quel periodo vivevo già a Cesenatico con la Nazionaledove c’era il Centro Tecnico Nazionale. Divenni numero uno d’Italia con un anno di anticipo, che fu il preludio poi all’annata del ’94, quando finii numero due del mondo giovanile facendo finale al Roland Garros, semifinale a Wimbledon e finale al Bonfiglio di Milano. Il passaggio a Pro non è così semplice, in quanto presenta spesso delle insidie: l’esperienza e il doversi rialzare dalle sconfitte, quindi una grande resilienza, cosa che io penso di aver avuto molto, in quanto ho sofferto per due anni prima di iniziare ad avere dei buoni risultati anche a livello internazionale; nel ’98 feci le qualificazioni al Foro Italico, superandole e trovando poi al primo turno l’allora numero 7 del ranking, Alberto Berasategui, dal quale persi lottando. Superai anche le qualificazioni agli US Open, vinsi il primo turnoe uscii al secondo per mano di Marcelo Rios in quattro set, il quale, a suo tempo, era numero 2 del mondo.
– Hai vestito la maglia di Coppa Davis dell’Italia per diversi anni. Quali sono i ricordi più belli legati all’aver giocato per il tuo Paese?
– La Coppa Davis per me rimane nel cuore: è un qualcosa che ti segna. Nel mio caso ha dei ricordi belli e meno belli. Tra i ricordi belli, la vittoria su Nadal e Lopez in doppio, molto sentita a livello emozionale da parte mia e da parte del pubblico. E poi ci sono anche le amare delusioni, come la sconfitta in Zimbabwe. Rimane il fatto che io mi sento molto patriottico e la Coppa Davis mi ha dato tante emozioni. Fino a quest’anno ho fatto l’Assistant Coach di Corrado Barazzutti. Speravo di diventare Capitano di Coppa Davis, però è arrivato prima di me Filippo Volandri, un altro grande campione che potrà fare molto bene in panchina e al quale auguro il meglio. Attenderò comunque una proposta da parte della Federazione per rimanere nella cerchia dei tecnici federali, o per dare il mio supporto alla stessa Nazionale di Coppa Davis con Volandri. In ogni caso, resto un uomo di Federazione, che ha riconoscenza nei confronti della FIT per quanto di buono ha fatto in questi anni e per quanto di buono continuerà a fare.
La squadra di Coppa Davis dell’Italia con Fognini, Bolelli, Sonego, Travaglia, Mager e lo staff tecnico composto da Corrado Barazzutti, Giorgio Galimberti e gli altri componenti del team
– E i successi più significativi della tua carriera?
– I successi più significativi della mia carriera sono sicuramente la vittoria a Roma agli Internazionali BNL d’Italia contro Alex Corretja che, a suo tempo, era numero 9 del mondo e fu una bella impresa sul Pietrangeli, sentita tantissimo da me e dal pubblico. Ricordo che iniziai la partita con l’impianto che non aveva nemmeno la metà degli spettatori. Ma, dopo i primi 3 games, era gremito di persone e, in più, stavo anche vincendo. Vinsi in tre set una partita lottatissima e quello fu un grande risultato. Un’altra partita molto bella fu a Amersfoort, ad Amsterdam, contro Martin Verkerk che nel 2003 fece finale al Roland Garros. Quando lo incontrai in torneo, lui era il tennista numero uno in Olanda, giocava in casa e aveva naturalmente tutto il pubblico dalla sua parte. Non avevo particolari aspettative in quella partita: giocai molto liberoe vinsi contro il numero 14 del mondo in quella che, per me, fu una grandissima impresa ed emozione.
– Dopo il ritiro dal professionismo, ti sei cimentato nelle telecronache dei match su Sky Sport, occupandoti del commento tecnico durante gli incontri. Com’è avvenuto il passaggio dall’essere protagonista in campo al parlare di tennis in diretta? È stato immediato e naturale rivolgerti ad un pubblico di ascoltatori le prime volte che ti sei trovato in cabina di commento?
– Nel 2007, Stefano Meloccaro di Sky mi propose di fare un test nella vecchia sede di Sky Sport. Andai durante il periodo dei tornei estivi di Cincinnati e Montreal, in notturna. Devo dire che, già dalla prima volta, mi divertii molto a fare le telecronache e mi sentii a mio agio, anche grazie alla capacità di Stefano Meloccaro che, a suo tempo, faceva ancora telecronaca. Adesso, invece, come sapete, lavora nello studio televisivo e si occupa di tutt’altro. Anche lui ha avuto una grande crescita professionale. Cominciai con Sky dal 2007, fino al 2015. Poi, nel 2015, mi allontanai dalla televisione perché dovetti andare a Wimbledon, in quanto ero allenatore nello staff di Simone Bolelli e, quindi, sia lì che agli US Open ero impegnato con il giocatore. Da quel momento presi una decisione, ovvero di rimanere soltanto con SuperTennis, canale 64 del digitale terrestre, per il quale cominciai a lavorare nel 2009, data del suo esordio. Ad oggi, sono ancora legato a SuperTennis tramite una collaborazione che va avanti da tanti anni e della quale sono molto fiero, perché è una emittente che mi ha dato tanto spazio, mi ha affidato la conduzione di Circolando e dello studio di continuità degli Internazionali BNL d’Italia, probabilmente il più grande palcoscenico tennistico del nostro Paese. La televisione mi piace molto e lì mi sento a mio agio.
