Dopo aver conquistato il Career Grande Slam con la vittoria del tanto agognato Roland Garros, in Novak Djokovic è cambiato qualcosa. Come ha evidenziato la nostra ex campionessa italiana Flavia Pennetta in un’intervista per Sky Sport, nel periodo del torneo ATP 1000 di Miami, quello che ha determinato un regresso nella fiducia del serbo, è proprio l’aver completato il Grande Slam. La Pennetta, in qualità di opinionista, aveva logicamente affermato che un giocatore che vince tutte le prove del Grande Slam, possa in qualche modo perdere gli stimoli in modo del tutto naturale. Ed è quello che effettivamente è successo a Djokovic, il quale, dopo risultati sotto le sue aspettative, ha deciso di interrompere la collaborazione con il team che lo ha accompagnato in tutti questi anni, composto dall’allenatore ed ex tennista slovacco Marian Vajda, il preparatore atletico Gebhard Phil Gritsch e il fisioterapista Miljan Amanovic.
Questa decisione di voltare pagina, come ha spiegato lo stesso Djokovic, è dovuta all’esaurimento progressivo delle motivazioni che lo avevano portato in vetta al ranking ATP e lasciato lì indisturbato per stagioni intere (dal 2011 al 2016 in maniera più o meno costante grazie ai punti accumulati nei tornei del Grande Slam e nei Masters). Se prima il serbo riusciva a vincere agevolmente contro la maggior parte degli avversari senza concedere set (fatta eccezione per i top 5), nell’ultimo periodo, Djokovic ha accusato molta più fatica in partite contro giocatori dalla classifica nettamente inferiore alla sua, arrivando a giocarsela ai tie-break e perdendo dei set. Agli Australian Open è uscito fuori al secondo turno per mano di Denis Istomin; ad Acapulco e Indian Wells è stato liquidato in due set da Nick Kyrgios; a Montecarlo fuori ai quarti contro David Goffin; a Madrid eliminato facilmente da Rafael Nadal; mentre, a Roma, dopo due partite in cui sembrava essere tornato il Djokovic imbattibile surclassando Juan Martin Del Potro prima e Dominic Thiem dopo, ha perso in finale contro un grande Alexander Zverev. Dopo questa serie di risultati buona ma non certo figlia del miglior Djokovic, il campione serbo ha capito che, per trovare nuovi stimoli, è stato indispensabile ripartire da zero, scegliendo una figura totalmente diversa, almeno per somiglianza di gioco, da Boris Becker, che affiancava il serbo nel coaching.
Al posto del tedesco, che tutti ricorderanno come un grande esponente del serve and volley, della volèe e del gioco piatto, Djokovic ha puntato su il Kid di Las Vegas, Andre Agassi, maestro del controbalzo, del gioco d’anticipo e di un tennis da fondo campo.
Quel che Agassi potrà dare o aggiungere al bagaglio tecnico di Djokovic è un insieme di fattori, primo fra tutti un gioco maggiormente improntato all’attacco e meno attendista, meno prevedibile. Se ad oggi molti giocatori come Kyrgios, Goffin e Zverev hanno messo in difficoltà Djokovic è perchè hanno capito come giocargli e come batterlo. Il serbo, probabilmente, risulta un po’ monotematico nelle scelte tattiche, per esempio nel dritto a sventaglio, nel rovescio incrociato e nella palla corta. Agassi può aiutare Djokovic a giocare più vicino alla linea di fondo cercando di non perdere campo e di non subire dunque il gioco dell’avversario. Il Kid di Las Vegas, inoltre, potrebbe far lavorare il serbo sulle accelerazioni e sulla confidenza nel tirare il vincente. Se Nole, un tempo, lasciava andare il dritto e il rovescio a velocità impressionanti, oggi forse è leggermente meno incisivo nei colpi da fondo campo.
L’ex campione americano potrà infine mostrare al suo allievo come si gioca il controbalzo ma chissà se Djokovic riuscirà ad emulare il suo maestro in quella che per Agassi era una specialità unica…
Federico Bazan © produzione riservata