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Elogio a Marat Safin

Genio e sregolatezza, simpatia e semplicità, classe e versatilità… in una parola sola: Marat Safin.
Probabilmente non uno di quelli che ha scritto la storia del tennis come i vari Mcenroe, Borg, Becker, Lendl ai più recenti Sampras ed Agassi ma indubbiamente uno da ricordare. Marat era un ragazzo dalle mille risorse sia sul campo, sia davanti al pubblico: solare, giocherellone e sempre con la battuta pronta, ci teneva molto a fare bella figura e ci riusciva spesso sebbene qualche volta il nervosismo lo inducesse a disintegrare le racchette e, a dirla tutta, in 13 anni di carriera ne ha rotte abbastanza…
Soprannominato dai fans “Safinator”, chissà se per le donne che si portava appresso in tribuna e che frequentava intimamente (le cosiddette “Safinettes”, splendide ragazze vestite accuratamente e sedute in prima fila ad ammirare il moscovita) o per il gioco di potenza, Safin era un tennista completo: servizio veloce, rovescio devastante e raro ma discreto gioco di volo; sapeva fare un pò tutto specialmente sul cemento, superficie a lui più congeniale. Il suo gioco era basato sull’esplosività e sui colpi potenti da fondo campo, caratteristiche che lo rendevano un avversario davvero ostico per i regolaristi come Hewitt, Djokovic, Youzhny, Gasquet ecc. Marat, nonostante il grande talento, non ha mai dato l’impressione di essere il migliore sul campo; uno dei suoi problemi maggiori era la sfida contro se stesso. Urla, racchette in frantumi, palline prese a calci e spedite in tribuna e reclami contro gli arbitri erano atteggiamenti che evidenziavano l’immaturità e il difficile controllo emotivo del russo.

          L’esuberanza del tennista russo

In tanti pensavano che, dopo aver battuto giocatori come Sampras, Agassi, Hewitt e un giovanissimo Djokovic, Safin sarebbe stato per anni numero 1 al mondo. In realtà, le previsioni comuni si rivelarono troppo avventate e Safin difatti dimostrò di non poter competere contro Nadal con il quale perse 2 volte su 2 e Federer contro cui cedette 11 volte su ben 13 scontri diretti, ad eccezione di un quarto di finale a Mosca nel lontano 2002 e della semifinale degli Australian Open nel 2005 in cui il russo giocò un tennis sublime annullando un match point allo svizzero e superandolo 9-7 al quinto; exploit che poi non si sarebbe mai più ripetuto nella carriera di Safin…
Le caratteristiche positive del carattere di Marat si riscontravano più fuori dal campo che dentro. Era un ragazzo semplice, sorridente, non uno di quelli che a fine carriera si è lasciato andare ad un fiume di lacrime come tanti altri bensì uno dei pochi in grado di gestire al meglio le proprie emozioni e di lasciar trasparire fino all’ultimo giorno da professionista positività e carisma. Infatti Safin affermò con serenità e senza alcun rimpianto nel suo ultimo match giocato che tutti i ricordi vissuti sul campo andavano messi in una scatola e che il tennis è stata la chiave della propria gioventù, capace di aprirgli le porte e di spianargli la strada per una nuova vita da affrontare. Ha ringraziato tutti per l’ultima volta, organizzatori, arbitri, raccattapalle e pubblico, ha salutato i colleghi ed amici tennisti venuti a trovarlo per celebrare gli ultimi momenti sul campo e ha voltato pagina senza dare, almeno a parole, troppo peso ad un passato ricco di gioie e di trionfi.