Giorgio Galimberti, che è stato coach di Simone Bolelli nel 2015 a Wimbledon e agli US Open, segue il giocatore durante un allenamento
– In seguito all’esperienza a Sky, sei entrato a far parte del Cast di SuperTennis come commentatore tecnico ed opinionista. Tra le altre attività, hai condotto il programma “Circolando”, un itinerario che ti ha visto impegnato nei circoli sportivi di diverse regioni italiane. Cosa si scopre da una esperienza come la tua, fatta di viaggi e incontri con vari personaggi nel mondo del tennis?
– L’esperienza di Circolando è stata basilare sotto tanti punti di vista, in particolare nell’offrirmi la possibilità di valutare i pro e i contro di qualsiasi aspetto a livello “Club”. Quanto appena detto, si spiega attraverso la mia attività: sto costruendo un centro a Cattolica abbastanza articolato che include campi da tennis, padel, palestra e un centro fisioterapico. E questo mio grandissimo investimento e impegno che ho preso, devo dire che trova anche molto conforto e supporto dalle esperienze fatte visitando tutti gli altri circoli, avendoli analizzati, avendo ascoltato i presidenti e gli addetti ai lavori. Di conseguenza, anche io, nella mia realtà imprenditoriale, ho fatto delle scelte che sono state influenzate da tutte queste conoscenze che ho avuto negli anni grazie a Circolando: avrò ormai visitato almeno 60-70 circoli tra i più belli d’Italia tra cui il Parioli, a Roma, il Bonacossa di Milano e La Stampa, a Torino. E da questi circoli ho cercato di trarre gli aspetti positivi, provando a riproporli nel mio Club. L’ho fatto sia con Circolando, sia girando per l’Europa e per il mondo, visitando i circoli negli eventi sportivi ai quali partecipo con i miei giocatori.
– Sei il Titolare della Galimberti Tennis Academy. Quali sono gli elementi fondamentali per far funzionare al meglio una Accademia di tennis?
– La mia struttura, che inizialmente si trovava a San Marino, si è spostata in Italia a Cattolica, città in provincia di Rimini. E sicuramente è stata una grande esperienza, un grande orgoglio perché da zero, in un centro che faceva poca attività agonistica, sono riuscito – grazie a una buona struttura, alle mie capacità e alle capacità dei miei collaboratori che sono aumentati anno dopo anno – a creare un grande appeal a livello nazionale ed internazionale. Abbiamo avuto giocatori dall’Ungheria, Ucraina, Francia e Australia, da molte parti del mondo; e questa è sicuramente una grande soddisfazione: l’Accademia è sempre in crescita ed è legata alla mia figura, alla mia persona. Non a caso, ora che ci siamo spostati a Cattolica, l’Accademia è esplosa ancor di più per la facilità del raggiungimento della location, per la bellezza di Cattolica, città turistica sul mare. E anche per la vicinanza e la fruibilità del centro da parte mia e dei miei collaboratori, elementi che ci consentono di avere una buona qualità della vita. Credo che, di base, una Accademia di tennis sia fatta dalle persone, aldilà della struttura che può essere più o meno bella ma, in assenza di queste, anche il centro più bello al mondo si ridurrebbe al nulla, in quanto il contenitore viene dopo le persone. Credo che in questo momento io abbia preparatori atletici e allenatori dei quali mi posso fidare, preparati, appassionati, dei lavoratori instancabili che amano quello che fanno. Questo è il grandissimo segreto che, purtroppo, viene spesso lasciato da parte, vendendo fumo, vendendo soltanto quella che può essere considerata “la facciata” o, magari, il fatto che ci sia un grande giocatore che si allena in quel centro. Penso semplicemente che non si diventi forti guardando un giocatore che si allena, ma allenandosi.
Giorgio Galimberti con i suoi collaboratori e allievi alla Galimberti Tennis Academy di Cattolica
– Parlando di abbigliamento tecnico sportivo, ASICS è un marchio di eccellenza per tanti sport, compreso il tennis. So che hai un rapporto speciale con questo brand. In cosa si distingue una scarpa ASICS da altre marche?
