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I motivi che spingono un giocatore a rifiutare la stretta di mano con l’avversario

E’ raro assistere ad un’opposizione o ad una negazione della stretta di mano da parte di un giocatore nei confronti dell’avversario, al termine di una partita.
Può capitare, talvolta, che tra i due tennisti in campo ci siano scintille di avversione sfociate magari in situazioni precedenti al match disputato in quell’occasione oppure dei comportamenti giudicati antisportivi durante la partita che inducono uno dei due o entrambi ad ignorarsi e a non stringersi la mano.
Nel circuito ATP svariati sono stati i casi verificatisi e ognuno con trame differenti. Tra questi ce ne sono due particolarmente noti agli spettatori e agli amanti del tennis:

  • Il primo accadde nella semifinale del torneo di Valencia nel 2006 tra Marat Safin e Nicolas Almagro. Il russo non era al 100% della condizione fisica per via di un dolore alla caviglia, problema che peraltro ha tormentato Safin più volte e a più riprese durante la sua carriera; malgrado le condizioni fisiche non eccellenti, l’ex numero 1 del mondo accettò ugualmente di giocare quella partita.
    Un giovanissimo Almagro arrivò, per la sua prima volta in carriera, in una semifinale di un torneo del circuito maggiore giocando in casa e nel quale eliminò, tra gli altri, Juan Carlos Ferrero, anch’egli, come Safin, ex numero 1 del mondo.
    Lo spagnolo durante il match esultò diverse volte sugli errori gratuiti dell’avversario pur essendo a conoscenza del problema alla caviglia del russo. Safin, al termine del match, rifiutò di stringere la mano ad Almagro per questo atteggiamento e si diresse a testa bassa verso gli spogliatoi accompagnato dai prorompenti fischi del pubblico di Valencia.
  • Il secondo caso risale al quarto turno degli Australian Open del 2012 che vide coinvolti da un

                  Berdych rifiuta la stretta di mano di Almagro

    lato ancora Nicolas Almagro e dall’altro il tennista ceco Tomas Berdych. Il fatto che suscitò incomprensione ed antipatia tra i due avvenne durante uno scambio in cui Berdych aveva eseguito una stop volley nei pressi della rete ed Almagro, per recuperare la palla, scattò da fondo campo verso la rete ma, nel giocare il dritto, colpì Berdych sul braccio destro, all’altezza del gomito.
    In quella circostanza Almagro si scusò andando incontro all’avversario per sincerarsi delle sue condizioni. Il ceco reputò il colpo giocato dallo spagnolo un insulto e un’offesa alla sua persona a tal punto da non stringergli la mano a fine match, nonostante peraltro l’abbia vinto e ad affermare in conferenza stampa che, secondo lui, Almagro avrebbe voluto colpirlo in faccia.
    Il tennista di Murcia replicò sostenendo che stava solo cercando di vincere il punto come poteva ed era perfettamente a conoscenza di ciò che era successo in campo, tanto che il pubblico australiano fischiò duramente la reazione di Berdych, giudicata eccessiva.

Nel primo caso, è vero che Almagro esultò sugli errori gratuiti di Safin e questo, a prescindere dal contesto, è un gesto spiacevole e anche piuttosto irritante a maggior ragione se l’avversario non è in giornata; è altrettanto vero però che Safin, malgrado il problema alla caviglia, accettò di giocare.
Una domanda sorge spontanea: “E se il russo avesse vinto la partita, avrebbe stretto la mano allo spagnolo?”.

Nel secondo caso, Almagro giocò quella palla senza pensare a dove piazzarla perchè era un colpo in recupero e in corsa, difficilmente gestibile. Berdych reagì alterandosi con un certo cinismo sostenendo la tesi secondo cui il campo è grande e un professionista sa dove indirizzare la palla.
Aldilà di ciò che è successo e di come si sono sviluppati entrambi gli episodi di mancato fairplay da parte dei giocatori coinvolti, sarebbe bello che uno sport come il tennis, che in tempi remoti vedeva i contendenti scavalcare la rete per andare a complimentarsi con l’avversario, continui sulla vecchia scia e cioè quella della sportività.

