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Tanti auguri Roger!

Non è facile descrivere a parole la grandezza e l’unicità di un atleta che ha lasciato e lascerà per sempre il segno nella storia del tennis e dello sport. Non è facile perchè quando si parla di Federer, non sai mai da dove iniziare.

Si può elogiare Roger per diversi aspetti: lo stile di gioco; la decade di avversari sconfitti (dal ’98 ad oggi: per intenderci, da Sampras a Djokovic); il numero di trofei conquistati (86 di cui 17 tornei del Grande Slam); la grande generosità che lo distingue fuori dal contesto sportivo.

Federer completa il tennis con delle qualità inedite: classe nella forma, eleganza nei gesti, completezza nei colpi, compostezza in campo.

Lo svizzero è un campione dentro e fuori dal campo.
Dentro perchè è riuscito ad imporre uno stile di gioco che è poesia per gli occhi di tutti. Probabilmente la sua più grande capacità è stata quella di abbinare al tennis classico, un’eleganza sopraffine e una completezza nel repertorio di colpi di cui nessun altro dispone.
Non c’è una cosa che Federer non abbia vinto, se si escludono gli Internazionali di Roma, il torneo di Montecarlo e le Olimpiadi in singolare, gli unici tre taboo dello svizzero.

Anche fuori dal campo, l’elvetico ha dato un forte contributo. Tra le sue iniziative di maggior rilievo, ricordiamo la “Roger Federer Foundation”, un’associazione che ha l’obiettivo di aiutare le famiglie in Africa (in Botswana, Malawi, Namibia, Zambia, Zimbabwe, Sud Africa), dando ai bambini l’opportunità di avere un’istruzione.

“Tre parole mi descrivono: autentico, modesto e leale. Una citazione che mi si addice: It’s nice to be important, but it’s more important to be nice” (cit. Roger Federer).

 

  Federico Bazan © produzione riservata

Borna Coric, un asso promettente del circuito ATP

        Borna Coric premiato come promessa del tennis negli anni a venire

Borna Coric, classe ’96, è una stella nascente del tennis croato. A soli 18 anni, il giovanissimo giocatore nativo di Zagabria, ha mostrato delle potenzialità incredibili del suo tennis battendo l’ex numero 1 del mondo Rafael Nadal e giocatori del calibro di Ernests Gulbis, Jerzy Janowicz e Andrey Golubev.
Il croato sembra continuare imperterrito su questa scia pazzesca del suo rendimento. Ha recentemente fermato la corsa di Andy Murray nel torneo di Dubai e ha avuto l’onore di sfidare Roger Federer, pur perdendoci.

Nessun altro giocatore oltre a Coric, ad eccezione solamente di Nick Kyrgios (tennista australiano classe ’95) che ha sconfitto proprio Nadal sull’erba londinese di Wimbledon, è riuscito, a soli 18 anni, ad imporsi su almeno due top 5, come Murray e Nadal.

Vincitore di cinque tornei Futures e di un torneo Challenger, attuale numero 84 del ranking ATP sebbene con ampi margini di miglioramento, Coric ha già fatto parlare di sè e non solo all’interno del circuito ATP.
Sui social network in tanti ne hanno esaltato e ne esaltano il potenziale. Insieme ai vari Thiem, Goffin, Kyrgios e Zverev, Coric vanta molteplici requisiti che lo possono portare all’affermazione nel circuito maggiore.
Di esperienza nel tour, Coric ne ha ancora relativamente poca ma il livello di tennis espresso fino a questo momento lo rende uno dei grandi favoriti negli anni a venire.

Il tennis di Borna Coric è un mix di esplosività e carattere, un gioco stilisticamente moderno basato su scambi da fondo campo e con pochissime variazioni.
Sotto il profilo tecnico, i punti di forza del croato sono il servizio e il rovescio. Il rovescio, in particolare, giocato con una presa bimane, permette a Coric di spingere la palla a velocità impressionanti, tanto sulla diagonale, quanto sul lungo linea. E’ un colpo rapido, preciso e penetrante che il croato sente molto nelle corde.
La prima di servizio è una sassata e anche con la seconda non scherza.