–È dal 1994 che uso scarpe ASICS e penso, in tutti gli anni da professionista e post carriera, di non aver mai messo altro ai piedi se non ASICS. Io sono un fanatico di questa marca e non smetterò mai di dire che è la scelta migliore che un tennista possa fare, così come un runner. Lo stesso discorso vale per l’abbigliamento, per il quale ora ASICS ha scelto di produrre solo la prima linea, quindi materiale di qualità con prodotti tecnici di altissimo livello.
– E, per concludere, una domanda di attualità. Da un po’ di anni a questa parte il tennis italiano, soprattutto nel maschile, è riaffiorato con tanti nuovi talenti all’orizzonte. Abbiamo non pochi giocatori nei primi 100 del mondo: Berrettini, Fognini, Sinner, Sonego, Travaglia, Caruso, Mager, Cecchinato, Seppi. A cosa è dovuta questa crescita prorompente del movimento?
– Il discorso è ciclico. L’Italia è una Nazione che tennisticamente è sempre stata all’avanguardia; ci sono stati anche dei periodi bui, come nei primi anni 2000, quando io, oltretutto, ne ho giovato per poter far parte della squadra di Coppa Davis. In una Nazione come l’Italia di oggi, il Galimberti dell’epoca non avrebbe posto in Coppa Davis, ma in quegli anni invece sì. Negli ultimi tempi abbiamo un movimento in forte crescita. E credo che questo dipenda da un insieme di cose: un ottimo lavoro federale del settore tecnico; un ottimo lavoro delle accademie private che hanno tirato fuori tanti giocatori; la presenza di maestri competenti a livello nazionale. Io credo che l’Italia di oggi possa essere vista un po’ come la Spagna di qualche anno fa; un ambiente preparato di professionisti con competenze di altissimo livello. I maestri italiani, vent’anni fa, erano bistrattati. Tutti parlavano della Spagna: “Scappiamo in Spagna se vogliamo diventare forti”. Questo ora non avviene più perché abbiamo coach di livello nazionale e internazionaleche seguono da vicino i giocatori. È ovvio che, con un bacino importante come le scuole tennis italiane, prima o poi qualcosa venga fuori. In questo momento siamo forse la Nazione con più giocatori nei primi 100 del mondo o tra le migliori al mondo. Manca, forse, il top player nei primi 5. Nel momento in cui arriverà anche quello, credo che l’Italia non sarà seconda a nessuno o, se non altro, sarà tra le Nazioni leader di questo sport nei prossimi anni, tenendo conto anche dell’età giovane dei nostri giocatori.
In questo periodo storico, molti Maestri di tennis non percepiscono uno stipendio perché impossibilitati ad esercitare la propria attività. Trattandosi di liberi professionisti, ovvero di persone che guadagnano in base alla domanda di lavoro (tramite lezioni, scuole tennis e centri estivi), lo Stato non può assicurare loro un sostentamento economico: per i più fortunati, che hanno dei soldi da parte, in qualche modo si tira avanti; ma per tutti coloro che non hanno altro di che vivere se non di tennis, si fa fatica ad arrivare alla fine del mese. In un quadro economico complicato, dove si estende prepotentemente una disoccupazione forzata a causa della pandemia, a metterci la faccia per chiedere la riapertura del mondo didattico del tennis, è Laura Golarsa, ex numero 39 della classifica mondiale WTA, nonché attuale Direttrice dell’Accademia che porta il suo nome: la Golarsa Tennis Academy, con sede a Milano.
In un video, postato sulla propria pagina Facebook, l’attuale commentatrice di Sky Sport scende in campo per denunciare una situazione di precarietà che incide negativamente sulla vita economica dei Maestri di tennis, oltre a penalizzare intere figure professionali legate al mondo dello sport: i fisioterapisti dei giocatori, gli staff tecnici e le stesse Società Sportive che, da marzo a questa parte, non ricevono più introiti per mancanza di iscrizioni o “congelamento” degli abbonamenti dei soci. Intere macchine economiche ferme e abbandonate a se stesse.
Laura Golarsa afferma: “Abbiamo 700 metri di campo per far giocare quattro bambini della scuola. Il Maestro fa lezione a due sul campo, allora io non vedo perché il tennis non debba riaprire, soprattutto con delle regole, con delle responsabilità che ci dobbiamo assumere noi gestori, insegnanti e i clienti che vogliono venire a giocare”. Il suo appello non è solo una questione di diritto, ma nasce dall’esigenza di avere delle risposte da parte del Governo, circa la riapertura delle attività sportive. In un primo momento, il 18 maggio era la data preannunciata per la ripresa del tennis nei circoli sportivi di tutta Italia, o almeno così sembrava. Ma, stando alle fonti della Federazione Italiana Tennis, il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora, avrebbe posticipato l’apertura dei centri sportivi al 25 maggio o, nella migliore delle ipotesi, entro quella data. Non è tuttavia ancora chiaro in quali Regioni si possa riprendere, in quali no. E, intanto, i Maestri di tennis sono ancora senza lavoro. L’ex tennista italiana continua il suo appello, dicendo: “Ci dovete dare la possibilità di riaprire perché il mondo dello sport è il mondo del lavoro. Noi dovevamo aprire 15 giorni fa, non abbiamo aperto e adesso sembra che non apriamo neanche lunedì. Io chiedo: questi Maestri cosa fanno? Non mangiano? Le strutture cosa fanno? Falliscono perché i corsi sono finiti? Tutto questo sarebbe evitabile con una gestione organizzata per settori”.
