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Roger Federer ininterrotto: lo svizzero conquista il ventesimo Slam in venti anni di carriera

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Il numero 20 rappresenta qualcosa oggi per Roger Federer: con la vittoria agli Australian Open 2018, lo svizzero conquista infatti il ventesimo torneo del Grande Slam in venti anni di carriera, il che significa, in media, uno Slam all’anno da quando esordì nel circuito ATP, ovvero dal 1998, ad oggi. L’elemento che non coincide con questo numero è che l’elvetico non ha più i venti anni durante i quali, all’epoca, mostrò al mondo quell’estro che lo avrebbe portato ad essere uno dei tennisti più forti di tutti i tempi; ma di anni ne ha quasi il doppio. Come ha affermato lo scrittore e aforista Roberto Gervaso, “I vent’anni sono più belli a quaranta che a venti”; un modo per dire che Federer, nel momento in cui si ritirerà e non si troverà più quindi a ripetere la routine nel circuito tra allenamenti, tornei e finali, probabilmente godrà appieno dei suoi quarant’anni, grazie a quanto di buono fatto e costruito nei venti e nei trenta. Ma per Federer non è finita qui. Lo svizzero, infatti, a quasi 37 anni, non smette mai di migliorarsi e di ambire a risultati stellari, il che la dice lunga sulla sua forma fisica, sulla concentrazione mentale, sulla voglia instancabile di ripetersi nelle grandi imprese e, naturalmente, sulla collaborazione con Ivan Ljubičić che ha dato un valore aggiunto al tennis dell’elvetico.
Con la vittoria nella finale degli Australian Open 2018, opposto al croato Marin Cilic, Federer ha dato prova che l’età è solo un numero e che, momentaneamente, non esiste una concorrenza nel circuito ATP che si trovi nelle condizioni di interrompere il suo dominio.
Fatte queste considerazioni, ci sarebbe da interrogarsi sul perché Federer, alla sua età, stia per tornare ad essere il numero uno del mondo, dopo il trionfo agli Open di Australia. Il motivo potrebbe celarsi in due riflessioni distinte: la prima è che Federer abbia realmente un tennis inarrivabile per gli avversari e che quindi nessuno riesca effettivamente ad ostacolare il gioco dell’elvetico nel momento in cui lo stesso Federer decida di giocare il suo tennis, quello che impedisce agli avversari di esprimere il loro gioco. Questa tesi potrebbe essere avvalorata dalle statistiche della finale con Cilic: Federer ha servito il 36% di prime palle in campo, un numero che lascia intendere come lo svizzero, seppur non al massimo nel rendimento al servizio, abbia comunque portato a casa la finale, contro un avversario reduce comunque da una vittoria Slam (US Open 2014) e da una finale a Wimbledon.
La seconda, ed è forse la tesi più verosimile, è che il Federer odierno non ha più dall’altra parte della rete i campioni di una volta, il Nadal, il Djokovic e il Murray degli anni d’oro. Gli ultimi scontri diretti con Nadal pendono infatti dalla parte dello svizzero. E questo potrebbe essere un segnale che spiega, in parte, l’inarrestabilità attuale del tennista di Basilea.
Un altro elemento che rende Federer un campione ininterrotto sono i sorteggi non semplici avuti negli ultimi tornei del Grande Slam. Pensiamo a Wimbledon 2017 dove Federer incontrò al primo turno Dolgopolov, un giocatore insidioso e imprevedibile; Miša Zverev, che su erba è un giocatore ostico per le caratteristiche di gioco; Dimitrov agli ottavi, Raonic ai quarti e Berdych in semifinale, prima di avere la meglio su Cilic nell’ultimo atto. Lo stesso è avvenuto: agli US Open 2017, dove lo svizzero ha dovuto battere, nell’ordine, Tiafoe, Južnyj, López, Kohlschreiber, prima di arrendersi a Del Potro; agli Australian Open 2018, il cui tabellone lo ha visto disimpegnarsi contro nomi di spicco del circuito tra cui Gasquet, Berdych, la nuova stella del tennis, Chung, e, in finale, lo stesso Cilic.