Uno dei punti deboli del croato è il dritto, colpo piuttosto vulnerabile. Il dritto viene giocato da Coric con un’impugnatura abbastanza aperta che lo costringe a ruotare molto il busto e a sfruttare maggiormente l’avambraccio per imprimere top spin alla palla. Il suo dritto ha più rotazione e meno spinta rispetto al rovescio. Tra i due fondamentali da fondo campo è probabilmente il meno incisivo.

Coric ha un talento innato e un carattere che contribuisce non poco a renderlo un giocatore ostico. Se a queste doti, il tennista croato acquisisse una maggiore esperienza sul campo e una conoscenza più approfondita degli avversari, aggiungerebbe dei vantaggi non indifferenti al suo tennis. E’ un giocatore in fase di lavorazione, in parte già predestinato.

Federico Bazan © produzione riservata

Tommy Haas e Juan Martin Del Potro, due grandi campioni perseguitati dagli infortuni

                  Tommy Haas: grinta, forza di volontà, dedizione

Appartenenti a due generazioni diverse, Haas del ’78 mentre Del Potro classe ’88, il tedesco e l’argentino sono due giocatori dallo stile di gioco divergente, provenienti da una scuola tennis differente ma entrambi accomunati da un destino profondamente avverso per via dei numerosissimi infortuni.

Facendo un confronto professionale e tecnico, si può annoverare Haas tra i vecchietti considerata l’età di 35 anni e l’onnipresenza nel circuito maggiore, dal 1996 ad oggi. Si direbbe di Haas un tennista di altri tempi, un giocatore che ha affrontato Michael Chang e Andre Agassi, passando per Roger Federer fino ad arrivare a Grigor Dimitrov. Il tedesco gioca il tennis classico, poche rotazioni, rovescio ad una mano, movimenti brevi.

Del Potro, più giovane di dieci anni rispetto al collega tedesco, ha esordito nel 2005. L’argentino gioca un tennis moderno, molto fisico e potente. Il giocatore di Tandil ha tra le sue specialità un’apertura “alare” sul dritto che gli consente, dall’alto dei suoi 198 cm, di far viaggiare la palla in una maniera impressionante. E il servizio non è da meno, specialmente la prima palla.

Haas e Del Potro sono due professionisti dal talento stellare, giocatori che avrebbero potuto vincere molto di più, se solo il tennis si fosse comportato in maniera più generosa con entrambi. Haas, durante la propria carriera, è stato alle prese con avvenimenti molto delicati: dapprima un tragico incidente in moto, nel quale Peter Haas, padre del tennista di Amburgo, rimase coinvolto in vacanza con la moglie e che lo vide su un letto, in coma, a lottare tra la vita e la morte, avvenimento che costrinse il figlio a ritirarsi dal torneo di Wimbledon per andare negli Usa a trovare la sua famiglia; poi i continui problemi alla spalla che il tennista tedesco dovette affrontare con svariati interventi chirurgici, le distorsioni alla caviglia, la displasia all’anca e il gomito usurato.

                                Juan Martin Del Potro: un talento frastornato

Nel 2003 Haas sprofondò addirittura alla posizione numero 1086 della classifica ATP; appena un anno prima, raggiunse il suo best ranking alla posizione numero 2, dopo aver perso la finale degli Internazionali di Roma contro Andre Agassi per 6-3, 6-3, 6-0. Ma le annate travagliate per il giocatore bavarese non finirono lì. Nel 2010, ancora una volta, fu la spalla ad estromettere dal circuito il povero Haas e nel 2011, come se non bastasse, il giocatore di Amburgo vide sfumare tutti gli sforzi prodotti negli anni, uscendo sistematicamente dalla classifica ATP. Queste disgrazie, avveratesi una dopo l’altra, lasciarono intendere un ritiro definitivo dal tennis da parte del giocatore bavarese ma Tommy Haas, sempre assistito per tutta la carriera da una forza di volontà ferrea, smentì le previsioni comuni riprendendo l’attività.

Il tedesco ha visto se stesso come in un ritratto, sprofondare, perdere lo smalto del campione e poi ritornare a galla da gran lottatore quale è. Malgrado i dolori infiniti procurati da una carriera tutt’altro che rassicurante, Haas si è sempre distinto per aver avuto il coraggio di tornare a giocare, desideroso di riaffermarsi, affamato più che mai di vittorie. E il tedesco è riuscito incredibilmente a raggiungere i suoi obiettivi. In seguito alle annate difficili, Haas, tornato all’opera, si impose nel torneo di Halle (battendo in finale Roger Federer), Monaco di Baviera e Vienna, a dimostrazione di quanto non abbia mai smesso di credere nelle proprie potenzialità.