Le considerazioni di Laura Golarsa sono, in realtà, le parole di molti istruttori in difficoltà economica. E la Direttrice dell’Accademia se ne fa portavoce, dando l’idea di credere fortemente in una giusta causa, a tutela del mondo del tennis. Bisognerebbe, quanto meno, riconoscerne l’impegno durante il momento storico che stiamo vivendo.
Come sostiene la nostra ex giocatrice azzurra, il Coronavirus segna un immobilismo dell’economia indiscutibile, ma non si può rimanere immobili per sempre.
Fonti di foto e video: pagina Facebook di Laura Golarsa.
Un appassionato di tennis lancia una nuova petizione online per la riapertura dei campi da tennis e la ripresa dell’attività dei circoli, nel periodo del Coronavirus, indirizzandola al Presidente del Coni, Giovanni Malagò. E da questa petizione nasce un passaparola tra i tennisti amatoriali per il raggiungimento delle firme necessarie.
L’idea della votazione collettiva è frutto di un pensiero logico che non può impedire ai praticanti, agonisti e non, di appendere la racchetta al chiodo per tutto il 2020. Il tennis è uno sport che si gioca all’aria aperta, in spazi ampi: non trattandosi di uno sport di contatto o di una disciplina praticata in luoghi chiusi e affollati (come avviene per almeno il 90% dei circoli in Italia che sono all’aperto), è importante, per chi ami questo sport, ricominciare a giocare, a divertirsi e ad allenarsi. Naturalmente un ritorno sui campi nel rispetto delle norme, da parte di tutti.
Nella petizione, che non è solo una questione di diritto, si stabiliscono delle condizioni necessarie per evitare ogni eventualità di contagio: si gioca solo in singolo, non si fa uso degli spogliatoi, non ci si dà la mano a fine match, al cambio campo ci si alterna alle panchine ecc.
L’obiettivo della petizione è dare la possibilità, basata su considerazioni logiche, a tutti i praticanti e gli amanti di questo sport, di tornare a calcare i campi da tennis, consapevoli di dover attenersi a delle regole indispensabili.
Rimandare il tennis al 2021, facendo passare un anno, senza più toccare racchetta, sarebbe un delitto laddove ci siano le condizioni per tornare tutti insieme a giocare. E le condizioni ci sono, perché i campi hanno dimensioni di 23,77 m di lunghezza con una barriera fisica tra i due singolaristi, rappresentata dalla rete.
Il tennis si evolve negli anni: cambiano gli stili di gioco, i materiali (racchette, palline, superfici) e, con essi, la possibilità per i tennisti, rispetto al passato, di usufruire di maggiori benefici sui colpi giocati, grazie alle corde attuali che permettono di conferire rotazioni e velocità di palla impensabili rispetto alle racchette di legno dell’epoca. Parallelamente a questa evoluzione, assistiamo oggi al progresso del mondo digitale.
Il Web è infatti diventato il motore di ricerca per eccellenza dove gli appassionati di tennis ricevono aggiornamenti, più o meno frequenti, grazie all’accessibilità e alla facile reperibilità delle notizie: – i tornei dei circuiti ATP e WTA, il materiale adatto alle esigenze dei tennisti (racchette, scarpe, accessori), i consigli sulla tecnica di gioco, le classifiche e i tornei in programma in giro per l’Italia – sono solo alcune delle tematiche più ricercate su Internet da parte degli amanti del tennis.
Proprio in merito ai tornei e alle classifiche regionali, è nata una nuova Progressive Web App: si tratta di Tennis Agenda, un ibrido tra una normale App per smartphone/androideun sito Web (funziona sia come App, sia come sito Web).
Tennis Agenda, scaricabile da Google Play sul proprio smartphone o android, offre molteplici funzionalità che semplificano la vita dei tennisti. Essi potranno infatti ricercare i risultati di tutti i giocatori tesseratieil calendario di tutti i tornei FIT in programma, nelle varie province italiane.
Il portale è strutturato in modo da consentire agli utenti una navigazione in base alle proprie curiosità, attraverso alcune “finestre” su cui poter cliccare ed accedere (guarda foto a sinistra).
La prima finestra è quella relativa alle tenniste e ai tennisti. Tennis Agenda nasce per cercare il ranking di tutte le giocatrici e i giocatori tesserati FIT, con classifica di quarta, terza e seconda categoria. Cliccando su ognuno di loro, è possibile visualizzare le partite disputate durante l’anno in corso, i risultatiottenuti (vittorie, sconfitte, partite nulle) elo storico del ranking.
