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Esclusiva: intervista a Fabio Fognini

La mia foto con Fabio Fognini al Foro Italico, dopo un suo allenamento in uno dei campi ground

– L’avvicinamento al tennis di Fabio Fognini ha inizio nel piccolo comune ligure di Arma di Taggia, in provincia di Imperia. Perché hai scelto il tennis e quali sono state le prime figure di riferimento che ti hanno avviato al nostro sport?

– Da piccolo giocavo a tennis, a calcio e sciavo molto bene, fin quando, a forza di andare al circolo con mio papà Fulvio che ne era il presidente, mi sono buttato a 12 anni definitivamente sul tennis, pensando di aver scelto il meglio.


– È necessario intraprendere un percorso fatto di tanti sacrifici e dedizione prima di accedere al professionismo. Avresti mai immaginato di diventare, un giorno, uno dei tennisti italiani più famosi?

– Ho perso tutta la mia adolescenza e ti devo dire che mi manca. Ho fatto i sacrifici che tutti i ragazzi compiono, sia che diventino numero 1 o numero 1000 del mondo.

L’esultanza di Fabio Fognini agli US Open

– Tutti ricordano le grandi partite che hai giocato, come le vittorie indimenticabili contro Rafael Nadal agli US Open, dove perdevi 2 set a 0, a Rio De Janeiro, a Barcellona e, soprattutto, in semifinale a Monte-Carlo, torneo Master 1000 che poi hai vinto, battendo in finale Dusan Lajovic. Anche le varie imprese in Coppa Davis: tra le tante, quella contro l’allora numero 1 del mondo Andy Murray, che hai sconfitto nettamente anche a Roma, oltre a Napoli con la maglia azzurra. Per conseguire questi risultati, è necessario un lavoro di qualità e di quantità che ti ha portato nel 2013, sotto la guida di José Perlas, fra i primi 20 giocatori del mondo. Quali sono state le vittorie più significative che ricordi con maggiore soddisfazione?

– La partita più bella l’ho giocata in Coppa Davis contro Andy (ndr. Andy Murray), ma non male anche quella a New York contro Rafa (ndr. Rafael Nadal).

Fabio Fognini con Roger Federer al torneo di Madrid

– Hai giocato nel circuito professionistico in un periodo storico di grandi campioni quali Federer, Nadal, Djokovic, Murray, Del Potro, Wawrinka e molti altri ostici top ten – eppure hai conseguito risultati di prestigio. Malgrado questo, hai sempre ricevuto critiche, spesso gratuite da parte dei soliti “scienziati”. Come hai arginato in tutti questi anni il peso delle aspettative, derivante dai giudizi?

– Dei commenti demenziali non mi è mai interessato nulla perché arrivano da quei scommettitori frustrati che non meritano risposta; a loro ci pensava mio padre.

– Nel libro “Warning – La mia vita tra le righe”, dove si racconta la tua biografia, emergono due facce di Fabio Fognini: il genio, da un lato, e la sregolatezza dall’altro. Reputi questa tua ambivalenza caratteriale, così come viene descritta nel libro, un punto di forza che ha forgiato il Fabio Fognini in campo o, al contrario, un qualcosa che lo ha limitato nel raggiungere traguardi ancor più importanti di quelli già grandi che ha ottenuto nella sua carriera professionistica?

– Se avessi avuto un servizio buono, sarei rimasto per dieci anni nella top ten, ma purtroppo io servivo dalla cantina, mentre molti altri dal decimo piano di un palazzo!

L’esultanza di Fabio Fognini in una delle tante partite disputate con la maglia azzurra in Coppa Davis

– L’ultima partita della tua carriera, nel 2025, sul centrale di Wimbledon contro Carlos Alcaraz, ti ha visto vincere due set al numero 2 del mondo, tra l’altro più giovane di te di ben sedici anni, è la testimonianza di quanto fosse alto il livello del tuo tennis. Cosa ti mancherà di più di questi irripetibili 20 anni vissuti nel circuito professionistico al fianco di grandi campioni?

– Personalmente mi mancherà la routine quotidiana fatta di sudore, tensione, soddisfazione e delusione. Per quanto riguarda il tennis, è cambiato molto negli ultimi anni: non ci sono più i giocatori, o comunque ce ne sono pochissimi, con il talento dei campioni di 15 anni fa. Ora tirano, chi più chi meno, a 300 km/h e gli spettatori cominciano a essere stufi perché vorrebbero vedere qualcosa di diverso.