Un destino simile a quello del tedesco ce l’ha avuto anche Juan Martin Del Potro. Il gigante di Tandil, per gli amici “Delpo”, ha combattuto a più riprese con diversi infortuni, prima al ginocchio e poi al polso. L’argentino è uscito spesso di scena dal campo in lacrime ma non ha mai perso la speranza di tornare a competere. Un giocatore sfortunato perchè vinse il suo primo e, fin’ora, unico torneo del Grande Slam nel 2009, gli Us. Open, e l’anno dopo non potè continuare su quella scia inedita del suo gioco per problemi di natura fisica, sprofondando, a suo malgrado, alla posizione numero 485 del ranking ATP.

Del Potro non si è mai dato per vinto e ha ripreso l’attività rientrando tra i primi dieci del mondo. Diciotto i titoli vinti dal tennista di Tandil, seppur tra immensi psicodrammi. Tante le attese e tante le conferme ma altrettanti gli imprevisti. Tra questi e tra gli ultimi, l’infortunio gravissimo al polso che l’ha costretto a ritirarsi dal circuito per un anno intero. Ancora oggi, malgrado l’anno peggiore della carriera di Del Potro sia passato, le condizioni fisiche dell’argentino risultano piuttosto incerte. Il 2014 sembrava partito alla grande per Del Potro. Il gigante di Tandil si impose nel primo torneo della stagione, a Sydney, su Bernard Tomic per 6-3, 6-1; poi accusò un dolore al polso sinistro nel torneo di Dubai. Si ritirò e di lui non si sentì più parlare per mesi.

Ogni tanto Delpo ha tenuto aggiornati sui social network i suoi fan con messaggi di rassicurazione circa le proprie condizioni fisiche. L’argentino ha dichiarato: “Non sono al 100% delle mie capacità. Preferisco affrontare questo tempo di recupero con più pazienza e prepararmi interamente per il 2015. Mi allenerò questi mesi mettendoci tutta la grinta per tornare ad essere protagonista del circuito nel 2015. Ci tengo a dirvi che l’appoggio, i messaggi di incoraggiamento e la costante preoccupazione di tutti voi sono e saranno fondamentali durante tutto il cammino di recupero. Vi ringrazio profondamente e sono sicuro che l’anno che verrà potrò ricambiare”.

Haas e Del Potro sono due vincitori che non hanno mai smesso di sognare, due giocatori che non hanno mai mollato malgrado gli ostacoli della vita… due campioni ammirevoli.

Federico Bazan © produzione riservata

Il talento cristallino di Kei Nishikori

Il massimo rappresentante del tennis nipponico è Kei Nishikori, un’autentica icona nel panorama degli sport con la racchetta per quel che riguarda il continente asiatico. Nishikori è il primo detentore della storia tra le file dei tennisti giapponesi ad essersi aggiudicato quattro tornei ATP 500 e tre ATP 250, eliminando peraltro avversari di un certo spessore come Feliciano Lopez e Ivo Karlovic.

Il 5 ottobre 2014 il giapponese ha archiviato il suo settimo titolo in carriera battendo in finale Milos Raonic nel torneo di casa, a Tokyo, vincendolo per la seconda volta dopo la conquista nel 2012 dove aveva sconfitto sempre il canadese, su quello stesso campo. Da lì, in pochi anni, il giapponese ha scalato tantissime posizioni nel ranking, diventando uno dei giovani più promettenti del circuito ATP.

Nishikori è il primo tennista asiatico della storia ad aver raggiunto una finale in un torneo del Grande Slam, agli Us Open 2014, dove fu fermato da un fenomenale Marin Cilic. E’ stato uno dei pochi, e non solo tra i tennisti asiatici, ad aver messo in serie difficoltà Rafael Nadal sulla terra battuta in una partita poi vinta dal maiorchino a causa del ritiro del giocatore di Matsue, sempre quest’anno, nel turno conclusivo di Madrid. Nishikori interpretò alla grande quella finale conducendo 6-2 nel primo parziale e dominando un Nadal indifeso di fronte alla tenacia e alla preponderanza del gioco del nipponico; Nishikori nel terzo set accusò un problema di natura muscolare e consentì di fatto a Nadal, seppur tra innumerevoli ed inaspettate difficoltà patite contro un avversario davvero ostico come il giapponese, di sollevare il trofeo del Mutua Madrid Open.