Tennis Agenda, similmente alle piattaforme precedenti, cura alcuni dettagli. Nella schermata iniziale di ogni giocatore, compaiono una serie di dati che descrivono il “curriculum del tennista”: cognome e nome, foto, circolo di appartenenza, classifica, età (NOF, NOR, under, over), rendimento annuale e storico, classifica simulata (ovvero quella che verrà aggiornata l’anno successivo in base ai punti guadagnati o persi), i punti necessari alla promozione e quelli che occorrono per non retrocedere.
Uno degli aspetti più innovativi, che questo nuovo portale mette a disposizione, si basa sulle statistiche dei giocatori, attraverso alcuni numeri relativi agli incontri (vedi foto a destra):
– Set vinti/persi;
– Tie-Break vinti/persi;
– Partite vinte/perse;
– Tornei vinti/persi;
– Finali vinte/perse;
– Partite al terzo set vinte/perse.
Un sistema simile, per certi versi, alla classifica ATP, dove è possibile osservare tutti i dati, per capire al meglio il rendimento di un determinato giocatore o il bilancio numerico nelle diverse situazioni di gioco dello stesso. Ci sono, per esempio, giocatori che vantano un bilancio positivo nei primi set o nei tie-break ed, altri, che vincono più facilmente in rimonta. Le statistiche possono quindi tornare utili per soddisfare delle curiosità o per sapere, prima di giocare contro un determinato avversario, quali siano tendenzialmente i suoi punti di forza o di debolezza all’interno dello stesso match.
La seconda finestra è quella dedicata ai tornei.
La grande novità, rappresentata da questa nuova Progressive Web App, è la possibilità di cercare, in modo semplice ed efficace, i tornei che si disputano in tutta Italia (guarda foto a sinistra).
Questa sezione, che riguarda il calendario, permette di filtrare per:
– Categoria classifica (seconda, terza e quarta);
– Periodo (questa settimana, questo mese, tutto l’anno);
– Categoria età (Open, giovanili, veterani);
– Genere (M – F);
– Provincia.
Nella fattispecie, l’utente che naviga su Tennis Agenda, potrà scegliere, tramite un elenco delle province italiane, i tornei presenti nella propria città o nel proprio comune di residenza ed individuare i vari circoli dove i tornei stessi si svolgeranno, attraverso un collegamento immediato con Google Maps che funzionerà da geo localizzatore.
In altre parole, basterà un semplice clic o un touch per trovare il torneo desiderato e recarsi al circolo dove esso si svolgerà, cosa impossibile prima della nascita del portale.
Tennis Agenda è dunque un’innovazione che rappresenta il presente ed il futuro: la tecnologia cammina alla velocità degli scambi del tennis odierno e questa nuova Progressive Web App è pronta, dal 2018, a soddisfare le esigenze dei tennisti con semplicità ed efficacia.
Dopo le vittorie, nella domenica del 22 luglio, di Fabio Fognini a Bastad e di Marco Cecchinato a Umag, arriva la grande settimana e una domenica da incorniciare anche per Matteo Berrettini, in data 29 luglio 2018. Il tennista romano, nato e cresciuto al Circolo Canottieri Aniene di Roma, si ritrova, nel giro di un anno, dal disputare tornei Futures e Challenger, a prendere parte al circuito maggiore: quel tanto atteso exploit su cui il tennis italiano puntava, si è avverato nel migliore dei modi, grazie al primo successo ATP in carriera di Berrettini a Gstaad, dove il tennista nostrano si è imposto, nell’ultimo atto del torneo svizzero, per 7-6, 6-4 contro lo spagnolo Roberto Bautista Agut, numero 17 del ranking. Finalmente, dopo diversi infortuni patiti in passato, Berrettini avrà la possibilità di affermarsi nel circuito ATP ed essere, insieme a Fognini e Cecchinato, il terzo grande protagonista del tennis italiano, anche in chiave Coppa Davis.
Berrettini, durante tutto il torneo, ha dato prova di poter competere contro i primi 50 tennisti del mondo, liquidando tre delle teste di serie presenti in tabellone: Andrey Rublev (testa di serie numero 4), Feliciano Lopez (testa di serie numero 8) e Roberto Bautista Agut (testa di serie numero 2). Numeri e dati incoraggianti se si pensa a come Berrettini non abbia mai perso il servizio in tutto il torneoenon abbia mai concesso nemmeno un setagli avversari; aspetti legati ai passi in avanti compiuti dal tennista romano, il quale dispone di un servizio molto potente che raggiunge e supera punte di 200 km/h, un fondamentale con il quale Berrettini mette a referto tanti ace a partita; oltre a quello, il tennista romano ha un dritto a chiudere efficace, colpo con cui ottiene punti importanti, sia nei turni di servizio, sia in risposta; non male, inoltre, il gioco di volo, che Berrettini, ogni tanto, ha messo efficacemente in mostra nella finale contro il tennista iberico.