– Fabio Fognini dopo il tennis giocato. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai mai pensato di occuparti di coaching, seguendo da vicino giovani talenti emergenti e giocatori professionisti? O anche di cimentarti come commentatore in un studio televisivo?

– In questo periodo mi godo la famiglia, divertendomi a partecipare in qualche trasmissione simpatica come “Ballando con le Stelle”, per il resto chi vivrà vedrà. Ciao a tutti.

Foto archivio: Fulvio Fognini

Federico Bazan © produzione riservata

Fabio Fognini si ritira dal circuito professionistico: il mio ricordo del tennista e dell’uomo

Wimbledon 2025 è stata l’ultima apparizione nella carriera di Fabio Fognini, che è uscito di scena a testa alta contro il numero 2 del mondo Carlos Alcaraz, impegnandolo fino al quinto set, nel primo turno dello Slam londinese. In conferenza stampa, Fabio Fognini ha dichiarato: “È stata una bella corsa. In vent’anni dentro al circuito ho avuto la fortuna di giocare contro i più forti della storia, contro i due giocatori più forti della seconda storia. E poi giocare una partita così con Alcaraz, anch’io non me l’aspettavo. È stato tutto bello. Mi mancherà un po’ la competizione, un po’ meno la routine. Sono entrato in punta di piedi ed esco a testa alta con una sconfitta/vittoria sul Centrale di Wimbledon che per il Fabio Fognini ragazzino, ad Arma di Taggia, è una cosa bellissima”.

Fabio Fognini annuncia il ritiro dal circuito ATP in conferenza stampa


Fognini tennista nei numeri:

Tra le partite più significative vinte dal tennista ligure, in vent’anni di carriera, ci sono, come egli stesso ha ricordato: “I miei tre match migliori? Con Alcaraz qui a Wimbledon, con Murray in Coppa Davis e con Nadal a Monte-Carlo”. A questi, personalmente aggiungerei la vittoria nel secondo turno a Roma contro l’allora numero 1 al mondo Andy Murray e gli altri successi contro Rafael Nadal in semifinale a Rio de Janeiro, a Barcellona agli ottavi di finale e agli US Open, nei sedicesimi di finale.

I tornei più importanti conquistati? In singolare, il Masters 1000 di Monte-Carlo. In doppio, gli Australian Open con Simone Bolelli. A dimostrazione della versatilità ed adattabilità di Fognini sia in singolare, sia in doppio a prescindere dalla superficie di gioco. Il record di essere entrato nella top ten sia in singolo sia in doppio, record unico per un tennista italiano, rende Fognini uno dei giocatori più completi di sempre in entrambe le specialità.

La statistica più interessante? Oltre ad essere stato numero 9 al mondo e ad aver battuto diversi numero 1 del ranking ATP tra cui Rafael Nadal e Andy Murray – nell’arco ventennale della sua carriera all’interno del circuito maggiore, Fognini è stato ed è rimasto nei primi 20 giocatori al mondo, per un totale di 220 settimane complessive. Questo periodo di tempo equivale, circa, a 5 anni e 3 mesi della sua carriera, uno degli elementi che ha permesso a Fognini di essere molto competitivo contro i top players, in più occasioni e in diverse annate.


Fognini tennista nella tecnica:

Il braccio educato, la classe e la facilità di esecuzione di Fognini sono caratteristiche mai passate inosservate per chi lo ha visto giocare. Il gioco del tennista ligure si è sempre distinto per la capacità improvvisa sia di dritto che di rovescio di accelerare i colpi, mascherandone la direzione, e piazzarli agli angoli del campo, grazie alla velocità di braccio e alla precisione nell’indirizzare la palla. Giocatore di grande estro e di grande tocco, Fognini è stato uno di quei tennisti con varie soluzioni tecnico-tattiche da poter adottare: dal vincente da fondo campo a seguito di uno scambio prolungato, alla discesa a rete con la volée di chiusura, piuttosto che la smorzata fintata anche da lontano dalla rete. Contrariamente a quel che si pensi per l’assenza di un vero e proprio split step, il gioco di gambe e gli scatti brevi in avanti e laterali, sono state altre doti del suo tennis che gli hanno consentito di vincere dei punti recuperando delle palle impensabili.