                                             Dritto di Nishikori – western grip

Dal punto di vista tecnico, Nishikori ha diverse qualità tra le quali la velocità di esecuzione e la rapidità negli spostamenti laterali. Il suo tennis è straordinariamente dinamico: il rovescio è un colpo sul quale fa affidamento dal momento che è un fondamentale con cui trova profondità e angoli stretti del campo mentre il dritto gli esce dalle corde meno teso e leggermente più carico anche per via del grip piuttosto aperto (vedi foto a sinistra). Pur non essendo un giocatore altissimo, serve molto bene e, grazie al servizio, si costruisce al meglio gli scambi da fondo campo con l’obiettivo di togliere il tempo all’avversario. Inoltre Nishikori ha nella risposta al servizio un’arma sulla quale contare visto che non è un giocatore attendista o al quale piace palleggiare aspettando un eventuale errore da parte dell’avversario ma è un giocatore piuttosto offensivo e che cerca il punto muovendo molto la palla.

Federico Bazan © produzione riservata

Le caratteristiche tecniche di Paolo Lorenzi

          La vasta apertura con il braccio nell’esecuzione del dritto da parte di Lorenzi

Paolo Lorenzi è un giocatore dotato di un’apertura di braccio notevole con il fondamentale del dritto, grazie al quale è in grado di disegnare traiettorie di palla cariche di effetto e anche abbastanza difficili da gestire per l’avversario ogniqualvolta il rimbalzo risulti particolarmente profondo. Con il rovescio bimane Lorenzi è in grado di giocare colpi precisi ed angolati e la prima di servizio, se veloce e penetrante, gli permette di eseguire il serve & volley.
Il tennista senese è provvisto di un’ottima mano nei pressi della rete oltre al gioco da fondo campo basato principalmente sullo scambio prolungato e le rotazioni; non è un caso infatti che Lorenzi abbia vinto 11 tornei challenger su 11, disputati tutti quanti sul rosso.
Non di rado durante i match conquista la via della rete con l’obiettivo di mettere a segno volèe basse con taglio ad uscire, peraltro molto complesse da eseguire a livello tecnico e volèe stoppate o smorzate, efficaci per contrastare tatticamente l’avversario. Il suo tennis non è particolarmente adatto alle superfici veloci dal momento che le sue caratteristiche di gioco si addicono maggiormente alla terra battuta sebbene il miglior piazzamento in un torneo del Grande Slam l’abbia ottenuto sul cemento americano di New York in un match nel quale ha eliminato all’esordio il qualificato giapponese Nishioka, fatto abbastanza curioso visto che non è mai riuscito a superare il primo turno al Roland Garros dal 1999, anno del suo debutto nel circuito maggiore, ad oggi pur risultando la terra battuta la superficie sulla quale ha vinto di più.
A 33 anni Paolo Lorenzi ha ottenuto il suo miglior risultato relativo al circuito professionistico raggiungendo la finale del torneo ATP 250 di San Paolo, nella quale perse per un soffio contro l’argentino Federico Del Bonis per 4-6, 6-3, 6-4; un risultato di buon auspicio considerata una carriera piuttosto intensa del tennista senese.