L’addio di Marat Safin al tennis

Era apprezzato da tutti perchè ogni tanto si concedeva in campo momenti scherzosi e che richiamavano l’attenzione del pubblico; sapeva come stupirlo: sia con bordate di rovescio e dunque grazie al talento cristallino, sia con scenette comiche nonchè con la simpatia. Da menzionare, fra queste, quella con la tennista Elena Dementieva la quale, durante un’esibizione in ricordo dei terremotati, si assentò per un attimo dal campo insieme al russo; Marat, per scherzo, si calò i pantaloncini e se li rialzò davanti agli spettatori, con a fianco a sè la giocatrice moscovita. Il pubblico rispose con una risata a crepapelle. Altri momenti da ricordare sono l’occhio di falco sul servizio di Federer. La palla era dentro di metri e Safin chiamò il challenge facendo l’occhiolino al giudice di sedia. Federer, sempre serissimo in campo, reagì sorridendo e gli spettatori replicarono a loro volta. E come non dimenticare, poi, l’intervista di Mariano Zabaleta che chiese al russo cosa avrebbe fatto dopo il tennis e che opinione aveva di sua sorella Dinara Safina. Lui rispose scherzosamente che avrebbe venduto volentieri tutte le macchine (quelle vinte nei vari tornei) e che era molto contento dei risultati della sorella: << La mujer tiene que trabajar y lo està haciendo muy bien >> (tradotto: la donna deve lavorare e lo sta facendo molto bene).
Tutti i tifosi di Safin erano divertiti e colpiti dalla simpatia, dall’ironia e dalla positività caratteriale che egli dimostrava con ogni persona, tennisti e non.
Era davvero un ragazzo d’oro, quel simpaticone e mattacchione di Marat.

Federico Bazan © produzione riservata

Sara Errani e Roberta Vinci: un’accoppiata vincente

                                Il valore dell’amicizia nello sport

Le nostre tenniste azzurre Sara Errani e Roberta Vinci formano attualmente la coppia di doppio più competitiva ed affiatata in circolazione. Stabili alla prima posizione del ranking mondiale, le “Chichis” hanno trionfato nel 2012 e 2013 vincendo Roland Garros, Us Open e Australian Open ed ottenendo ben 16 titoli a livello WTA.
Errani e Vinci, essendo giocatrici tecnicamente molto diverse, si compensano alla grande: Roberta predilige il gioco a rete e più improntato all’attacco avendo un rovescio in back molto insidioso oltre ad un’eccellente sensibilità nel tocco e nelle volèe; Sara è molto solida da fondo campo e ha nella fase difensiva il suo punto di forza.
Nel doppio la compensazione tecnica dei due compagni, l’intesa e l’unione sono la chiave di volta per una buona riuscita ed è quello che le nostre giocatrici hanno in comune. Sara e Roberta si conoscono bene non solo per aver giocato in singolare e in doppio più volte, ma anche per aver vissuto insieme alle altre tenniste italiane e con il coach della Nazionale Corrado Barazzutti, la Fed Cup, il prestigioso campionato che si disputa ogni anno tra le contendenti migliori di tutti i Paesi.

                   Tennis come gioco di squadra

Le due azzurre hanno un rapporto di amicizia che le lega profondamente e questo contribuisce a generare un’accoppiata vincente sul campo. Ogni volta che giocano il doppio si parlano, si danno consigli, si incoraggiano e soprattutto sono consapevoli che senza spirito di squadra non potrebbero vincere.

Sara Errani e Roberta Vinci dimostrano, dunque, che il tennis non è uno sport interamente individuale come erroneamente si tende a pensare, ma grazie ai risultati conseguiti nel doppio e in Fed Cup, ci comunicano che in questo meraviglioso sport le emozioni sono anche quelle che si provano insieme, giocando di squadra.

Federico Bazan © produzione riservata

Roger Federer e Rafael Nadal: due campioni a confronto

                                                                              Rivalità storica tra RF e RN

Roger Federer e Rafael Nadal, oltre ad essere due icone dello sport mondiale, rappresentano una tra le rivalità più celebri della storia del tennis. L’elvetico e il maiorchino si sono affrontati innumerevoli volte su tutte le superfici e, per quanto concerne gli scontri diretti, è Rafa attualmente a condurre per 23 a 10 (Nadal è avanti 13-2 su terra e 8-2 su cemento outdoor mentre Federer conduce 4-1 su cemento indoor e 2-1 su erba).
Confrontando però il numero dei trofei collezionati, ad eccezione della Coppa Davis che Nadal ha vinto in quattro occasioni mentre Federer in una, lo svizzero è superiore poichè vanta, nel palmarès, 88 titoli a fronte dei 69 dello spagnolo.

Tecnicamente Federer e Nadal sono l’opposto a 360 gradi: impugnatura eastern sul dritto, rovescio ad una mano, classe sopraffina, eleganza stilistica e vasto repertorio di colpi, rendono Roger Federer il giocatore classico per eccellenza.
Trovare un difetto a Federer è quasi impossibile, anche perchè, dal punto di vista estetico, è considerato il tennista più elegante del circuito per la naturalezza fuori dal comune con la quale colpisce la palla e, dal punto di vista tecnico, perchè è uno dei più completi.