Fognini uomo nel carattere in campo:

Giocatore dalla personalità ribelle ed impulsiva, nel corso della carriera Fognini si è lasciato andare a dichiarazioni ed imprecazioni, nei momenti più delicati. Ma ha sempre riconosciuto di aver sbagliato, chiedendo scusa nelle sedi opportune e dimostrando una maturità progressiva con il passare degli anni. “Dicevo sempre le cose come stavano. Ho sbagliato, ma fa parte di un percorso molto lungo. Ci sono state più salite che discese. Ci sono degli obiettivi: a volte puoi raggiungerli, altre devi voltare pagina. Oggi sono qui per andare punto e a capo. Inizia una nuova vita fuori dal campo. Sono disposto a dare consigli a chi vorrà, ascoltando anche le cose brutte. Dire le cose come stanno porta a volte allo scontro, ma si esce più forti. Questo lo devo a mio padre, molto diretto e senza peli sulla lingua”.

La mia foto con Fabio Fognini agli Internazionali BNL d’Italia 2025, al termine di un allenamento sui campi ground

Fognini uomo nel ricordo personale:

Insieme a Andreas Seppi, Paolo Lorenzi e Simone Bolelli, credo che Fognini sia stato il giocatore protagonista, in grado di trascinare con grande dedizione il movimento del tennis italiano, in un periodo nel quale la Federazione Italiana Tennis faceva fatica a trovare dei talenti emergenti nel vivaio maschile (mi riferisco al periodo che va più o meno dal 2007 al 2017, prima dell’affermazione di Matteo Berrettini). Quando Fognini è stato convocato in Coppa Davis, ha sempre risposto “presente”, non rinunciando mai a giocare per la maglia azzurra e portando a casa partite tutt’altro che semplici.
Aldilà delle vittorie e degli ostacoli, degli alti e dei bassi, che fanno parte inevitabilmente della carriera di un tennista, il ricordo che conservo di Fabio Fognini, sotto l’aspetto umano, è sorprendente: nel lontano 2013 – l’anno dell’exploit del tennista ligure con l’ingresso in top 20 e le vittorie dei tornei di Stoccarda, Amburgo e la finale ad Umago – lo vidi giocare nella gara di Coppa a Squadre di Serie A tra il Circolo Canottieri Aniene, formazione di casa, e il Park Tennis Genova, formazione in trasferta, per la quale giocava Fognini. Il clima sulle panchine del circolo era piuttosto di parte per la squadra di casa, capitanata da Vincenzo Santopadre, con Flavio Cipolla ed un giovanissimo Matteo Berrettini, appena diciassettenne.
In quella domenica mattina, i due Capitani schierarono, nel match di singolare, Flavio Cipolla, da un lato, e Fabio Fognini, dall’altro. La partita fu molto lottata e nervosa: sugli spalti si sentivano dei fischi e delle parole offensive nei confronti di Fabio, il quale rispose con molta eleganza agli insulti: “Non mi offendete, però”. Ricordo le sue parole come se fosse ieri. La partita fu vinta da Flavio Cipolla, l’allora numero 190 del mondo, mentre Fognini era appena entrato nei primi 20 del ranking ATP.
Mi resi conto, alla fine dell’incontro perso da Fognini e le parole che dovette incassare ingiustamente da qualche tifoso, che chiedergli una foto e un autografo sulla copertina del libro “500 Anni di Tennis” – con il quale andavo in giro per strappare le firme dei grandi giocatori – sarebbe stato un rischio per una eventuale reazione non gradita da parte sua, considerando gli insulti beceri che qualcuno gli aveva riservato sugli spalti e la sconfitta contro un giocatore nettamente più basso di lui in classifica.
Fuori dal campo, al termine del match, seguendo “Fogna” e dirigendomi verso lo spogliatoio, gli domandai con voce timida: “Fabio possiamo farci una foto e posso avere un tuo autografo?”. Fabio capì il mio interesse e il mio sostegno nei suoi confronti e mi disse: “Vado a farmi una doccia e torno”.
A volte, è meglio aspettare molto tempo ma ricevere un dono inaspettato, che avere fretta e andarsene senza sapere quel che di bello riserverà il futuro.
Venti minuti dopo, forse mezz’ora, Fabio ritornò vicino al campo dove intanto mi guardavo intorno cercando di avere altri autografi dai vari giocatori presenti. Si fece scattare una foto e incise il suo nome e cognome con il pennarello sulla copertina “500 Anni di Tennis”.
Se Fognini è sempre stato criticato per il suo comportamento in campo, a volte bisogna essere capaci di vedere l’altra persona e le difficoltà che sta vivendo. Perché non è scontato che un tennista in pieno exploit di risultati dedichi del tempo ad un appassionato (in quel caso ero io), dopo esser stato insultato da qualcuno che di tennis non capisce nulla e ripreso dai compagni di squadra per aver perso una partita.
Penso che, dopo il tempo dedicatomi in quella occasione, debba personalmente ringraziare Fabio e riconoscerne una disponibilità e una apertura non così banali.

