Per qualcuno il film Borg McEnroe è una novità, un inedito che ripercorre la vita di due leggende degli anni ’80, mai viste giocare a tennis dal vivo perché vissute in un’altra epoca. Per qualcun altro, invece, la pellicola sembra rievocare un tuffo nel passato che gli attori di Borg (Sverrir Gudnason) e di McEnroe (Shia LaBeouf) riproducono con il loro repertorio di colpi e i loro rituali, un insieme di ricordi che risalgono a quasi 40 anni fa, quando, nel 1980, le televisioni nazionali trasmisero in diretta la storica finale di Wimbledon. Una finale dove “Ice Borg” e “Superbrat” si sfidavano in quella che non era soltanto una semplice partita di tennis, ma un incontro generazionale tra due grandi campioni, due stili di gioco divergenti, due personalità per certi versi opposte e, per altre, simili. Non solo: la rivalità sportiva tra Borg e McEnroe, iniziata nel 1978 con la semifinale vinta dallo statunitense allo Stockholm Open, in casa dello svedese, e culminata poi con la vittoria di Borg nell’ultimo atto di Wimbledon dell’80, ha rappresentato un punto di svolta in termini di popolarità mediatica. Infatti, prima dell’affermazione dei vari Borg, McEnroe, Gerulaitis, Noah, Edberg, Lendl, Becker, al tennis non era riservata un’attenzione così meticolosa; le televisioni non trasmettevano tante partite, in quanto i canali non potevano acquistare i diritti televisivi per offrire agli spettatori tutti gli incontri di tennis in TV. Ma quella finale di Wimbledon fu il preludio verso alcuni grandi cambiamenti; crebbe incredibilmente il numero di giovani talenti nel mondo del tennis: vennero fuori Edberg, Wilander, Becker, Lendl, Chang, Muster, Stich, Ivanisevic, Sampras, Agassi. Gli appassionati aumentavano in massa di pari passo all’introduzione di nuovi tornei disputabili dai professionisti; ma, probabilmente, l’apice del numero di spettatori negli stadi fu raggiunto con l’avvento dell’ATP e della WTA, le due associazioni mondiali del tennis professionistico maschile e femminile, attive verso la fine degli anni ’80, che diedero il via ai tornei Masters Series (per gli uomini) e ai Tier (per le donne).
Iniziarono, inoltre, a comparire le prime tifoserie, già a partire dal periodo della consacrazione di Borg: c’è chi parteggiava proprio per lui, lo svedese definito dai media “l’uomo di ghiaccio”, chi, invece, incitava McEnroe, l’americano “genio e sregolatezza”. Questo aspetto delle tifoserie è evidenziato molto bene nel trailer del film, prodotto dalla casa cinematografica Lucky Red e sceneggiato dal regista danese Janus Metz Pedersen.
La critica (le note positive e innovative del film):
La scelta del regista di dare vita a dei ricordi del passato è semplicemente sensazionale perché, anche per chi ha vissuto negli anni ’80 e ricorda come se fosse ieri quella finale, può cogliere, grazie alle scene del film, delle sfumature del carattere di Borg e di McEnroe che probabilmente non conosceva. La storia, infatti, si basa, in parte, su alcuni aneddoti dei due tennisti: per esempio che McEnroe fosse particolarmente abile nel fare i calcoli a mente già da piccolo, fosse il primo della classe in geografia e, questa sua perspicacia, si rifletteva poi nelle geometrie di gioco imprevedibili, in quel tennis geniale e talentuoso che lo ha portato ad essere un re nel suo genere; inoltre, quello che traspare dal film, è che aveva sì un carattere eccentrico e scontroso in campo, con gli arbitri e con il pubblico, ma che prendeva la vita con leggerezza al di fuori del tennis, tra musica rock, uscite in discoteca e bevute con gli amici (tra questi, Vitas Gerulaitis, presente nel film, ex tennista americano, nonché connazionale di McEnroe).
Borg, invece, sembrava l’antitesi di “Superbrat”: in campo dava l’idea di incarnare il ragazzo scandinavo freddo e impassibile, ma fuori dal rettangolo di gioco era una persona estremamente superstiziosa, maniaca dei rituali, profondamente ossessionata dagli avvenimenti della propria esistenza.
Una clip del film descrive appieno il comportamento fuori dal campo di entrambi i personaggi: McEnroe aveva uno sguardo leggero sulla vita, estroverso nelle relazioni umane, amante del gioco ma, al tempo stesso, molto meticoloso nello scoprire i punti deboli degli avversari, curioso di sapere come batterli ancora prima di giocarci; mentre Borg, si distingueva per una personalità introspettiva, spesso cupo e chiuso nel suo mondo, di poche parole nel rapporto con gli altri, a cominciare dalla fidanzata Mariana Simionescu e l’allenatore Lennart Bergelin, che, malgrado i litigi, riuscivano a comprenderne il carattere difficile.
