Il progressivo declino del tennis maschile a stelle e strisce

                       Celebre esultanza di John Mcenroe

Il tennis nordamericano ha goduto negli anni di un’ampia tradizione per quanto riguarda il circuito maschile. Le vecchie glorie del passato hanno segnato ventenni di successi straordinari; basti pensare alle imprese e alle gesta dei grandi Arthur Ashe, Jimmy Connors, John Mcenroe e Vitas Gerulaitis, vincitori di molteplici edizioni del Grande Slam, giocatori che hanno coinvolto ed appassionato migliaia di spettatori in tutto il mondo grazie ad un talento cristallino, ad un’eleganza sfoderata nelle discese a rete e nel tocco di fino, ad un tennis dinamico ed aggressivo fatto di serve and volley e chip and charge. Erano altri tempi, quelli in cui le racchette erano prevalentemente di legno e le corde costruite con il budello, quelli in cui il serve and volley era la regola per eccellenza. Era anche l’epoca dove andavano particolarmente di moda frasi del tipo: “You can’t be serious man, you cannot be serious!”, oppure: “Ask my question, the question, jerk!”. Ma era proprio questo spirito, quello dei vari Mcenroe e Connors a suscitare momenti indelebili nella storia del tennis, non solo per tutti i titoli vinti in carriera e per le partite mozzafiato disputate in quegli anni ma anche per le scenate davanti ai giudici di sedia.

                                       Rivalità Agassi – Sampras

Il tennis americano ha vissuto un’evoluzione del gioco molto particolare. Si è passati dalla classe di Ashe, dal servizio slice di Mcenroe, dal tocco prelibato di Gerulaitis fino ad arrivare al tennis moderno ed esplosivo di Courier, Agassi e Roddick. L’unica eccezione, durante gli anni ’70-’80, era rappresentata da Jimmy Connors il quale, al contrario dei suoi colleghi americani, giocava il rovescio con una presa bimane e non si presentava a rete tanto frequentemente quanto Ashe, Mcenroe e Gerulaitis. Allo stesso modo, negli ’90, durante i quali il mutamento del tennis si faceva sempre più sentire con l’arrivo dei rovesci bimani e delle rotazioni in top spin, l’ultimo vero esponente del serve & volley fu Pete Sampras, detentore di 14 tornei del Grande Slam e vincitore di 7 edizioni di Wimbledon. Dopo l’era Sampras-Agassi che, ricordiamo, è stata una delle rivalità più intense ed avvincenti in tutta la storia del tennis, il giovane Andy Roddick emerse in tutto il suo talento mostrando doti eccezionali al servizio che spesso viaggiava intorno ai 210-220 km/h e con il quale faceva la differenza soprattutto sulle superfici rapide. Roddick, insieme a Mardy Fish e James Blake, ha dominato lo scenario tennistico dal 2000 al 2012, per quel che concerne il tennis americano maschile.

                                              Andy Roddick

Fatta eccezione per i gemelli Mike e Bob Bryan che probabilmente sono i più forti doppisti di tutti i tempi, i giocatori statunitensi contemporanei, nonchè gli odierni del circuito ATP, sono John Isner e Sam Querrey, buonissimi giocatori ma non annoverabili, per il momento, tra i grandi campioni del tennis a stelle e striscie.
Tra i giovanissimi vi sono inoltre Donald Young e Ryan Harrison, giocatori dei quali si è parlato molto ma che non hanno mantenuto le aspettative. Nessun torneo vinto in singolare sia per Young sia per Harrison, ai quali manca quel tennis incisivo tale da consentire loro di competere con i primi 50 giocatori del mondo.
Il ricambio generazionale del tennis americano si è avverato anche se, nonostante la presenza di Accademie di prestigio come quella di Nick Bollettieri, i giovani fuoriclasse stentano ad emergere con preponderanza. Prendendo in considerazione il tennis maschile a stelle e strisce del momento, è piuttosto impensabile, allo stato attuale, che possano ripetersi campioni come Sampras, Agassi e Roddick o, per lo meno, giocatori capaci di entrare tra i primi dieci del ranking ATP.

Federico Bazan © produzione riservata

 

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