Con il ritiro dal tennis professionistico, si chiude un capitolo importante nelle pagine scritte da Fognini, ma la gratitudine per questo sport rimane e, per l’ormai ex tennista di Arma di Taggia, inizierà una nuova vita.

Fonti dichiarazioni: Sky Sport Wimbledon

Federico Bazan © produzione riservata

Il riscatto del tennis italiano

Il 2018 è iniziato con il botto per il movimento del tennis italiano, soprattutto nel maschile, con:

  • Fabio Fognini, che ha raggiunto le semifinali a Sydney, gli ottavi agli AustralianFabio Fognini Open e soprattutto ha portato tre punti preziosi all’Italia di Davis nella trasferta contro il Giappone, regalando, praticamente da solo, l’accesso ai quarti di finale alla formazione capitanata da Corrado Barazzutti. Giocando tre partite da titolare, di cui i due singolari contro Daniel e Sugita, vinti al quinto set, e il doppio in coppia con Bolelli, il tennista ligure ha speso un totale di dodici ore consecutive in campo. Un Fognini eroico, che si è caricato sulle spalle l’impresa di vincere tre partite, peraltro in una trasferta, all’apparenza semplice per l’assenza di Kei Nishikori, ma nei fatti molto complessa per il tennis insidioso che i giapponesi hanno messo in mostra e anche per delle condizioni di gioco non propriamente favorevoli agli azzurri. Merito che va anche a Simone Bolelli, dove nel doppio risulta ormai, per Barazzutti, una garanzia, in coppia con il tennista di Arma di Taggia. Fognini che, a seguito delle prestazioni di livello giocate nella tournée australiana, risale in cattedra alla posizione 22 della classifica, con buone possibilità, da qui ai prossimi mesi, di tornare nei primi 20 del mondo.
  • Andreas Seppi, che, malgrado la sconfitta in Coppa Davis contro Sugita, ha avuto un cammino simile a quello di Fognini agli Australian Open, dove si è fermato agli ottavi di finale contro la sorpresa dello Slam australiano, Kyle Edmund, semifinalista del torneo. L’altoatesino, che si trova particolarmente a suo agio con il primo Slam dell’anno, ha sempre raggiunto ottimi piazzamenti agli Open di Australia dove, come miglior risultato, vanta i sedicesimi di finale in quattro occasioni (2013, 2015, 2017 e 2018) e dove, tra l’altro, detiene l’unica vittoria contro Roger Federer (su un totale di 14 scontri diretti con lo svizzero).
  • Il giovane tennista azzurro Lorenzo Sonego, che compie l’exploit: il torinese, 22 anni, ha esordito per la prima volta nel circuito maggiore, superando le qualificazioni degli Australian Open (battendo, tra gli altri, Bernard Tomic, ex top 20) ed entrando nel tabellone principale dove ha liquidato Robin Haase (numero 36 del ranking ATP) prima di arrendersi al secondo turno a Richard Gasquet. Prestazione maiuscola e sorprendente di Sonego, che ha buoni margini davanti a sè.
    Con le vittorie di Sonego – e anche con quelle recenti di Matteo Berrettini nel tabellone di qualificazioni a Melbourne e di Stefano Travaglia nei tornei 250 su terra – il tennis italiano, nel maschile, esce rinvigorito in termini di ricambio generazionale, a seguito di annate tutt’altro che brillanti. Sonego (173 ATP), Berrettini (130 ATP) e Travaglia (133 ATP), con le recenti comparse nei tabelloni dei tornei più importanti, possono ambire, da qui ai prossimi mesi del 2018, a fare il loro ingresso nei primi 100 del mondo. Dovranno però mantenere l’intensità e il livello di gioco espressi a inizio stagione.

