Tra i giocatori più longevi nella storia del tennis, possiamo ricordare alcuni grandi nomi, tre dei quali vissuti tra la prima e la seconda metà del 1900, ovvero: Bill Tilden (nato nel 1893 e ritiratosi dal tennis giocato nel 1946, all’età di 53 anni), Pancho Segura (nato nel 1921 e lasciato il circuito nel 1968, all’età di 47 anni) e Ricardo Alonso González (nato nel 1928 e ritiratosi nel 1974, all’età di 46 anni). Erano altri tempi e il mondo del tennis non aveva ancora dato vita ad un circuito professionistico che fosse gestito direttamente dalle federazioni internazionali sul modello delle odierne ATP e WTA, ma si limitava semplicemente al dilettantismo. I tennisti avevano più intervalli di riposo tra un torneo e l’altro e potevano scegliere destinazioni non lontane dal proprio Paese di origine, come spesso accadeva. Inoltre, le sollecitazioni fisiche dovute al gioco, all’intensità degli scambi e delle partite, erano minimali, se rapportate a quelle del tennis di oggi. La longevità che caratterizzava le carriere dei giocatori era dunque un elemento piuttosto comune all’epoca, sebbene resti comunque una notizia il fatto che ci fossero grandi campioni, come Bill Tilden, che, a 50 anni, ancora prendevano parte a tornei ufficiali, giocando un livello di tennis eccelso per l’epoca.
Altri tennisti famosi, dalla carriera intensa e duratura – pensiamo a Nicola Pietrangeli, Ken Rosewall e Jimmy Connors – continuarono a giocare fino a 40 anni; arrivando poi agli odierni Roger Federer, tornato numero 1 del mondo, un caso unico per la facilità con la quale sta continuando a vincere a 36 anni, per come il fisico stia rispondendo positivamente alle sollecitazioni che il tennis di oggi impone; e, a seguire, “i vecchietti” David Ferrer, Paolo Lorenzi, Julien Benneteau, Feliciano Lopez e Ivo Karlovic che, malgrado abbiano superato i 35 anni di età, si trovano ancora stabilmente nei primi 100 del ranking ATP.
C’è chi continua a giocare perché fisicamente in buona salute e perché si diverte, con la speranza magari di racimolare vittorie nei turni dei diversi tornei, sebbene possa anche smettere in virtù dei successi del passato; chi, invece, decide di voltare pagina perché giunto al momento di ritirarsi. Tra quelli che hanno chiuso la carriera professionistica ma che, comunque, sono stati un esempio di tenacia e di longevità per tutto il tempo trascorso nel circuito, vi è proprio Tommy Haas, tennista tedesco classe ’78, giunto alla soglia degli “anta”, il quale ha annunciato il ritiro durante il torneo Masters 1000 di Indian Wells 2018.
Con il ritiro del giocatore di Amburgo, il circuito ATP lascia un altro grande protagonista dei primi anni 2000, vincitore di 15 tornei ATP, finalista ai Giochi Olimpici di Sydney, vicino più volte a conquistare un torneo del Grande Slam, ma fermatosi sempre in semifinale (agli Australian Open e a Wimbledon); un tennista Haas, dal gesto tecnico elegante e producente al tempo stesso.
Nel video qui sotto, possiamo osservare tutta la classe e l’efficacia dei colpi dell’ormai ex tennista tedesco, che, grazie ad un ottimo timing sulla palla, giocava delle grandi accelerazioni con entrambi i fondamentali, di dritto e di rovescio.
Il teutonico era solito accompagnare il movimento del dritto verso l’alto per imprimere maggiore top spin alla palla, mentre il rovescio, probabilmente il suo colpo più incisivo, viaggiava a velocità considerevoli. Abile nel tocco, Haas vantava un buon gioco anche nei pressi della rete, come dimostrano diversi punti con Federer, Ferrer e Djokovic.
Dopo l’addio al tennis, Thomas Haas diventa il direttore ufficiale del torneo di Indian Wells, in virtù anche del legame speciale con gli Stati Uniti. Il tedesco, infatti, è cresciuto a livello tennistico presso l’Accademia di Nick Bollettieri, a Bradenton, in Florida, dove attualmente risiede con la famiglia; ha vinto, inoltre, un totale di otto tornei nella tournèe statunitense, agguantando proprio negli USA (Paese di residenza) e in Germania (Paese nativo) i maggiori successi in carriera.
Quel che mancherà di un tennista come Haas è probabilmente il portamento elegante nei colpi, la voglia di lottare su ogni palla e anche un rispetto delle regole non così comune a tanti altri professionisti. Il tedesco, malgrado i numerosi infortuni patiti in carriera, ha sempre trovato la forza di rinascere dai periodi di maggiore criticità e ha continuato la sua vita nel circuito, ad un’età ormai avanzata, mostrando un amore per il tennis superiore ad ogni avversità.
Federico Bazan © produzione riservata