Qui di seguito, sono riportati i video della mancata stretta di mano tra i giocatori presenti in campo:


Federico Bazan © produzione riservata

La differenza tra chiamarsi campione e buon giocatore

 Rafa Nadal: l’esempio del campione per eccellenza

A tutti voi, amanti del tennis, sarà capitato di vedere giocare in tv o dal vivo i grandi campioni e vi sarete chiesti come facciano a tenere costantemente quel ritmo elevato, a giocare senza arrendersi mai, a lottare su ogni palla. Si dice che la forma fisica sia essenziale per essere al 100% ma in realtà, per essere al meglio, non bastano solo tanto allenamento, delle ottime leve, un braccione e un buon fiato, perchè infatti ciò che fa veramente la differenza in questo sport è la forza mentale. Per forza mentale si intende non solo la grinta, la determinazione e la concentrazione che sono componenti fondamentali per una buona riuscita ma soprattutto la capacità di gestire le emozioni. Se ci fate caso i giocatori più forti del mondo come Rafa Nadal, Roger Federer e Nole Djokovic sono in grado di trattenere o gestire al meglio le proprie emozioni, evitando di esaltarsi e continuando a “rimanere con i piedi per terra”, metodo che consente loro di vincere più agevolmente. Inoltre, scacciando via possibili ansie e tensioni che limiterebbero notevolmente il rendimento, i migliori tennisti hanno quella calma interiore che gli consente di giocare bene in situazioni sia di vantaggio che di svantaggio. L’umiltà e la serenità sono quindi i due punti di svolta dei grandi campioni insieme ad altri importanti fattori come la voglia di vincere (che si distingue dalla fretta di chiudere la partita e dalla consapevolezza di vincere, problemi che pagano molti giocatori), il sacrificio, la fatica e la perseveranza. Rafa Nadal e sua maestà Roger Federer, non a caso, detengono rispettivamente 11 e 17 titoli dei grandi slam.
Abbiamo parlato dei campioni, adesso parliamo dei buoni giocatori. Dov’è il grande limite di tennisti talentuosi come il nostro Fabio Fognini, gli spagnoli Fernando Verdasco e Nicolas Almagro ed ex giocatori come il russo Marat Safin? E’ la testa. Infatti questi tennisti, i quali hanno ottenuto risultati di tutto rispetto sebbene incomparabili a quelli dei colossi del tennis come Rafael Nadal, Roger Federer, Novak Djokovic ed Andy Murray, sono stati traditi in più circostanze dal proprio temperamento che li ha notevolmente penalizzati durante la loro carriera.

                Nicolas Almagro: un combattente emotivo

Almagro perse clamorosamente contro Nadal nel torneo di Parigi Bercy nel 2009; quando il murciano si trovò avanti 6-3 6-5 (40-0) e servizio, si fece annullare 5 match points da un Nadal peraltro non al 100% per via del ginocchio e andò a perdere al terzo set; in un’altra partita disputata quest’anno tra Almagro e Haas nel torneo di Indian Wells, lo spagnolo, servendo per il match, si è fatto breakkare cedendo così al tedesco la battuta e perdendo la partita malamente al tie-break. Marat Safin, ex tennista russo ed attuale presidente del comitato olimpico russo, era noto per essere uno dei personaggi più simpatici del circuito e per essere, nel bene o nel male, uno dei più stravaganti in circolazione insieme al buon vecchio John Mcenroe. Safin era un altro tra quelli, uno che aveva talento da vendere e che era stato anche lodato dalle parole del pluricampione americano Pete Sampras, il quale rilasciò in un’intervista riferita al russo: “Questo ragazzo ha tutte le doti per rimanere saldamente per anni numero 1” e la risposta di quel simpaticone di Marat fu: “Io sono la prova che anche i geni sbagliano”. Oltre a Nico Almagro che manca di concretezza nei momenti decisivi e Marat Safin che faceva rompere racchette su racchette e perdeva le partite a causa di un nervosismo eccessivo, anche al nostro Fabio Fognini, capace di eseguire a Napoli in coppa Davis un esemplare controsmash in corsa contro il cileno Capdeville, manca lo spunto decisivo per essere un campione vero e proprio. Prima per colpa dell’arbitro o dei tifosi, poi per un presunto infortunio… alla fine il ligure, vuoi per una cosa vuoi per un’altra, ha rinunciato spesso ad esprimere il suo miglior tennis perdendo così match anche alla sua portata. Manca all’appello il terraiolo iberico Fernando Verdasco, una testa calda anche lui, che sarà sempre ricordato da tutti per aver insultato pesantemente Richard Gasquet ed il suo pubblico in terra francese nella finale di Nizza 2010, poi di fatto vinta dal tennista transalpino.

Insomma, se vogliono davvero diventare campioni o quantomeno fare un grande salto di qualità, tutti quei giocatori “tanta bravura ma niente cervello” dovrebbero darsi una calmata e lavorare con più pazienza.

                     Marat Safin: genio e sregolatezza

Federico Bazan © produzione riservata