    Quanto al circuito femminile, è Camila Giorgi l’attuale trascinatrice del movimento del tennis italiano. La tennista italo argentina ha dato prova che, se serena ed in fiducia, può battere agevolmente anche le grandi giocatrici. Pensiamo alla cavalcata straordinaria nel torneo di Sydney dove ha liquidato nettamente la vincitrice degli US Open 2017, Sloane Stephens, concedendole le briciole, per 6-3, 6-0; ha sconfitto la due volte campionessa di Wimbledon, Petra  Kvitová, per 7-6, 6-2; ha dominato per 6-1, 6-2 Agnieszka Radwańska (ex numero 2 del mondo); per poi perdere in semifinale contro la vincitrice del torneo, Angelique Kerber, probabilmente più per stanchezza di partite accumulate nelle gambe, che per demeriti (Camila, infatti, provenendo dal girone di qualificazione del torneo di Sydney, ha giocato sette incontri consecutivi).

    camila giorgi

    La Giorgi ha quindi cambiato qualcosa in meglio del proprio tennis e anche della gestione delle partite. Non è un caso che i progressi svolti siano emersi grazie al lavoro fatto con Andrei Kozlov, nuova figura nell’angolo della giocatrice azzurra che, dal 2018, affianca il padre Sergio Giorgi nei tornei WTA per seguire Camila.
    I progressi della Giorgi, in termini di maturità delle scelte tecnico-tattiche e di gestione della gara, potrebbero derivare proprio dal contributo apportato dallo stesso Kozlov, allenatore che gestisce un’accademia di tennis con sede in Florida e che cura da vicino il gioco della marchigiana. Durante il torneo di Sydney, Camila, da fondo campo, pur giocando numerose accelerazioni, sbagliava meno del solito, tirava i suoi colpi abituali ma senza il bisogno di forzarli tutti; ha difatti messo in mostra delle trame di gioco più logiche e meno istintive, che l’hanno premiata. Vedremo se continuerà su questa scia inedita del suo gioco e del suo rendimento. In molti, tra gli appassionati, se lo augurano, anche perché la Giorgi ha ancora il tempo per bissare traguardi più grandi di quelli raggiunti fino adesso. Per farlo, sarà però necessario il sostegno di una figura di riferimento come può essere Kozlov, che la aiuti a darle fiducia e serenità.

    Facendo un’analisi più generica del tennis italiano al femminile, a parte la Giorgi, non vi sono all’orizzonte grandi promesse, o quantomeno giocatrici che, ad oggi, possano entrare nella top 100, considerando anche il fatto che l’attuale numero due del tennis femminile, in Italia, è Francesca Schiavone (che si trova più o meno stabilmente tra le 90 e le 100 del mondo e che ha comunque una certa età rispetto alle giovanissime) e, a seguire, lontano dalle prime 100, una Errani, vittima di un crollo netto nel rendimento dopo la vicenda doping, e una Vinci ormai sul viale del tramonto.
    La vera crisi a cui è andato incontro il movimento del tennis femminile in Italia si è aperta con il ritiro di Flavia Pennetta. Non è un caso se, da quel momento, la Errani e la Vinci siano sprofondate stagione dopo stagione, torneo dopo torneo. E il fatto curioso è che, sebbene la Schiavone, la Errani e la Vinci non riescano più ad agguantare i successi ottenuti all’epoca, rientrano comunque tra le prime quattro giocatrici del tennis italiano, dietro alla Giorgi, stando alla classifica FIT; questo è sintomatico del fatto di come le giovani tenniste azzurre, nate negli anni ’90, facciano davvero fatica ad emergere e di come, contrariamente al maschile, non si possa oggi parlare di un avvenuto ricambio generazionale del tennis femminile. Ne consegue, quindi, una squadra di Fed Cup non irresistibile, trascinata al momento dalla sola Giorgi e da una Errani che non può più contare sui doppi giocati in coppia con la Vinci, ormai ritiratasi dalla squadra di Fed Cup.
    Si sono dunque invertite le parti: se un tempo erano Pennetta, Schiavone, Errani e Vinci a tenere alto l’orgoglio della Federazione Italiana Tennis, ad oggi lo stanno difendendo Fognini, Seppi e i nuovi emergenti, insieme ad una Giorgi che fa vedere sprazzi di tennis da top player.