È incredibile come Federer non finisca mai di stupire: ventesimo torneo del Grande Slamnintchdbpict000381230195-e1517145695200 conquistato, novantaseiesimo titolo ATP vinto, 82% di vittorie in carriera e i record continuano a piovere.
A fine match, durante la premiazione, si sono udite le parole di un tennista incredulo e sorpreso di se stesso per quanto realizzato; si sono viste le lacrime di un tennista che sa quanto ha dato e sta dando al tennis, ai suoi tifosi, a tutte le generazioni che lo hanno visto e lo stanno vedendo giocare; la commozione di un campione che continua a lottare sul campo e che, al tempo stesso, non nasconde la consapevolezza di avviarsi alle ultime battute di una carriera memorabile.

Federico Bazan © produzione riservata

Caroline Wozniacki è la nuova regina degli Australian Open: la danese vince il suo primo torneo del Grande Slam in finale con Simona Halep

halep wozniackiErano anni che Caroline Wozniacki cercava la vittoria in un torneo del Grande Slam. La danese, infatti, aveva sempre vinto, in passato, tornei Premier e International ma, quello che è mancato a lungo nella sua bacheca, era un sigillo di più alto prestigio come le WTA Finals e una delle quattro prove del Grande Slam. Proprio in queste, la Wozniacki arrivò nell’ultimo atto in due occasioni, ed entrambe a New York, nel 2009 e nel 2014, senza però mai riuscire a completare l’opera. La missione della danese, nella finale degli Australian Open 2018, opposta a Simona Halep, sarebbe stata quella di giocarsi una partita decisiva, sia per l’economia della carriera (vincere il primo Slam), sia per la classifica (in caso di vittoria, tornare numero uno del mondo), dopo aver disputato undici anni nel circuito WTA; e, naturalmente, con il coronamento di un sogno, avrebbe anche sfatato il taboo delle due finali perse negli Slam.
Dalle ipotesi, la Wozniacki è passata ai fatti: il successo della tennista di Odense, dovuto ad una grande solidità e continuità durante tutto l’arco del torneo, è arrivato in una partita che l’ha vista opposta ad una Halep generosa, disposta a sacrificarsi, malgrado i problemi fisici e la stanchezza nelle gambe, patita durante i match precedenti, decisi al tie break del terzo set, contro la Davis (4-6, 6-4, 15-13) e la Kerber (6-3, 4-6, 9-7). La finale femminile degli Australian Open ha però premiato una Wozniacki più lucida e più solida da fondo campo che ha retto botta al gioco offensivo della Halep, la quale faticava a spostarsi per la mancanza di energie ma che, nonostante i problemi evidenti, riusciva a spingere e a manovrare gli scambi. Tra le due, ha prevalso la danese che si è aggiudicata il tie break del primo e, al terzo set, ha fatto la differenza nei punti importanti, quando si trovava a remare, lontano dalla riga di fondo campo.
A fine partita, le lacrime di una Wozniacki finalmente realizzata per quel che riguarda iCaroline Wozniacki suoi obiettivi professionali: l’aver vinto le WTA Finals a Singapore, in primis, che le ha dato probabilmente quella fiducia necessaria a compiere il salto di qualità; e la vittoria agli Australian Open, che le ha consentito di tornare numero uno del mondo, con un bottino ben più grande nelle mani di tutti i precedenti conquistati. Una Halep, dall’altro lato, che esce a testa alta da una edizione degli Open d’Australia dove ha vinto con merito e fatica delle partite complicate e che ha provato, proprio come la Wozniacki, a mettere la firma su quello che sarebbe stato il suo primo Slam, dopo aver raggiunto due finali al Roland Garros (2014 e 2017), senza però riuscire a vincerle.
Quel che attendeva la Wozniacki si è avverato, dopo anni di crescita e miglioramenti costanti. Adesso tocca alla Halep che, per lo spirito di sacrificio, ha dimostrato di avere la stoffa di una campionessa Slam.

Federico Bazan © produzione riservata