La crescita tecnico-tattica e di gestione della gara di Berrettini si sono materializzate torneo dopo torneo, punto dopo punto; negli highlights della finale, possiamo notare come il tennista azzurro abbia vinto i punti cruciali dell’incontro, sebbene regnasse un perfetto equilibrio, nei turni di servizio, tra i due contendenti per il titolo (l’unico break in tutto il match lo ha ottenuto Berrettini nel secondo set quando Bautista Agut si trovava a servire sotto 4-5, ed è stato proprio il break che ha consentito a Berrettini di chiudere il match in due set).
Malgrado i punti vinti giocando un tennis variegato, sulla scia delle soluzioni di Fognini e di Cecchinato, Berrettini si differenzia tecnicamente, e non poco, dal gioco dei due suoi connazionali. La chiave del suo tennis, infatti, si basa prevalentemente sul servizio e sul dritto, grazie anche alla mole e all’altezza, due elementi che si adattano paradossalmente meglio alle superfici rapide, un po’ come tutti i professionisti alti sopra al metro e novanta di statura.
Se queste qualità sostengono Berrettini in molteplici aspetti del gioco portandogli spesso punti diretti, in altre situazioni, però, tendono a penalizzarlo per quanto riguarda il timing sulla palla e gli spostamenti brevi, non ancora ottimali per diventare un top player.
I miglioramenti, in ogni caso, vi sono stati e i frutti del lavoro svolto con il coach Vincenzo Santopadre sono maturati passo dopo passo. Ma, come ha dichiarato lo stesso allenatore di Berrettini ai microfoni di Supertennis Tv, è bene, per il tennista romano, rimanere con i piedi per terra, continuare a lavorare ed evitare quindi di “sedersi” dopo aver vinto un torneo; segnali incoraggianti che il maestro manda all’allievo, con l’auspicio che la vittoria a Gstaad rappresenti solo il preludio di una lunga e fruttuosa carriera.
Giornata storica per il tennis italiano al maschile. Fabio Fognini e Marco Cecchinato hanno vinto, per parte, un torneo ATP 250 nello stesso giorno, il 22 luglio 2018: lo Swedish Open, a Bastad, conquistato da Fognini; il Croatia Open, a Umag, vinto da Cecchinato. Entrambi teste di serie numero tre del proprio tabellone, Fognini e Cecchinato hanno espresso un livello di gioco che ha consentito loro di imporsi in finale contro avversari non facili da superare. Il tennista di Arma di Taggia ha incontrato Fernando Verdasco e Richard Gasquet, rispettivamente nella semifinale e nella finale del torneo svedese; due ex top ten, il cui best ranking è stato per entrambi di numero 7 e che, stando alle statistiche, vantano un bilancio positivo nei tornei 250 vinti: Verdasco ha conquistato 6 tornei ATP 250 su 7; Gasquet, su 15 tornei ATP 250, li ha vinti tutti e 15. Dati che rafforzano l’impresa compiuta da Fognini contro due avversari esperti, un successo che permette al numero uno del tennis italiano di: – vincere il settimo titolo in carriera (5 su 7 vinti sulla terra nel mese di luglio, a cavallo tra la stagione su erba e quella su cemento, in quello che sembra essere un rituale per Fognini); – avvicinarsi sempre di più al proprio best ranking di 13 (con la vittoria a Bastad, Fognini diventa numero 14 del mondo); – migliorare la propria posizione nella “Race To London” al numero 12.
Similmente si può dire di Marco Cecchinato che, dopo l’exploit sorprendente al Roland Garros, ha vinto il Croatia Open di Umago, liquidando un avversario ostico nell’ultimo atto del torneo: l’argentino Guido Pella, giocatore mancino, dotato di accelerazioni insidiose e di una buona mano nei pressi della rete.
Il tennista palermitano, con la vittoria ad Umag, aggiunge nuovi tasselli alla bacheca personale:
– vincendo il secondo torneo ATP 250 in carriera;
– bissando il suo miglior ranking (da 27 a 22, proprio grazie alla vittoria ad Umago);
– entrando per la prima volta nella “Race To London” al numero 10, appena due piazze sopra al collega e connazionale Fognini.
Numeri confortanti per il tennis italiano, dettati – non solo dal periodo positivo che il movimento sta attraversando, grazie all’ingresso nei tabelloni principalidi più tennisti azzurri (nel solo torneo di Bastad, gli italiani in tabellone erano Fognini, Bolelli, Berrettini e Sonego) – ma anche dalle migliorie attuate dai singoli giocatori. Fognini è probabilmente progredito nella gestione della partita, nell’avvicinarsi maggiormente alla riga di fondo campo per guadagnare più terreno e lavorare meglio ai fianchi l’avversario; Cecchinato è cresciuto con la prima di servizio che spesso raggiunge e supera i 190 km/h, con la rapidità delle accelerazioni da fondo campo (soprattutto con il dritto a sventaglio per chiudere gli scambi), alternando valide variazioni di tocco, come la palla corta.
