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Tributo a Lleyton Glynn Hewitt

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Con il ritiro di Lleyton Hewitt dal circuito ATP, lascia il rettangolo di gioco una delle colonne portanti del tennis dei primi anni 2000; si chiude dunque un altro capitolo dell’era Open dopo l’addio dei grandi talenti come Coria, Safin, Ferrero, Gonzalez, Nalbandian e Roddick.

Hewitt, tennista australiano classe ’81, ha dominato parte dello scenario del tennis contemporaneo divenendo il più giovane numero 1 del ranking ATP a soli 20 anni e rimanendo in vetta per circa un anno e mezzo, prima della decisiva consacrazione di Federer e Nadal.

Non è mai stato uno di quei talenti naturali; un tennis costruito, a volte macchinoso nella riproduzione del gesto tecnico ma alle cui radici c’era un lavoro di base incredibile.
Hewitt nasce come ribattitore e contro attaccante, se così si può definire. Grande risposta al servizio, rapidità pazzesca nello scatto in avanti, negli spostamenti laterali e servizio con un taglio slice particolarmente insidioso, erano i suoi baluardi. L’eleganza non era certamente il suo forte ma nelle corde disponeva di soluzioni che moltissimi suoi colleghi del circuito non erano e non sono in grado di giocare con la stessa facilità dell’australiano: il passante e il pallonetto, colpi decisivi nei punti combattuti.

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Il tennista di Adelaide vinse gli Us Open battendo Sampras in finale a soli 20 anni

Non possedeva una grande esplosività nei colpi ma comunque era quel tipo di giocatore che resisteva sugli scambi prolungati da fondo campo e che, spesso, metteva il suo avversario nelle condizioni di trovare soluzioni tattiche davvero complicate.

Lleyton Hewitt ha fatto della forza mentale una risorsa incredibile; ha vinto incontri che in pochi pensavano potesse vincere. Uno di questi, la finale degli Us Open contro l’ex numero 1 del mondo indiscusso, Pete Sampras, sonoramente sconfitto in tre set, a casa sua.
Tra gli altri ricordi in cassaforte, Hewitt vanta il successo di Wimbledon nel 2002 (quindi due tornei del Grande Slam conquistati), due Masters 1000 (Sydney e Shanghai) e due Coppe Davis.

Per quanto riguarda la personalità in campo, l’australiano spiccava per una grinta fuori dal comune che veniva, tuttavia, mal sopportata da alcuni suoi colleghi del circuito. Guillermo Coria, tennista argentino, con il quale Hewitt si azzuffò verbalmente in una partita di Coppa Davis tra Australia e Argentina anni fa, lo ricorda così: “Esulta per gli errori altrui, è sempre troppo aggressivo… Lo ucciderei. Puoi essere il più forte del mondo e vincere tutti i tornei, ma se ti comporti così sei l’ultimo degli esseri umani”.  Anche Roy Emerson, leggenda del tennis australiano, ne parla ironicamente come di una personalità bellicosa: “Gioca ogni punto come se fosse la Seconda Guerra Mondiale”.

Aldilà dei probabili difetti caratteriali, Hewitt era comunque un giocatore che aveva la stima di molte persone all’interno del circuito maggiore, per il fatto che fosse un grande sportivo in campo. Federer lo descrive con parole di elogio: “Lo so che molta gente apprezza il mio gioco perché lo trova fluido, variato, un alternarsi di rotazioni, lift e slice, un tennis a tutto campo, rete inclusa. Ma una varietà simile può essere anche uno svantaggio. Se prendete Hewitt, troverete qualcosa che vi sembrerà l’opposto, un’incredibile presenza atletica, una mentale impossibile da scalfire. Anche quello è un talento, quasi una fede”. Le parole del campione elvetico sono il riassunto di ciò che Hewitt, in 17 anni di carriera, ha rappresentato per il tennis mondiale, un esempio di determinazione e di perseveranza.

Federico Bazan © produzione riservata

La forza mentale di Lleyton Hewitt

         Il vicht, gesto riprodotto spesso da Hewitt in partita

Lleyton Hewitt, giocatore australiano classe 1981, ha dominato lo scenario tennistico nei primi anni del 2000 fin da giovanissimo sconfiggendo in diversi tornei, incluse le prove del Grande Slam, avversari di levatura e di talento come Pete Sampras, Andre Agassi, Tim Henman e Thomas Enqvist e raggiungendo, così, l’apice delle classifiche mondiali. E’ stato uno dei pochi, insieme ad Andy Roddick e Marat Safin, a posizionarsi con autorevolezza al primo posto della classifica ATP in età giovanile. Ricordiamo che Hewitt, secondo quanto riportato dalle statistiche, è diventato il più giovane numero 1 del mondo a soli 20 anni, riuscendo a restare in “pole position” per 75 settimane.
Ciò che ha caratterizzato e che ha reso nota la forza del tennista australiano durante la propria carriera sono stati molteplici fattori a livello psicologico, tipici di un combattente del suo calibro. La concentrazione, la grinta, la lucidità e la sicurezza nelle scelte tattiche sono componenti essenziali del gioco di Hewitt; egli è stato ed è tutt’ora capace, sebbene ormai non più giovanissimo, di ribaltare l’inerzia degli scambi e di recuperare situazioni delicate malgrado lo svantaggio nel punteggio. Non è un caso, infatti, che Hewitt abbia rimontato molte partite che sembravano irrecuperabili riuscendo a capovolgerne a proprio favore l’andamento fino a conquistare la vittoria; è uno di quei giocatori che sullo 0-40 non si da per vinto e, anzi, è in grado di tirare fuori il meglio di sè giocando punto dopo punto. Tecnicamente, Hewitt non è un giocatore esplosivo; non ha infatti nella potenza dei colpi i suoi punti di forza. E’ un tennista che basa il proprio gioco sugli scambi, sulla continuità e la solidità da fondo campo.

Non è un caso che Hewitt sia considerato uno dei più forti difensori e ribattitori della storia del tennis. Ama scambiare da fondo campo, merito di una notevole rapidità nei recuperi, sebbene sappia giocare ottimamente anche al volo. E’ un giocatore moderno dal punto di vista stilistico e completo nel repertorio tecnico, oltre che pieno di risorse a livello mentale. La componente psicologica rende senz’altro Hewitt uno dei talenti più importanti ed imponenti della storia di questo sport. Ad oggi, il tennista di Adelaide vanta 3 titoli del Grande Slam, due in singolare ed uno in doppio e ben 30 tornei a livello ATP all’attivo.

Federico Bazan © produzione riservata