Federer è anche un giocatore versatile: questo vuol dire che, oltre a saper eseguire tutti i tipi di colpi, sa spezzare il ritmo variando il gioco con soluzioni sempre diverse: piatte, in top, tagliate, senza peso, lente, veloci, profonde, corte…
Il servizio lo tira in tutti i modi e in maniera spesso illeggibile per gli avversari: piatto, slice e in kick, a seconda dei casi. A detta di molti suoi colleghi del circuito, tra i quali Tim Henman, ex tennista inglese, il lancio di palla che Federer compie disorienta gli avversari.
“C’è chi serve più forte di 10 o 15 miglia orarie rispetto a Federer, come Roddick per esempio, ma Federer offre un servizio a cui è molto più difficile rispondere. Non sto dicendo che chi opta per la velocità non sappia o non possa mai variare, ma che Federer sulla variazione delle direttrici è insuperabile. Non ci sono tendenze o schemi ricorrenti nel servizio di Federer dal punto di vista della direzione, anche perché varia persino nelle modalità di lancio della palla. Per esempio, se il lancio di palla vira leggermente a destra o a sinistra, noi pensiamo sia alto il rischio di fault. Ma Federer riesce a fintare già dal lancio della palla, rendendo ancora più indecifrabile la direzione prescelta” (T. Henman).

Il tennista di Basilea sa costruirsi il punto con tutti i fondamentali e riesce ad adattare i propri schemi anche ad un gioco più difensivo, con il back di rovescio, che gli consente di recuperare la posizione al centro del campo; sa giocare al volo e a rete in modo egregio, a dimostrazione del fatto che Federer è provvisto di una mano fatata in tutte le zone del campo e non solo nei pressi della rete; adotta, talvolta, soluzioni alternative al palleggio da fondo campo come la palla corta, il lob, il cross stretto, il tweener, il passante.
Ecco le parole elogiative di Goran Ivanisevic, un altro grande esponente del tennis degli anni ’90, in merito al bagaglio tecnico di Federer: “Sì, ho davvero giocato con lui quando aveva quindici anni, durante un torneo a Basilea, e sapevo che sarebbe diventato bravo, ma non così bravo. Se rimane in salute, a meno di clamorose sorprese vincerà più Slam di Pete. Il modo in cui sceglie i suoi colpi è incredibile. È veloce, ha un gran voleé, un gran servizio, un gran rovescio, tutti grandi colpi. Se fossi il suo coach, cosa potrei dirgli? È un mago con la racchetta. Anche quando gioca male, cosa molto rara, può comunque fare cose con la sua racchetta che nessun altro è in grado di fare.”

L’unico limite di Federer, se proprio volessimo trovargliene uno, è che ha perso partite nella sua carriera in cui aveva dei match point che avrebbe potuto sfruttare senza troppi patemi, considerando anche il netto vantaggio nel punteggio del quale lo svizzero disponeva.
Esempi di match persi dall’elvetico sono: contro Safin, semifinale Australian Open 2005 o contro lo stesso Nadal, finale degli Internazionali di Roma del 2006, incontri nei quali Federer ebbe dei match point a propria disposizione, non riusciti a concretizzare.

Passiamo a Nadal.
Impugnatura semi-western sul dritto (impostazione moderna), rovescio bimane, gioco improntato sulle rotazioni, sullo scatto e sulla prestanza atletica sono le peculiarità del tennis di Rafael Nadal, uno dei giocatori tecnicamente più costruiti della storia di questo sport; lo dimostra il fatto che, quando era ancora bambino, Rafa aveva iniziato a giocare a tennis giocando il rovescio ad una mano. Il suo coach Toni Nadal decise di insegnargli il rovescio bimane con l’obiettivo di rendere il suo gioco più incisivo e maggiormente adattabile alle condizioni imposte dal tennis moderno. Effettivamente, il lavoro svolto con lo zio, ha dato i suoi frutti anche perchè il rovescio incrociato di Nadal è un’arma sulla quale il maiorchino può contare, pur rimanendo il dritto il suo cavallo di battaglia per eccellenza.