Federico Bazan © produzione riservata

Fabio Fognini e quei colpi da primi 10 del mondo

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Si parla spesso di come l’attuale numero 1 del tennis italiano, Fabio Fognini, possa valere una classifica tra i primi 10 giocatori del mondo, per l’immenso talento e i progressi raggiunti nel corso degli anni. Sono supposizioni fondate se consideriamo che Fognini è il primo tennista italiano, solo dopo Adriano Panatta, a vantare un bilancio di almeno 3 vittorie a livello ATP contro due top ten: contro Rafael Nadal, battuto al terzo turno agli Us Open, nella semifinale del torneo di Rio e agli ottavi del torneo di Barcellona (2015); contro Andy Murray, liquidato nettamente dal ligure, con un doppio 6-2 all’allora Masters Series del Canada (2007, quando entrambi avevano 20 anni), nei quarti di finale di Coppa Davis a Napoli (2014) e al secondo turno degli Internazionali di Roma (2017). Curioso notare come Fognini, le tre volte che ha battuto Murray, non gli abbia mai concesso nemmeno un set.

Non ci sono solo le statistiche a confermare il fatto che Fognini possa realmente ambire a grandi traguardi contro grandi campioni, non che lo abbia già fatto… il tennista di Arma di Taggia dispone, infatti, di diverse frecce al proprio arco dal punto di vista tecnico-tattico che potrebbero portarlo ad essere stabilmente un top ten: il talento, inteso come l’insieme delle qualità innate del gioco di Fabio: di base Fognini è un artista della racchetta, il che vuol dire che ha un’inventiva e un repertorio di colpi molto vasto; la capacità di adattarsi al gioco dell’avversario: Fognini è in grado di spingere la palla quando attacca ma anche di contenere in fase difensiva le accelerazioni dell’avversario, grazie ad una grande mobilità negli spostamenti laterali e frontali (vi invito a cliccare sotto sul link “video di elogio” e guardare i punti contro Federico Delbonis, dove vedrete la velocità di gambe di Fognini); la no chalance nel portamento del colpo, il che rende Fognini un giocatore particolarmente duttile alle circostanze.
Non solo. Potremmo parlare della facilità con la quale il ligure accelera la palla, attraverso un’apertura breve, secca, veloce del diritto, quasi come se mascherasse le direzioni e di un rovescio bimane che va da solo nella sua naturalezza.
Tra le altre doti del tennista di Arma di Taggia vi è la sensibilità nel tocco: Fabio è un maestro delle palle corte e delle volèe stoppate.

In questo video di elogio al tennista ligure, abbiamo la dimostrazione di quanto appena descritto del gioco di Fognini.

Le qualità del numero 1 del tennis italiano non finiscono qui. Un’altra caratteristica importante di Fognini è l’intelligenza tattica. Guardate attentamente i punti dove Fabio comanda gli scambi. La logica di gioco nella conquista di un qualsiasi punto vinto dal ligure è corretta. Fa correre gli avversari per poi procurarsi il colpo a chiudere.

Se Fognini fosse stato un giocatore acerbo, immaturo, privo di testa, non sarebbe mai arrivato dove si trova attualmente, non sarebbe mai stato 13 del mondo, non avrebbe mai potuto battere Nadal e Murray. È altrettanto vero, però, che Fognini, per il tipo di gioco che ha, potrebbe fare molto meglio di chi invece, nel circuito ATP, ha dei limiti tecnici e mentali a causa dei quali non può emergere ai vertici. Il fattore che probabilmente fa la differenza a quei livelli sta nella testa, ovvero nella convinzione e nella capacità di sapersi gestire. Ma Fabio è così: lui è o prendere o lasciare.

Federico Bazan © produzione riservata

Bilancio del tennis italiano relativo alla stagione 2016

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Il tennis italiano, maschile e femminile, ha vissuto un 2016 in progressivo declino se si va ad analizzare nel merito quanto accaduto nei singoli tornei disputati, in termini di statistiche (vittorie / sconfitte), punti ottenuti, posizioni nel ranking e trofei vinti.
Il 2016 è stata una stagione positiva per il tennis femminile, solo in un primo momento, con le rispettive vittorie di Roberta Vinci a San Pietroburgo, Sara Errani a Dubai e Francesca Schiavone a Rio, arrivate tutte nel mese di febbraio. Da quel periodo di auge in poi, fino a fine stagione, se si esclude l’ottima cavalcata della Vinci agli Us Open (dove la tarantina ha raggiunto i quarti di finale perdendo dalla attuale numero 1 del mondo Angelique Kerber), le tenniste italiane non sono mai riuscite a trovare quella continuità nelle vittorie che hanno consentito loro, in passato, di superare sfide importanti.