Federico Bazan © produzione riservata

I punti di forza e i limiti tecnici di John Isner

                        Il servizio, un’arma devastante del gioco di Isner

John Isner, tennista americano classe ’85, con i suoi 206 cm di altezza, è il secondo giocatore più alto della storia del tennis, preceduto solo dal croato Ivo Karlovic che raggiunge la vetta di 2 metri e 0,8 cm.
Isner, quando era piccolo, giocava sia a basket che a tennis ed era indeciso se diventare un cestista o un tennista. Optò per la seconda strada, in quanto ottenne maggiori successi sebbene resti comunque un grande appassionato della pallacanestro e dell’NBA, in particolare.
L’ascesa tennistica del gigante di Greensboro avvenne nel 2007, anno in cui Isner esordì nel circuito Atp e sfiorò il suo primo titolo, sottrattogli dal connazionale Andy Roddick nella finale del torneo Atp 500 di Washington D.C. vinta dall’ex campione americano per 6-4 7-6.
John Isner è un giocatore che si esprime al meglio sul veloce, specialmente su cemento indoor e outdoor, superfici adatte al suo tipo di gioco. L’americano è dotato di un servizio devastante, di una prima palla che non di rado raggiunge e supera i 220 km/h e di una seconda non molto più tenera rispetto alla prima. Lo statunitense ha un tennis che dipende molto dal rendimento al servizio perchè grazie alla velocità impressa alla palla, bombarda i giocatori a suon di ace o di prime palle difficilmente gestibili in risposta dagli avversari.

                                      Dritto di Isner – Western grip

Isner, oltre al servizio che è la chiave di volta del suo tennis, è dotato di un dritto molto potente e profondo con il quale spesso cerca e trova il vincente. Se da un lato, l’altezza e l’abbondante mole rappresentano due fattori positivi che aiutano l’americano a servire delle prime equivalenti praticamente a dei proiettili per la rapidità di esecuzione e per la velocità di palla, dall’altro, tuttavia, contribuiscono a peggiorare e a limitare fortemente gli spostamenti laterali e gli scatti brevi verso la rete.
Isner, qualora non sia in grado di comandare lo scambio, è sistematicamente svantaggiato perchè non è un giocatore abituato a giocare in difesa e perchè si muove in modo piuttosto macchinoso per via della stazza. Un altro limite dell’americano è il rovescio, un colpo piuttosto attaccabile e non efficace quanto il dritto. Isner utilizza il rovescio per palleggiare da fondo campo e mai per cercare il vincente.
Il suo miglior piazzamento nella classifica Atp è stata la nona posizione raggiunta nel 2012, anno in cui Isner divenne un top ten. Attualmente è comunque saldo all’undicesimo posto della race nonostante il 2014 si confermi per ora una stagione non particolarmente positiva in termini di risultati in quanto il tennista di Greensboro ha giocato molti tornei uscendo di scena ai primi turni, eccezion fatta per il mese di gennaio nel quale Isner vinse il torneo Atp 250 di Auckland. Per quel che concerne i risultati, l’americano vanta 8 titoli Atp 250 in attivo tra cui 5 conquistati su cemento, 2 su erba e 1 su terra rossa, a dimostrazione che Isner è un giocatore maggiormente temibile per i suoi colleghi del circuito sulle superfici rapide.

Federico Bazan © produzione riservata

I vantaggi e i pregi tecnici di Tommy Robredo

                                 Dritto di Robredo – Western grip

Tommy Robredo, tennista iberico classe ’82, può essere considerato un veterano del circuito Atp. Debuttò nel 1998, anno nel quale esordirono peraltro quelli che poi sarebbero diventati e sono tutt’ora alcuni tra i più grandi giocatori del tennis contemporaneo ovvero Roger Federer, Lleyton Hewitt, Juan Carlos Ferrero e i gemelli Bryan. Nel ’98, a soli sedici anni, Robredo si fece notare giocando e vincendo tornei challenger e due Orange Bowl under 16.
Nel 2001 ottenne il suo primo trofeo nel torneo Atp 250 di Sopot in un derby spagnolo contro Albert Portas, vinto per 1-6 7-5 7-6. Robredo sin da giovanissimo ha sempre dimostrato una grande personalità, resa evidente da una notevole solidità da fondo campo e soprattutto dalla voglia di ribattere ogni palla, specialmente sulla terra battuta dove lo spagnolo si trova molto a suo agio ed esprime il suo miglior tennis. Non è un caso che Robredo, su 12 tornei vinti, ne abbia archiviati 11 sul rosso e solamente 1 su cemento indoor.