Quando si trova al comando degli scambi, Fognini posiziona i piedi vicino alla riga di fondo campo. Rispetto al passato, il tennista ligure adotta un gioco più aggressivo e meno remissivo. Lo si può vedere negli highlights della finale contro Gasquet, dove Fognini tende ad avvicinare i piedi alla riga per imporre il proprio gioco:
Cecchinato alterna vincenti con accelerazioni poderose, a pregevoli giocate di tocco come la smorzata. Possiamo notare i progressi del tennista palermitano nella finale contro Pella:
Il tennis italiano maschile sta dunque emergendo in quantità e qualità. Fognini e Cecchinato tengono alto l’orgoglio azzurro, con le loro vittorie e le loro scalate, ma non bisogna dimenticarsi dei più giovani come Berrettini e Sonego che migliorano nel tempo ma a cui ancora manca l’exploit decisivo.
Ha dato il possibile, e forse qualcosa in più, Marco Cecchinato, dall’inizio alla fine del torneo, in quella che è e rimarrà una cavalcata memorabile al Roland Garros per il tennista palermitano, il suo staff e il movimento del tennis italiano.
Per la prima volta, “Ceck” ha alzato ad un livello, fino a poco tempo fa impensabile, la qualità e la varietà del suo gioco, ma ciò non è bastato a superare un’impresa ancora più grande: battere un ispirato e solido Dominic Thiem, numero 8 del mondo, per arrivare a giocare la finale al Philippe Chatrier, contro tutti i pronostici del caso; un’ipotesi auspicata da tanti appassionati italiani che hanno seguito con grande trasporto questa edizione del Roland Garros e che hanno sperato, dopo la vittoria contro Novak Djokovic ai quarti di finale, che il tennista italiano potesse vincere il Roland Garros sulle ali dell’entusiasmo, a distanza di 42 anni dall’ultima volta che vi riuscì Adriano Panatta. La fame di conquista, in effetti, era tanta, visto il lungo digiuno nel tennis maschile per quanto riguarda la vittoria di un Grande Slam. Quel che ha fatto, però, un Cecchinato superlativo, è stato eguagliare Corrado Barazzutti, che fu l’ultimo tennista italiano a raggiungere la semifinale del torneo parigino nel 1978.
Il giocatore azzurro, da numero 100 del mondo ad inizio 2018, ha giocato alla pari e ha superato tennisti tra i primi 15 del ranking, fino a spingersi in semifinale in un Grande Slam; una semifinale dove ha perso non poi così nettamente, malgrado quanto riporti il punteggio finale di 7-5, 7-6, 6-1. Andando ad analizzare l’andatura dell’incontro, infatti, Cecchinato ha avuto la possibilità di servire al tie break del secondo set per pareggiare i conti e portarsi un set pari; ma Thiem ha dato prova di essere un rullo compressore dall’inizio alla fine dell’incontro, sfruttando al meglio tutte le occasioni. E lì poi si vede la differenza tra un buon giocatore e un top player, ovvero che, nei momenti cruciali, il grande campione alza il livello di gioco e riesce a convertire in proprio favore le palle del game o del set.
L’austriaco ha poi continuato a martellare con le sue accelerazioni pesanti e arrotate, a recuperare ogni palla corta di Cecchinato. Ha dato sempre l’idea di esserci e di non dare nulla per scontato. Pur giocando lontano dalla riga di fondo campo, Thiem si muoveva con scioltezza, mostrando forse una maggiore freschezza del suo avversario.
Cecchinato ha avuto le sue chance nel secondo parziale, una palla set con servizio a disposizione, che, se avesse convertito, probabilmente avrebbe girato la partita in un altro modo, come poi ha affermato lo stesso Thiem nell’intervista a fine match. Ma, tra i due, ha prevalso la palla più pesante dell’austriaco che, a parte qualche sbavatura a rete, ha sempre mosso meglio il gioco.
Bene comunque per Cecchinato che, oltre a quanto di buono fatto nel corso della manifestazione, guadagnerà una ventina di posizioni nel ranking (da attuale 47 del mondo, entrerà nei primi 30), un montepremi inedito per la sua vita e la sua carriera, pari a 560.000 euro, e otterrà, oltre al riconoscimento degli appassionati di tennis e dei colleghi del circuito, anche una considerazione importante per una eventuale convocazione in Coppa Davis: il Capitano Corrado Barazzutti, infatti, potrà schierarlo titolare nei prossimi appuntamenti avvalendosi di una soluzioneestremamente valida per tutta la formazione, in singolare e in doppio, al fianco dell’attuale numero 1 del tennis italiano, Fabio Fognini.