Entrando nello specifico, Sara Errani che vanta come best ranking la sesta posizione, aveva cominciato l’anno da numero 20 del mondo e, in seguito al successo ottenuto nel torneo di Dubai, aveva raggiunto la posizione numero 16. Ha chiuso però la stagione da numero 49, perdendo così 33 posizioni e 1345 punti. Errani che nel 2016, a parte il torneo di Dubai, non ha mai superato il terzo turno in nessun’altra competizione, comprese le prove del Grande Slam.

Meno negativa è la situazione riguardante Roberta Vinci, che ha aperto la stagione da numero 15, raggiungendo come best ranking la posizione numero 7, in seguito al trionfo conseguito nel torneo di San Pietroburgo; la tarantina ha tuttavia chiuso l’anno da numero 18 del ranking. La Vinci ha quindi perso 11 posizioni rispetto al suo risultato annuale massimo e ha vanificato la conquista di 3550 punti (picco raggiunto dopo la vittoria di San Pietroburgo) perdendone, similmente alla Errani, 1340 nel computo finale.

Francesca Schiavone ha avuto un sussulto di orgoglio con la vittoria nel torneo di Rio e, sebbene sia rientrata nella top 100, bissando la posizione numero 88 del ranking da numero 114 di inizio anno, ha chiuso la stagione da 103, uscendo nuovamente fuori dalle prime cento giocatrici del mondo. Nota di merito a parte, invece, per quel che riguarda il punteggio: a gennaio 2016 la tennista milanese vantava 541 punti. Ha concluso la stagione con 642 punti all’attivo, guadagnandone così 101.

Discesa netta per quanto riguarda il rendimento di Camila Giorgi che da numero 35, ha concluso il 2016 alla posizione numero 82. La marchigiana ha perso 47 piazze e 556 punti. Giorgi che, a parte il torneo di Katowice dove ogni anno si esprime al meglio, non ha mai superato un terzo turno in tutta la stagione.

Stando dunque alle statistiche e ai dati di fatto emersi dai calcoli, il tennis femminile sta attraversando un momento buio, considerando, non in ultima istanza, il ritiro di Flavia Pennetta.

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Quanto al tennis maschile, sono da evidenziare gli sforzi profusi da parte di Paolo Lorenzi che è l’unico giocatore azzurro, tra i nomi più noti, che ha chiuso il 2016 con un bilancio positivo, nel ranking, nel punteggio e nei risultati. Il senese, infatti, da numero 68, ha concluso la stagione in bellezza piazzandosi alla posizione numero 40 e guadagnando 365 punti complessivi.

A parte Lorenzi, Fabio Fognini ha perso 28 posizioni ed, infatti, da 21 del mondo, è sceso a 49. Ha avuto sì delle prestazioni degne di nota, se pensiamo alla vittoria nel torneo ATP 250 di Umago e alla finale raggiunta nell’ATP 250 di Mosca, ma minimamente paragonabili al Fognini sensazionale del 2013.

Momento nero anche per Andreas Seppi che ha perso 58 piazze in classifica e 695 punti. Da numero 29 del ranking, l’altoatesino ha chiuso la stagione al numero 87, smarrendo quella solidità e continuità nel rendimento che lo hanno sempre distinto.

Infine, periodo particolarmente sfortunato per Simone Bolelli che ha giocato solo metà stagione per via di un infortunio che lo ha tenuto fuori dal mese di giugno ad oggi. Non giocando più, naturalmente, da numero 58, il tennista di Budrio è sprofondato alla posizione numero 464 del mondo.

Se si fa eccezione per Paolo Lorenzi e Francesca Schiavone che sono gli unici due tennisti, tra i nomi di spicco, a vantare un bilancio stagionale positivo in termini di punti, il movimento del tennis italiano avrebbe bisogno di una reazione generale, di una scossa che fin’ora non si è vista. Le nuove generazioni composte da Matteo Berrettini, Matteo Donati, Martina Trevisan, Jasmine Paolini stanno crescendo a poco a poco ma al tempo stesso stentano nel farsi notare nelle competizioni di maggiore prestigio. Se è vero che ogni cosa arriva a suo tempo, è altrettanto vero che, rispetto agli anni passati, il tennis italiano sta vivendo un periodo di stasi evidente.