                    Rovescio di Robredo – Eastern grip

Tecnicamente, è catalogabile nella lista dei giocatori spagnoli, non solo naturalmente per la nazionalità ma anche per il tipo di gioco “spagnoleggiante”; il suo tennis infatti, parimenti a quello di giocatori come Nadal, Ferrer, Granollers e Andujar, è basato principalmente su scambi prolungati da fondo campo con colpi carichi di spin, poche se non inesistenti sono le variazioni con il back e i colpi di fino e le prime palle di servizio risultano molto consistenti, non sempre dirette a cercare l’ace bensì finalizzate al palleggio da fondo campo. Il dritto è eseguito con una western grip mentre il rovescio ad una mano ha una presa più chiusa che equivale ad una eastern. Nonostante la differenza di impugnatura, le traiettorie di palla prodotte da Robredo sono abbastanza simili con entrambi i fondamentali sebbene con il dritto risulti più incisivo.
Il dritto è il colpo che fa la differenza nel gioco dell’iberico perchè, oltre a dargli tanti vincenti, è quello con il quale costruisce e comanda gli scambi. Robredo evita di ricorrere al rovescio ad una mano pur essendo un colpo ben eseguito e sfrutta molto il dritto a sventaglio, tattica di gioco spesso premiata per la profondità che lo spagnolo riesce a trovare e per la velocità che imprime alla palla ma talvolta limitata per lo spazio sguarnito alla sua destra che lo vede costretto a recuperare in difesa o, nel peggiore dei casi, a subire un vincente lungo linea da parte dell’avversario. Come la stragrande maggioranza dei giocatori spagnoli, Robredo non predilige il gioco a rete e di fatto non lo si vede quasi mai in quella zona di campo durante un match se non in casi eccezionali in cui debba chiudere il punto al volo o sia chiamato a rete dal proprio avversario.
Le chiavi di volta del gioco di Tommy Robredo sono la solidità, la regolarità e la costanza, tre elementi fondamentali che gli hanno permesso di vincere partite molto lottate tra cui, da menzionare, quella contro il connazionale Nicolas Almagro nel quarto turno del Roland Garros dell’anno scorso, match in cui Almagro era avanti 7-6 6-3 4-2 e servizio, poi fu rimontato e sconfitto dal tennista di Hostalric con lo score finale di 7-6, 6-3, 4-6, 4-6, 4-6. A fine match, ci furono le lacrime di commozione di Robredo, lacrime di chi ci mise la faccia e il cuore per vincere quella partita.
Il suo best ranking risale al 2006 quando ha raggiunto il quinto posto della race.

Federico Bazan © produzione riservata

I vantaggi e i pregi tecnici di Philipp Kohlschreiber

Philipp Kohlschreiber, tennista tedesco classe ’83, benchè non sia un giocatore particolarmente robusto ed imponente (1.78 cm x 70 kg), è dotato di una grande spinta sulla palla e di un braccio molto veloce, aspetti che gli consentono di far uscire dalle corde accelerazioni impressionanti con il rovescio ad una mano, giocato prevalentemente in top spin ma anche con traiettoria piatta e a fil di rete. Il suo rovescio, oltre ad avere un notevole impatto sulla palla, è spesso giocato in anticipo; ciò permette a Kohlschreiber di togliere il tempo all’avversario e tirare vincenti incrociati e lungo linea.

                            Dritto di Kohlschreiber – Western grip

Il dritto, al contrario del rovescio la cui impugnatura è una eastern, è un colpo eseguito con una presa più aperta (una western grip) della quale il tedesco usufruisce per giocare colpi arrotati sulla diagonale del dritto e dei cross stretti che spediscono fuori campo l’avversario ed offrono la possibilità al bavarese di venire a rete a prendersi il punto.
Kohlschreiber, nonostante un fisico longilineo ed esiguo, è in grado di tirare fuori dal cilindro passanti fulminanti di rovescio che viaggiano ad una velocità pazzesca anche quando si trova 2 o 3 metri distante dalla linea di fondo campo. I suoi passanti ricordano per esecuzione ed impatto sulla palla, quelli di altri giocatori dotati di un rovescio ad una mano come Gasquet, Almagro e Dimitrov i quali eseguono colpi a tutto braccio ed esteticamente molto eleganti.