L’augurio del mondo del tennis è che, per Cecchinato, questa cavalcata di vittorie al Roland Garros, possa rappresentare l’inizio e la continuazione di una nuova carriera, all’insegna del successo. Che è poi la parola chiave di cui tutto il tennis italiano ha bisogno.
Non accadeva dal 1978 che un tennista italiano arrivasse in semifinale al Roland Garros: l’ultimo a riuscirci fu Corrado Barazzutti. Mentre, a vincerlo, vi furono solamente Nicola Pietrangeli nel 1959 e 1960 e Adriano Panatta nel 1976.
Oggi, in un’epoca successiva a Pietrangeli, Panatta e Barazzutti, esce fuori il nome di Marco Cecchinato, che, a distanza di 40 anni dal traguardo raggiunto proprio da Barazzutti, torna a far rivivere momenti toccanti al movimento del tennis italiano e a tutti i suoi appassionati, entrando nel tabellone principale del Roland Garros e spingendosi avanti, lungo tutto l’arco del torneo, con grande personalità.
Una personalità che nasce probabilmente dalla maturità, raggiunta dal tennista azzurro, sotto diversi punti di vista: prima di tutto mentale, per quanto riguarda la gestione delle situazioni delicate durante il match e l’importanza dei punti chiave: Cecchinato, in un evento di grande portata come uno Slam, non ha avuto “il braccino” quando c’era da servire per il match, ma ha spesso tirato fuori il meglio di sé andando a conquistarsi la vittoria contro dei top players che non hanno “tenuto botta” al suo gioco; ma anche una maturità tecnico-tattica: si è visto un Cecchinato in fiducia con tutti i fondamentali e, contrariamente a quanto si vedeva qualche anno fa, un rovescio nettamente più efficace, tanto da sentire sicuro il vincente lungo linea con questo colpo. Sappiamo, probabilmente, che il dritto e il servizio sono i colpi che fanno da padrone nel tennis del palermitano, se guardassimo i punti diretti ottenuti dal tennista azzurro nell’arco del torneo; ma il rovescio non si è dimostrato da meno.
Inoltre, Cecchinato, può vantare “un piano b” nel suo bagaglio: gli abbiamo visto giocare spesso delle palle corte vincenti o soluzioni alternative alle accelerazioni da fondo campo come i colpi stretti e gli schiaffi di dritto al volo. Lo ha dimostrato soprattutto nel quarto di finale contro Novak Djokovic, dove Cecchinato è venuto spesso avanti a prendersi il punto.
Dal punto di vista dei risultati ottenuti, Cecchinato ha realizzato, in un solo anno, quello che potremmo definire “un passo da gigante”: partiva dal circuito Challenger fino al 2017, per poi allenarsi duramente e diventare, sulla scena internazionale, uno dei primi 50 giocatori al mondo e, probabilmente, con il livello di tennis che sta esprimendo attualmente, uno dei più temibili sulla terra battuta. Il palermitano, infatti, nel solo 2018, ha vinto il suo primo torneo ATP 250 a Budapest, liquidando, tra gli altri, in semifinale, il connazionale e idolo di infanzia, Andreas Seppi; ha ottenuto una vittoria abbastanza significativa contro Fabio Fognini al primo turno del 250 di Monaco di Baviera; ha fatto partita alla pari, agli Internazionali d’Italia, contro la testa di serie numero 9 del torneo David Goffin, pur perdendo in tre set.
Ma la grande rivelazione arriva proprio al Roland Garros, tra lo stupore generale del pubblico: Cecchinato vince una partita complicatissima contro Marius Copil, da 2 set sotto di svantaggio; supera l’argentino Marco Trungelliti al secondo turno; liquida successivamente Pablo Carreño Busta (numero 11 del mondo e testa di serie numero 10 del torneo); si riprende lo scalpo di David Goffin dopo la sconfitta a Roma (numero 9 del mondo e testa di serie numero 8 del torneo); e, ai quarti di finale, ha la meglio sull’ex numero 1 del mondo Novak Djokovic, vincitore del Roland Garros nel 2016.
Risultati, figli del fatto che, oltre a Fabio Fognini, il tennis italiano sta aprendo le porte ad un nuovo protagonista molto interessante, anche in ottica Coppa Davis.
La favola per il tennista palermitano continua. Troverà Dominic Thiem in semifinale. Gli appassionati del tennis italiano e tutto il movimento sperano in un’altra grande impresa, firmata Marco Cecchinato. Sognare non costa, ma se l’attuale numero due del tennis italiano ha liquidato con pieno merito tre dei top players presenti in tabellone, vuol dire che potrà farlo anche con i prossimi due, Rafael Nadal permettendo.