Oltre agli aneddoti, un altro elemento chiave del film è l’alternanza presente/passato, che evidenzia le ambizioni (vincere Wimbledon) e i ricordi (l’infanzia) di entrambi i giocatori. Pedersen, astutamente, divide la vita dei protagonisti in tre fasi: l’infanzia, l’adolescenza e la maturità. Non è un caso che il regista danese usi spesso il flashback per mostrare allo spettatore il vissuto di Borg e di McEnroe, le loro origini, i loro conflitti interiori. È un elemento che fa capire allo spettatore come il tennis sia molto di più che colpire una palla e, in questo aspetto, Andre Agassi aveva colto nel segno. Borg, per arrivare ad essere un campione dal carattere forgiato e consapevole, ha attraversato periodi infelici, di sconforto e frustrazione. E, in questo, il regista è molto attento. Pedersen lascia intendere che Borg non era solamente quello che i mass media descrivevano, ovvero “il tennista di ghiaccio”, privo di emozioni; durante l’adolescenza, infatti, lo svedese manifestava spesso un carattere ribelle, indisciplinato, con un vissuto duro sulle spalle, fatto di sacrifici economici della sua famiglia, di soprusi da parte del direttore del circolo, dove il piccolo Bjorn giocava, che non lo considerava adatto per questo sport; un bambino contornato dai rimproveri del coach Bergelin, che, a modo suo, tentava di scuoterlo. Borg McEnroe è dunque un film che mette in risalto anche quello che, all’epoca, non veniva raccontato o detto su questi due grandi campioni.
Tra le altre chicche della pellicola, vi è la descrizione cronologica degli eventi (le informazioni sui tornei, gli avversari di Borg e McEnroe, gli anni delle finali, i luoghi frequentati da entrambi) che appare di fianco alle scene della storia con delle scritte. La cronologia fa fede al periodo storico che i due protagonisti hanno vissuto, agli eventi della carriera e della rivalità sportiva.
La carrellata, alla fine del film, delle foto storiche di Borg e McEnroe rivali e amici, è la vera ciliegina sulla torta che corona una sceneggiatura ben architettata.
La critica (le imprecisioni contenute nel film):
Il film, seppur in pochissimi casi, ha mostrato alcune congetture o scene non propriamente attinenti alla realtà. Quando McEnroe è ancora piccolo e non ha più di 12 anni, appare nella sua camera da letto un poster di Borg, molto più grande di lui, che sembra, dall’immagine, già un tennista affermato. In realtà i due si passano appena 3 anni di età.
La seconda imprecisione è che il McEnroe bambino viene ripreso ad allenarsi sui campi in terra battuta, una superficie di gioco totalmente in disuso negli Stati Uniti, anziché sui campi in cemento della Port Washington Tennis Academy di New York, dove il piccolo John McEnroe fu avviato al professionismo.
Un altro elemento sospetto è il discorso negli spogliatoi, durante il torneo di Wimbledon dell’80, dove “Superbrat” e il suo storico compagno di doppio Peter Fleming, si misero d’accordo per far vincere l’americano e per assicurargli dunque un posto in finale contro Borg. Scena sospetta, in quanto, storicamente (scontri diretti e palmarès) e tecnicamente, John McEnroe aveva un tennis nettamente superiore a quello di Peter Fleming.
L’ultima osservazione che, probabilmente, risalta più all’occhio, è che il film è incentrato per un buon 70% su Borg e per il restante 30% su McEnroe e altro, il che potrebbe essere un difetto o una peculiarità della storia, a seconda dei punti di vista personali. Certamente, la somiglianza di Gudnason a Borg incide molto sulla scelta del regista di dare più spazio all’ex leggenda svedese. Un po’ troppo superficiale, forse, la descrizione della vita di McEnroe, della quale vengono evidenziati solo alcuni particolari ma di cui vengono ignorati gli incontri dei tornei di quando era bambino, il rapporto con i genitori e i fratelli Mark e Patrick, anch’essi tennisti, gli allenatori avuti nel corso della crescita tecnica, elementi invece riscontrabili in Borg.
Voto finale:
Un film che fa rivivere i ricordi del passato, che svela alcuni elementi sconosciuti dei due protagonisti, che propone allo spettatore tutti gli aspetti esistenziali vissuti da due campioni indimenticabili.
Il mio voto da 1 a 10 è 8.
Borg McEnroe – Regia di Janus Metz Pedersen – Film sportivo e biografico – Distribuzione: Lucky Red – Anno di uscita: 2017 – Durata: 100 min.
Federico Bazan © produzione riservata