                             Rovescio di Kohlschreiber – Eastern grip

La battuta, infine, è un fondamentale molto lavorato da parte del tedesco che esegue una prima di servizio più veloce e leggermente con effetto slice e una seconda più lenta ma molto carica di spin. La seconda di servizio in kick di Kohlschreiber risulta notevolmente efficace sulla terra battuta in quanto il rimbalzo della pallina è molto alto e l’avversario è costretto a rispondere fuori dal campo. A quel punto il tedesco può costruirsi il gioco entrando con i piedi dentro al campo ed affondando con il dritto ed il rovescio o, in alternativa, optando per un serve and volley.
Kohlschreiber, malgrado lo spiccato talento e delle caratteristiche tecniche temibili per altri giocatori, non ha mai ottenuto risultati particolarmente importanti fino ad ora se non quattro tornei Atp 250 in singolare di cui uno vinto peraltro a causa del ritiro del connazionale Philipp Petzschner che si infortunò nella finale del torneo bavarese di Halle, datato 2011. Il tennista di Augsburg ha raggiunto, come miglior piazzamento nella race in carriera, la sedicesima posizione ed è attualmente numero 29 del mondo.

Federico Bazan © produzione riservata

La simpatia e la comicità di Novak Djokovic

                                                                               Nole imita la Sharapova

Novak Djokovic è celebre per essere uno dei giocatori più divertenti del circuito grazie alle imitazioni di Nadal e della Sharapova; è un ragazzo simpatico, solare e sempre amichevole con tutti, tennisti, giornalisti e supporters. Sa come stupire il pubblico e soprattutto come intrattenerlo. Durante alcune esibizioni in giro per il mondo non ha mai rinunciato ad imitare i modi di fare della Sharapova, i tic nervosi di Nadal e si è sempre messo alla prova in alcuni balli come il Gangnam Style davanti ai propri fans. Ogni volta che si esibisce in modo scherzoso sul campo riproducendo i vizi e le routine dei giocatori, il pubblico si esalta e risponde a gran voce attraverso urla e risate.
Parla inglese alla perfezione ma anche molto bene l’italiano; Fiorello, per questo, ha invitato il tennista serbo a partecipare alla prima puntata dello show serale “Il più grande spettacolo dopo il weekend” condotto dal comico di Catania nel 2011 affinchè Nole potesse mostrare tutte le sue qualità in veste di imitatore e di intrattenitore.

Djokovic ha affermato di amare l’Italia e Roma in particolare, non solo per i titoli vinti nelle edizioni del 2008 e del 2011 degli Internazionali Bnl d’Italia che gli hanno regalato grandi soddisfazioni, ma anche per la fede calcistica legata all’AC Milan. Djokovic è stato svariate volte in Italia ed è grazie ai suoi soggiorni e alla grande voglia di imparare che attualmente è in grado di parlare un italiano corrente. Inoltre il serbo ha rilasciato belle parole in un’intervista nei confronti del Milan quando ha fatto visita alla formazione rossonera di Allegri a Milanello; così ha detto: << Mio padre tifava Milan e la passione è nata così >>. Qui in Italia Djokovic è conosciuto come uno dei migliori tennisti e come showman allo stesso modo del centometrista jamaicano Usain Bolt, anch’egli numero 1 per i risultati e per una simpatia fuori dall’ordinario di fronte agli spettatori ed alle telecamere.

Federico Bazan © produzione riservata

Elogio a Marat Safin

Genio e sregolatezza, simpatia e semplicità, classe e versatilità… in una parola sola: Marat Safin.
Probabilmente non uno di quelli che ha scritto la storia del tennis come i vari Mcenroe, Borg, Becker, Lendl ai più recenti Sampras ed Agassi ma indubbiamente uno da ricordare. Marat era un ragazzo dalle mille risorse sia sul campo, sia davanti al pubblico: solare, giocherellone e sempre con la battuta pronta, ci teneva molto a fare bella figura e ci riusciva spesso sebbene qualche volta il nervosismo lo inducesse a disintegrare le racchette e, a dirla tutta, in 13 anni di carriera ne ha rotte abbastanza…
Soprannominato dai fans “Safinator”, chissà se per le donne che si portava appresso in tribuna e che frequentava intimamente (le cosiddette “Safinettes”, splendide ragazze vestite accuratamente e sedute in prima fila ad ammirare il moscovita) o per il gioco di potenza, Safin era un tennista completo: servizio veloce, rovescio devastante e raro ma discreto gioco di volo; sapeva fare un pò tutto specialmente sul cemento, superficie a lui più congeniale. Il suo gioco era basato sull’esplosività e sui colpi potenti da fondo campo, caratteristiche che lo rendevano un avversario davvero ostico per i regolaristi come Hewitt, Djokovic, Youzhny, Gasquet ecc. Marat, nonostante il grande talento, non ha mai dato l’impressione di essere il migliore sul campo; uno dei suoi problemi maggiori era la sfida contro se stesso. Urla, racchette in frantumi, palline prese a calci e spedite in tribuna e reclami contro gli arbitri erano atteggiamenti che evidenziavano l’immaturità e il difficile controllo emotivo del russo.

