– L’avvicinamento al tennis di Fabio Fognini ha inizio nel piccolo comune ligure di Arma di Taggia, in provincia di Imperia. Perché hai scelto il tennis e quali sono state le prime figure di riferimento che ti hanno avviato al nostro sport?
– Da piccolo giocavo a tennis, a calcio e sciavo molto bene, fin quando, a forza di andare al circolo con mio papà Fulvio che ne era il presidente, mi sono buttato a 12 anni definitivamente sul tennis, pensando di aver scelto il meglio.
– È necessario intraprendere un percorso fatto di tanti sacrifici e dedizione prima di accedere al professionismo. Avresti mai immaginato di diventare, un giorno, uno dei tennisti italiani più famosi?
– Ho perso tutta la mia adolescenza e ti devo dire che mi manca. Ho fatto i sacrifici che tutti i ragazzi compiono, sia che diventino numero 1 o numero 1000 del mondo.
– Tutti ricordano le grandi partite che hai giocato, come le vittorie indimenticabili contro Rafael Nadal agli US Open, dove perdevi 2 set a 0, a Rio De Janeiro, a Barcellona e, soprattutto, in semifinale a Monte-Carlo, torneo Master 1000 che poi hai vinto, battendo in finale Dusan Lajovic. Anche le varie imprese in Coppa Davis: tra le tante, quella contro l’allora numero 1 del mondo Andy Murray, che hai sconfitto nettamente anche a Roma, oltre a Napoli con la maglia azzurra. Per conseguire questi risultati, è necessario un lavoro di qualità e di quantità che ti ha portato nel 2013, sotto la guida di José Perlas, fra i primi 20 giocatori del mondo. Quali sono state le vittorie più significative che ricordi con maggiore soddisfazione?
– La partita più bella l’ho giocata in Coppa Davis contro Andy (ndr. Andy Murray), ma non male anche quella a New York contro Rafa (ndr. Rafael Nadal).
– Hai giocato nel circuito professionistico in un periodo storico di grandi campioni quali Federer, Nadal, Djokovic, Murray, Del Potro, Wawrinka e molti altri ostici top ten – eppure hai conseguito risultati di prestigio. Malgrado questo, hai sempre ricevuto critiche, spesso gratuite da parte dei soliti “scienziati”. Come hai arginato in tutti questi anni il peso delle aspettative, derivante dai giudizi?
– Dei commenti demenziali non mi è mai interessato nulla perché arrivano da quei scommettitori frustrati che non meritano risposta; a loro ci pensava mio padre.
– Nel libro “Warning – La mia vita tra le righe”, dove si racconta la tua biografia, emergono due facce di Fabio Fognini: il genio, da un lato, e la sregolatezza dall’altro. Reputi questa tua ambivalenza caratteriale, così come viene descritta nel libro, un punto di forza che ha forgiato il Fabio Fognini in campo o, al contrario, un qualcosa che lo ha limitato nel raggiungere traguardi ancor più importanti di quelli già grandi che ha ottenuto nella sua carriera professionistica?
– Se avessi avuto un servizio buono, sarei rimasto per dieci anni nella top ten, ma purtroppo io servivo dalla cantina, mentre molti altri dal decimo piano di un palazzo!

– L’ultima partita della tua carriera, nel 2025, sul centrale di Wimbledon contro Carlos Alcaraz, ti ha visto vincere due set al numero 2 del mondo, tra l’altro più giovane di te di ben sedici anni, è la testimonianza di quanto fosse alto il livello del tuo tennis. Cosa ti mancherà di più di questi irripetibili 20 anni vissuti nel circuito professionistico al fianco di grandi campioni?
– Personalmente mi mancherà la routine quotidiana fatta di sudore, tensione, soddisfazione e delusione. Per quanto riguarda il tennis, è cambiato molto negli ultimi anni: non ci sono più i giocatori, o comunque ce ne sono pochissimi, con il talento dei campioni di 15 anni fa. Ora tirano, chi più chi meno, a 300 km/h e gli spettatori cominciano a essere stufi perché vorrebbero vedere qualcosa di diverso.
– Fabio Fognini dopo il tennis giocato. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai mai pensato di occuparti di coaching, seguendo da vicino giovani talenti emergenti e giocatori professionisti? O anche di cimentarti come commentatore in un studio televisivo?
– In questo periodo mi godo la famiglia, divertendomi a partecipare in qualche trasmissione simpatica come “Ballando con le Stelle”, per il resto chi vivrà vedrà. Ciao a tutti.
Foto archivio: Fulvio Fognini
Federico Bazan © produzione riservata





Open e soprattutto ha portato tre punti preziosi all’Italia di Davis nella trasferta contro il Giappone, regalando, praticamente da solo, l’accesso ai quarti di finale alla formazione capitanata da Corrado Barazzutti. Giocando tre partite da titolare, di cui i due singolari contro Daniel e Sugita, vinti al quinto set, e il doppio in coppia con Bolelli, il tennista ligure ha speso un totale di dodici ore consecutive in campo. Un Fognini eroico, che si è caricato sulle spalle l’impresa di vincere tre partite, peraltro in una trasferta, all’apparenza semplice per l’assenza di Kei Nishikori, ma nei fatti molto complessa per il tennis insidioso che i giapponesi hanno messo in mostra e anche per delle condizioni di gioco non propriamente favorevoli agli azzurri. Merito che va anche a Simone Bolelli, dove nel doppio risulta ormai, per Barazzutti, una garanzia, in coppia con il tennista di Arma di Taggia. Fognini che, a seguito delle prestazioni di livello giocate nella tournée australiana, risale in cattedra alla posizione 22 della classifica, con buone possibilità, da qui ai prossimi mesi, di tornare nei primi 20 del mondo.