Ciò che Nadal ha modificato negli anni, tra i fondamentali, sono il dritto e il servizio. Da giovanissimo lo spagnolo lasciava partire il dritto con più velocità e meno rotazione chiudendo l’avambraccio sotto la spalla; con il tempo, Nadal ha cambiato l’esecuzione di questo colpo finendo il movimento dell’avambraccio sopra la testa e imprimendo così maggiore rotazione in top spin.
Anche il servizio è un fondamentale con il quale il campione di Manacor è progredito notevolmente negli anni.
Se, quando era agli albori, Nadal serviva una prima palla consistente ma non rapidissima, al giorno d’oggi, la velocità del suo servizio è cresciuta, tale da consentirgli un tennis più offensivo.
Essendo mancino, il campione iberico ha il vantaggio di invertire gli schemi di gioco che vedono i destrimani, spostarsi sul lato del rovescio per giocare lo sventaglio di dritto; giocando contro Nadal, questa tattica può rivelarsi errata in quanto lo spagnolo è pronto ad attaccare con il dritto sul lungolinea.
Nadal cerca molto gli angoli del campo con un gioco prevalentemente arrotato. Questo non vuol dire che non adotti soluzioni diverse, come ad esempio il back, utilizzato soprattutto sulle superfici veloci, e la volèe. Lo spagnolo, che è tutto fuorchè un giocatore di volo, ha compiuto passi da gigante con questo fondamentale; le sue volèe, seppur non esteticamente impeccabili, sono molto efficaci. E durante i match ne gioca…

Qui di seguito è riportato un video di Nadal quando aveva 16 anni. Durante l’allenamento, è possibile vedere come il maiorchino colpisca molto in avanti il dritto e come la palla viaggi poco sopra la rete, caratteristica non riscontrabile nel suo tennis attuale in quanto la palla del Nadal che conosciamo oggi, viaggia abbondantemente alta sopra la rete e, al momento del rimbalzo, si alza e schizza via.
Vi è stata dunque un’evoluzione del suo dritto nel corso degli anni.

Grazie ad una collaborazione che va avanti ormai da decenni con lo zio Toni, il maiorchino risulta fino ad oggi un giocatore praticamente invulnerabile sulla terra battuta e molto temibile sulle altre superfici, non solo per il gioco di gambe, la rapidità e i colpi da fondo, ma anche grazie al servizio, un fondamentale nettamente migliorato dallo stesso Nadal nel corso degli anni e che ha consentito al maiorchino di imporsi su superfici diverse dalla terra battuta, dove gli altri tennisti spagnoli, in linea di massima, hanno mal figurato.
Anche Marat Safin, ex giocatore ed ex numero 1 del mondo, ha parlato di questi due grandi campioni con parole che effettivamente racchiudono in pieno il loro potenziale: “Per poter battere Federer bisogna essere… Nadal, correre con la velocità di un coniglio e colpire vincenti da ogni angolo del campo”.

Roger e Rafa costituiscono la terza grande rivalità nella storia del tennis maschile moderno dopo Mcenroe/Borg degli anni ’80 e Sampras/Agassi degli anni ’90.
Entrambi sono stati in grado di trasmettere a migliaia di persone in tutto il mondo il loro tennis a tal punto da creare due grossi blocchi di tifosi: uno che sostiene The King of Grass (Federer) e l’altro che tifa per The King of Clay (Nadal). C’è chi elogia Federer per stile e unicità dei colpi, chi esalta Nadal per concretezza, grinta e gioco di gambe. Questo non esclude, naturalmente, che ci sia chi tifi e simpatizzi per entrambi proprio per i diversi pregi e le peculiarità differenti che li contraddistinguono.
Pur risultando, dal punto di vista tecnico e stilistico, giocatori completamente diversi e, caratterialmente, due avversari competitivi a loro modo (a loro modo perchè entrambi hanno un atteggiamento del tutto singolare come i tic di Nadal e la mano nei capelli di Federer), ciò che li accomuna profondamente sono due aspetti: il fatto di chiamarsi “Campioni” con la C maiuscola e il fatto di impersonificare la sportività in persona; Rafa e Roger, infatti, oltre ad essere due professionisti che hanno lasciato, lasciano e lasceranno per sempre un segno indelebile nella storia del tennis per le gesta compiute, sono due grandissimi signori sia dentro che fuori dal campo.