          L’esuberanza del tennista russo

In tanti pensavano che, dopo aver battuto giocatori come Sampras, Agassi, Hewitt e un giovanissimo Djokovic, Safin sarebbe stato per anni numero 1 al mondo. In realtà, le previsioni comuni si rivelarono troppo avventate e Safin difatti dimostrò di non poter competere contro Nadal con il quale perse 2 volte su 2 e Federer contro cui cedette 11 volte su ben 13 scontri diretti, ad eccezione di un quarto di finale a Mosca nel lontano 2002 e della semifinale degli Australian Open nel 2005 in cui il russo giocò un tennis sublime annullando un match point allo svizzero e superandolo 9-7 al quinto; exploit che poi non si sarebbe mai più ripetuto nella carriera di Safin…
Le caratteristiche positive del carattere di Marat si riscontravano più fuori dal campo che dentro. Era un ragazzo semplice, sorridente, non uno di quelli che a fine carriera si è lasciato andare ad un fiume di lacrime come tanti altri bensì uno dei pochi in grado di gestire al meglio le proprie emozioni e di lasciar trasparire fino all’ultimo giorno da professionista positività e carisma. Infatti Safin affermò con serenità e senza alcun rimpianto nel suo ultimo match giocato che tutti i ricordi vissuti sul campo andavano messi in una scatola e che il tennis è stata la chiave della propria gioventù, capace di aprirgli le porte e di spianargli la strada per una nuova vita da affrontare. Ha ringraziato tutti per l’ultima volta, organizzatori, arbitri, raccattapalle e pubblico, ha salutato i colleghi ed amici tennisti venuti a trovarlo per celebrare gli ultimi momenti sul campo e ha voltato pagina senza dare, almeno a parole, troppo peso ad un passato ricco di gioie e di trionfi.

L’addio di Marat Safin al tennis

Era apprezzato da tutti perchè ogni tanto si concedeva in campo momenti scherzosi e che richiamavano l’attenzione del pubblico; sapeva come stupirlo: sia con bordate di rovescio e dunque grazie al talento cristallino, sia con scenette comiche nonchè con la simpatia. Da menzionare, fra queste, quella con la tennista Elena Dementieva la quale, durante un’esibizione in ricordo dei terremotati, si assentò per un attimo dal campo insieme al russo; Marat, per scherzo, si calò i pantaloncini e se li rialzò davanti agli spettatori, con a fianco a sè la giocatrice moscovita. Il pubblico rispose con una risata a crepapelle. Altri momenti da ricordare sono l’occhio di falco sul servizio di Federer. La palla era dentro di metri e Safin chiamò il challenge facendo l’occhiolino al giudice di sedia. Federer, sempre serissimo in campo, reagì sorridendo e gli spettatori replicarono a loro volta. E come non dimenticare, poi, l’intervista di Mariano Zabaleta che chiese al russo cosa avrebbe fatto dopo il tennis e che opinione aveva di sua sorella Dinara Safina. Lui rispose scherzosamente che avrebbe venduto volentieri tutte le macchine (quelle vinte nei vari tornei) e che era molto contento dei risultati della sorella: << La mujer tiene que trabajar y lo està haciendo muy bien >> (tradotto: la donna deve lavorare e lo sta facendo molto bene).
Tutti i tifosi di Safin erano divertiti e colpiti dalla simpatia, dall’ironia e dalla positività caratteriale che egli dimostrava con ogni persona, tennisti e non.
Era davvero un ragazzo d’oro, quel simpaticone e mattacchione di Marat.

Federico Bazan © produzione riservata