Federico Bazan © produzione riservata

La differenza tra chiamarsi campione e buon giocatore

 Rafa Nadal: l’esempio del campione per eccellenza

A tutti voi, amanti del tennis, sarà capitato di vedere giocare in tv o dal vivo i grandi campioni e vi sarete chiesti come facciano a tenere costantemente quel ritmo elevato, a giocare senza arrendersi mai, a lottare su ogni palla. Si dice che la forma fisica sia essenziale per essere al 100% ma in realtà, per essere al meglio, non bastano solo tanto allenamento, delle ottime leve, un braccione e un buon fiato, perchè infatti ciò che fa veramente la differenza in questo sport è la forza mentale. Per forza mentale si intende non solo la grinta, la determinazione e la concentrazione che sono componenti fondamentali per una buona riuscita ma soprattutto la capacità di gestire le emozioni. Se ci fate caso i giocatori più forti del mondo come Rafa Nadal, Roger Federer e Nole Djokovic sono in grado di trattenere o gestire al meglio le proprie emozioni, evitando di esaltarsi e continuando a “rimanere con i piedi per terra”, metodo che consente loro di vincere più agevolmente. Inoltre, scacciando via possibili ansie e tensioni che limiterebbero notevolmente il rendimento, i migliori tennisti hanno quella calma interiore che gli consente di giocare bene in situazioni sia di vantaggio che di svantaggio. L’umiltà e la serenità sono quindi i due punti di svolta dei grandi campioni insieme ad altri importanti fattori come la voglia di vincere (che si distingue dalla fretta di chiudere la partita e dalla consapevolezza di vincere, problemi che pagano molti giocatori), il sacrificio, la fatica e la perseveranza. Rafa Nadal e sua maestà Roger Federer, non a caso, detengono rispettivamente 11 e 17 titoli dei grandi slam.
Abbiamo parlato dei campioni, adesso parliamo dei buoni giocatori. Dov’è il grande limite di tennisti talentuosi come il nostro Fabio Fognini, gli spagnoli Fernando Verdasco e Nicolas Almagro ed ex giocatori come il russo Marat Safin? E’ la testa. Infatti questi tennisti, i quali hanno ottenuto risultati di tutto rispetto sebbene incomparabili a quelli dei colossi del tennis come Rafael Nadal, Roger Federer, Novak Djokovic ed Andy Murray, sono stati traditi in più circostanze dal proprio temperamento che li ha notevolmente penalizzati durante la loro carriera.

                Nicolas Almagro: un combattente emotivo

Almagro perse clamorosamente contro Nadal nel torneo di Parigi Bercy nel 2009; quando il murciano si trovò avanti 6-3 6-5 (40-0) e servizio, si fece annullare 5 match points da un Nadal peraltro non al 100% per via del ginocchio e andò a perdere al terzo set; in un’altra partita disputata quest’anno tra Almagro e Haas nel torneo di Indian Wells, lo spagnolo, servendo per il match, si è fatto breakkare cedendo così al tedesco la battuta e perdendo la partita malamente al tie-break. Marat Safin, ex tennista russo ed attuale presidente del comitato olimpico russo, era noto per essere uno dei personaggi più simpatici del circuito e per essere, nel bene o nel male, uno dei più stravaganti in circolazione insieme al buon vecchio John Mcenroe. Safin era un altro tra quelli, uno che aveva talento da vendere e che era stato anche lodato dalle parole del pluricampione americano Pete Sampras, il quale rilasciò in un’intervista riferita al russo: “Questo ragazzo ha tutte le doti per rimanere saldamente per anni numero 1” e la risposta di quel simpaticone di Marat fu: “Io sono la prova che anche i geni sbagliano”. Oltre a Nico Almagro che manca di concretezza nei momenti decisivi e Marat Safin che faceva rompere racchette su racchette e perdeva le partite a causa di un nervosismo eccessivo, anche al nostro Fabio Fognini, capace di eseguire a Napoli in coppa Davis un esemplare controsmash in corsa contro il cileno Capdeville, manca lo spunto decisivo per essere un campione vero e proprio. Prima per colpa dell’arbitro o dei tifosi, poi per un presunto infortunio… alla fine il ligure, vuoi per una cosa vuoi per un’altra, ha rinunciato spesso ad esprimere il suo miglior tennis perdendo così match anche alla sua portata. Manca all’appello il terraiolo iberico Fernando Verdasco, una testa calda anche lui, che sarà sempre ricordato da tutti per aver insultato pesantemente Richard Gasquet ed il suo pubblico in terra francese nella finale di Nizza 2010, poi di fatto vinta dal tennista transalpino.

Insomma, se vogliono davvero diventare campioni o quantomeno fare un grande salto di qualità, tutti quei giocatori “tanta bravura ma niente cervello” dovrebbero darsi una calmata e lavorare con più pazienza.

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Federico Bazan © produzione riservata