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                          Ritratto di due campioni: Roger, esempio di generosità; Rafa, esempio di umiltà

Federico Bazan © produzione riservata

I campioni non hanno età: Roger Federer e Tommy Haas ne sono il puro esempio

Si fa tanta fatica solo a pensare che superata una certa età si possa continuare a giocare a tennis. Figuratevi se ci sia qualcuno a 31 anni capace di vincere Wimbledon…
Ebbene si, questo qualcuno è il signor Roger Federer, il quale sull’erba londinese detiene ben sette titoli, l’ultimo dei quali ottenuto nell’edizione del 2012 in finale contro il padrone di casa Andy Murray.
Il tennista elvetico è stato uno dei pochi a vincere un grande slam superata la soglia dei 30 anni ed è stato l’unico giocatore dell’era Open a raggiungere per l’ottava volta la finale del torneo inglese. Se Federer non è sui libri di storia, poco ci manca: lo svizzero è una vera e propria icona del tennis sia per completezza tecnica e bellezza stilistica, sia per numero di risultati conseguiti e tempo trascorso in vetta al ranking mondiale.
Terminata la carriera di Pete Sampras, l’opinione comune della gente era quella che nessun altro tennista sarebbe stato in grado di superare il campione americano. Tuttavia, un giovanissimo Federer iniziò a stupire tutti già per i colpi che era capace di realizzare; nel 2002, quando lo svizzero non aveva ancora trionfato in nessun grande slam, giocò un game storicamente e tecnicamente perfetto contro un inerme Andy Roddick in quel di Basilea: si inventò un controsmash fuori dal campo e spalle alla rete, un lob tagliato calibrato al millimetro, un rovescio vincente in risposta su una prima di servizio e, per finire, un passante di dritto in equilibrio precario. A distanza di undici anni dal game perfetto e all’età di 32 anni, RF continua ad escogitare colpi da manuale del tennis con la stessa serenità e sicurezza che lo hanno caratterizzato per l’intero arco della sua carriera e che gli hanno permesso di ottenere una quantità ingente di trofei.
Non è da meno il tennista di Amburgo Tommy Haas che, sebbene il suo bottino di vittorie non sia minimamente comparabile a quello dello svizzero, ha avuto la faccia tosta di tornare ad esprimere un tennis di altissimo livello nonostante l’infortunio grave subito al ginocchio che lo ha costretto ad allontanarsi dai campi per molto tempo. Da numero 18, Haas era sprofondato addirittura alla posizione 373 del ranking Atp. Nel 2012, due anni dopo l’infortunio, il tedesco è tornato numero 21 ed attualmente è stabile alla quattordicesima posizione della classifica mondiale all’età di 35 anni!
Federer e Haas testimoniano, dunque, che i veri campioni non hanno età e che in questo sport si continua a dare il massimo seppur invecchiando.

Federico Bazan © produzione riservata

Daniel Brands, una promessa del tennis tedesco?

                 L’esultanza di Daniel Brands nell’edizione del torneo di Monaco di Baviera 2013

Il giovane tennista bavarese Daniel Brands ha disputato un’ottima prova nel torneo Atp di Monaco di Baviera dove, dopo aver superato agevolmente i primi turni, ha estromesso in tre set l’ex numero uno di Francia Gael Monfils; ha eliminato ai quarti niente meno che il serbo Janko Tipsarevic, testa di serie numero 1 del torneo e numero 10 del mondo ma la corsa brillante di risultati del tedesco si è fermata in semifinale nella quale ha ceduto all’esperienza del connazionale Philipp Kohlschreiber. Il giovane giocatore di Deggendorf ha così sfiorato la sua prima finale a livello Atp.
Daniel Brands, classe 87, è un tennista dotato di una potente prima di servizio che viaggia spesso oltre ai 200 km orari e di un dritto giocato ottimamente sia sulla diagonale che a sventaglio. Predilige le superfici rapide ma ciò non toglie che possa rivelarsi un cliente molto pericoloso per tanti giocatori anche sulla terra battuta come ha dimostrato proprio nel torneo di Monaco. Queste sue ottime qualità hanno messo alle corde Monfils e Tipsarevic che sono stati di fatto sconfitti contropronostico dal tedesco. Raggiunta la semifinale, Brands ha fatto a dir poco sudare il numero 21 del mondo Kohlschreiber sebbene quest’ultimo sia riuscito a spuntarla al tie break del terzo set per 7-5 grazie a tre provvidenziali minibreak.
Dopo questo splendido rendimento nel Bmw Open 2013, Daniel Brands ha confermato un’eccellente forma fisica e ha dimostrato di potersela battere con i migliori 20 del mondo. Chissà se inizierà a vincere qualche torneo a livello Atp e riuscirà ad essere all’altezza dei numeri due di Germania Haas e Kohlschreiber…

Federico Bazan © produzione riservata